Murasaki no Bara no Yume  - Glass no Kamen  * Il Grande Sogno di Maya * Anime, Manga, Drama, World e Fanwork

A Scarlet Rose (II Version)

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LauraHeller
view post Posted on 9/5/2010, 19:11 by: LauraHeller
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Scusate il ritardo mostruoso...periodo incasinato...lavoro un sacco!

La fenice
Chigusa Tsukikage e Maya Kitajima, le due dee scarlatte, rappresentano l’altra faccia della medaglia di Eysuke e Masumi Hayami.
Siamo tutti e quattro ossessionati e, in maniera diversa, passionalmente presi l’uno dall’altra.
La signora in nero odia mio padre per ovvii motivi ed ha uguale avversione per me, che cerco di strapparle i diritti di rappresentazione con la stessa determinazione mostrata da Eysuke in passato.
Maya ha un grande sogno, che è quello di impersonare la dèa, ed odia me, che l’ho privata della famiglia e continuo a far del male alla sua preziosa insegnante.
Sia io che mio padre, invece, amiamo queste due donne incondizionatamente.
Sia io che mio padre saremmo disposti a fare di tutto per avere il loro amore, ma sortiamo solo l’effetto di creare distruzione.
Shiori ha ascoltato la mia telefonata, quando eravamo al ristorante. Ho urlato a Coichiro di usare qualsiasi mezzo possibile per bloccare la Tsukikage. Solo la Daito di Masumi Hayami deve riportare il capolavoro scomparso sulle scene. La mia Daito! E con la dèa che io sceglierò!
La signorina Takamiya spiava da dietro una tenda.
Mi chiedo cosa abbia pensato, ma non mi curo del suo eventuale giudizio. Se capisse cosa c’è dietro, denari a parte, mi farebbe un favore. Se ne andrebbe di sua spontanea volontà ed io avrei un senso di colpa in meno.
La determinazione a vivere fino alla nuova rappresentazione conferisce a Chigusa Tsukikage un che di soprannaturale.
Ci siamo ritrovati tutti intorno al suo capezzale – mancava solo Eysuke, che si crogiolava in casa nell’usuale rabbia dolorosa – ed il copione non è cambiato: amore contro odio; determinazione contro sconfitta.
Se mi odi davvero, Maya, perché prendi questo caffè bollente dalle mie mani? Hai cercato di rifiutarlo, ma non eri ostinata come al solito.
Stai forse pensando ancora a Lande Dimenticate?
Io ci penso sempre, Maya, ogni giorno, ogni minuto. Il ricordo di quel tocco delicato della mano sui miei capelli mi dà ancora i brividi.


And the winner is…
Ce l’hai fatta! Il primo premio per il teatro dell’Associazione Nazionale per lo Spettacolo è tuo, Maya!
Sono felice! Felicissimo!
Il tuo sogno si sta avverando piano.
Mi guardo dentro e constato che sono passati sei anni, ragazzina, dal giorno in cui ti ho conosciuta. Hai compiuto diciannove anni, mentre io, tra un mese, ne festeggio trenta.
Le distanze, ora, non mi sembrano così incolmabili.
Come diceva Mitzuki, ai tempi del mio iniziale vaneggiamento, hai ormai raggiunto l’età giusta per amare e per interpretare il primo, vero dramma d’amore.
La dèa, Maya!
Chiudo l’ennesimo capitolo delle tue avventure teatrali con un mazzo di rose scarlatte. E il biglietto che allego è il primo passo falso che abbia mai commesso in tutta la mia vita, ché tu inizierai decisamente a guardarmi in modo diverso, anche se io non lo so ancora.
E mi ostinerò a non sapere fino alla fine, rischiando di rovinare per sempre le nostre vite.
Ma qualcosa avrebbe dovuto suggerirmi quel cambiamento!
La notte della premiazione, per la prima volta dopo anni, sono tornato a sognare mia madre e, con lei, ho ripercorso tutta la mia vita, dal mio arrivo a casa Hayami fino all’adozione.
Un flashback dietro l’altro: l’episodio del laghetto, il matrimonio della mamma con Eysuke, il trenino rotto, la scoperta della stanza segreta del mio patrigno, la morte di mamma, il rapimento. E poi ancora l’adolescenza triste e solitaria, gli anni di Harvard e il ritorno qui. Ero appena stato eletto presidente della Daito e sei entrata nella mia vita, ragazzina.
Quando mi sono risvegliato, ho capito che non si trattava di un semplice sogno o di episodi di coscienza rimossi: era un insondabile segnale del tuo mutamento.
E così i passi mi hanno condotto al cimitero dove riposa tua madre.
Un altro passo falso di cui non ho ponderato la portata.
Mi sono vestito a lutto, come solo uno di famiglia è tenuto a fare, deponendo sul simulacro rose scarlatte.
Rose scarlatte per colei che ha portato in grembo la più preziosa fra le rose scarlatte: tu.
E ho ribadito la muta richiesta di perdono all’indirizzo di Haru, sacrificata sull’altare del business dietro il pretesto di far brillare sua figlia.
Non sono riuscito neppure a trattenermi dal venire a farti un saluto, Maya.
Lontana dei mesi, per preparare la tua dèa sotto la supervisione della folle Tsukikage!
Come sopportare questo tempo grigio, privo del tuo sorriso solare, foss’anche ironico, nei miei riguardi?
Ti ho augurato buon lavoro e tu mi hai detto che reciterai solo per il tuo ammiratore.
Perché, quel giorno, non ho capito cosa nascondevano le tue parole?
Perché non ho colto la passione che, malamente, trattenevano?

Giugno.
Non doveva succedere. Non adesso, dannazione!
Proprio mentre prendevo una drastica decisione, tenendo il fermo proposito di non cedere Maya a nessuno, divorato da una gelosia lacerante – benché solo eventuale – è arrivata lei, Shiori Takamiya, col suo abitino a fiori d’alta sartoria, le scarpette col tacco alto.
Bellissima, ma quanto mai inopportuna!
E, fra le lacrime, ha detto che mi ama, che vuole la mia risposta presto, subito!
Il mondo mi è crollato addosso; in un attimo, le mie speranze si sono frantumate in cocci della portata di un granello di sabbia.
Deficiente!
Sei un deficiente, Masumi Hayami!
La tua situazione sentimentale era già insostenibile. Perché ci hai messo anche lei, nel mucchio?
E perché ora provi fastidio?
Tu l’hai illusa, con le tue gentilezze e la tua sollecitudine. Tu che le hai sempre detto di sì, senza mostrare mai il tuo lato oscuro.
E ora che Shiori ti presenta il conto cosa fai?
Ti inchiodi alla porta scorrevole che da sul balcone vista precipizio?
Lei si avvicina talmente tanto che senti il suo respiro infrangersi come un’onda impetuosa sul tuo collo. Ti poggia una mano languida sul torace, abbozzando una lieve carezza. E il tuo sguardo - pazzo che non sei altro! - corre al mare lì fuori, allo strapiombo a poca distanza in cui volentieri, adesso, andresti a fiondarti per sfuggire a quell’orrore.
L’orrore di una donna innamorata che non è riamata.
Lei ha sentito che il tuo corpo era proteso da un’altra parte.
Ha avvertito il tuo rifiuto con evidente vergogna, ché la sua reazione è stata quella di fuggire lontano da quel posto in cui riposa tutta la tua vita, ragazzina. L’album con le tue foto di scena, nascosto sul fondo della libreria, ribolle di passione, e Shiori lo sa, deve averlo intuito, in qualche modo.
Finisco la giornata davanti all’ennesimo bicchiere di whisky.
Sto per decidere del mio futuro.
Sei così lontana,Maya.
Io qui, sotto un cielo di “stelle al neon”, tu nel paese natale della dèa, dove, certamente, le luci finte non arrivano con la loro forza contaminante.
Sì, vado incontro ad un destino infelice. Però lo faccio in modo consapevole: so che tu sei una stella vera, Maya, mentre Shiori – per quanto bellissima e gentile – rappresenta un’ artefazione.
Il mio spirito, a pelle, la rifiuta: sa perfettamente quale differenza sussiste tra un cielo reale e un cielo che non lo è.
La stessa che corre tra la verità e la menzogna.
Dove sei, ragazzina?
Vorrei fossi qui, ma non ci sei, e allora io opto per la scelta di comodo, quella che farà felice almeno una persona.
Prendo dei fiori – personalmente! – e vado a casa della signorina Takamiya, da oggi ufficialmente mia fidanzata.


Una scomparsa inattesa, una tenue speranza.
E’ buio, nel paese natale della dèa scarlatta.
Gli elicotteri che, fino a poche ore fa cercavano mio padre, sono tornati alla base: riprenderanno le ricerche domattina, al chiarore del giorno.
Mi accendo una sigaretta, pentendomi nel momento stesso in cui lo faccio, perché quel fumo “coprirà” l’aroma dell’erba e l’aria limpida di questi monti fatati.
E’ giugno, ma la montagna è fredda in qualunque stagione ci si trovi. Eppure questo freddo è come un anestetico per il mio cuore in pena.
E’ incredibile che io abbia compassione per l’uomo che ha votato la mia anima al diavolo. L’uomo che mi ha insegnato a distruggere per sopravvivere. Una filosofia assai materialistica, devo dire, ma molto redditizia.
Lascio l’auto della società e la strada maestra per imboccare quell’insenatura che dà sulla valle. Non si vede molto, solo il sufficiente. Le stelle mi fanno da guida ed io sprofondo in una enorme poltrona d’erba, cinta dai monti, con in capo la Via Lattea dell’estate.
Ma quella poltrona è già occupata da un’altra persona, l’unica a cui permetterei di privarmene.
Sei seduta con le braccia aperte, come se stessi in croce, ma, in realtà, stai fondendoti con la natura. Ed io trovo più che naturale venire a prender posto lì, accanto a te, che trovi sempre una seduta speciale (e per questo ti ringrazio!).
Il cielo è stato attraversato da una stella cadente, ma nessuno di noi due ha espresso un desiderio.
Forse, perché non abbiamo bisogno di desiderare altro, amor mio.
Vorrei che i tuoi sentimenti fossero i miei, Maya.
Mi chiedi perché sono alla Valle dei susini ed io ti racconto la favola del generale Millepiedi, che, preso da una insana passione, finì per divorare l’albero in cui dimorava lo spirito che egli amava. In un lampo, capisci che si tratta di mio padre e te ne rammarichi. Tu pensi di non conoscerlo e, in realtà, lo hai già incrociato – squallido! malevolo! – due o tre volte.
Ma non parliamo di lui che per un istante.
Ti metto sulle spalle la mia giacca, Maya, perché il freddo, parlando di Eysuke, è sembrato farsi più pungente ed io mi illudo che, con la mia protezione, tu possa esserne preservata.
E ci sdraiamo, uno di fianco all’altro, a guardare le stelle muoversi ad arco, intorno alla Stella Polare, paghi dello spettacolo, ma non abbastanza, per me.
Il tuo istinto, questa volta, non ti dice di scappare lontano, ragazzina?
Mi stai accanto perché “ci sei abituata”, è così?
Qual è il motivo di questa sensazione di estremo languore? E’ davvero l’abitudine? A me, questa abitudine sembra durare da una eternità.
Il confronto diretto fra noi, l’estrema sincerità, la tranquillità che il semplice stare insieme a te mi comunica, tutto mi sembra come…scritto, da qualche parte.
Mi sto illudendo, Maya?
E, se davvero mi sto illudendo, perché, ora cammini mano nella mano con me, la tua mano fredda dentro la mia che sembra scottare. Continui a tenere la mia giacca sulle spalle, che, indosso a te, sembra quasi un cappotto.
Sorrido beatamente.
Tu sei stata creata per me, ragazzina. Il tuo piccolo corpo aderisce perfettamente al mio, solo in apparenza possente e vigoroso.
Ho un bisogno disperato di stringerti, ma, per ora – fino a quando? – va bene anche solo questo.
Continua a camminare con me, mano nella mano, per sempre!
Dèi, vorrei che questa strada non avesse mai fine!


The valley of hearts.
Ti ho lasciata al tuo alloggio a malincuore, Maya, ma il giorno arriva prestissimo ed io torno a cercarti.
Trovo la signora in nero, che mi chiede di Eysuke. Io le faccio un riassunto asettico ed essenziale dell’attuale stato delle ricerche e lei, pur sapendo quale sarà la mia risposta, mi domanda lo stesso se sono affezionato a mio padre.
La mia testa è piena di Maya e ciò che concerne Eysuke o il mondo intero è solo un fastidio.
Fuori ha iniziato a piovere. E’ una pioggia inclemente, batte sui tetti con la violenza dei battiti di mille cuori disperati.
La ragazzina non c’è. Genzo-san è preoccupato perché la sua “foga recitativa” tiene tutti in costante allarme.
Sorrido tra me e me, ma un po’ d’ansia si fa largo anche in me.
Lascio il rifugio e, cartina in mano, mi incammino per le montagne sconosciute. Ma i miei piedi sanno perfettamente quale strada stanno percorrendo. So perfettamente tra le braccia di chi, tra poco, consumerò la fiamma amara della mia passione soffocata.
I boschi sono lussureggianti come solo d’estate possono essere. Il verde è così fitto che anche le gocce d’acqua sembrano non riuscire a penetrare.
Poi, il verde, d’improvviso, si fa scarlatto. L’aria diventa tiepida; il profumo della terra bagnata sale a me irresistibile.
Mi accorgo che la pioggia si è fatta così impalpabile da assumere la connotazione di una timida nebbiolina.
E poi tu, finalmente, ti manifesti ai miei occhi, ragazzina!
Seduta come un folletto bagnato sulla biforcazione di un susino secolare, contempli distrattamente il mondo che ti circonda ed ora il tuo caro sguardo si è posato su di me.
L’emozione è così forte che scivoli giù, ma le mie braccia sono pronte a recuperarti, amor mio.
Niente ti farà del male, ora che io sono accanto a te.
Provo a dire parole sciocche ed evidenti - “ho pensato di…sapevo che…ho fatto bene a…” - ma mi fermo prima di rendermi ridicolo ai miei e ai tuoi occhi.
Ti adagio l’impermeabile sulle spalle e, complici questi piedi che, inspiegabilmente, tutto sanno, arriviamo ad un tempio abbandonato.
E’ il luogo sacro alla dèa.
Ci sediamo sulla scalinata di legno, sotto una piccola rientranza che ci ripara quanto basta ed io ti stringo a me, sperando che il freddo dei vestiti bagnati, domani, non ti procuri una brutta infreddatura.
La pioggia, però, aumenta all’improvviso ed io ti propongo di entrare nell’ufficio del santuario.
Col tono esigente di chi non ha mai accettato repliche, ti ordino di disfarti degli abiti bagnati e di metterli ad asciugare accanto al fuoco acceso. Mentre indossi il mio impermeabile per coprire la tua semplice nudità, io sono in maniche di camicia.
Sento un gran caldo e vederti così, svestita, non mi aiuta, ragazzina!
Ci guardiamo intorno nella vana speranza di reprimere l’imbarazzo che ci attanaglia. Scorgo un’iscrizione in giapponese antico e tu mi chiedi cosa dice.
Io ti rispondo che è la storia della dèa, quella cui, con tutta probabilità, si è ispirato Ichiren Oozachi.
Allora, stranamente, tu dichiari che ti piacerebbe “mostrarmi una dèa scarlatta che possa piacermi”. A quel punto, il mio autocontrollo è lì per capitolare ma, in extremis, mi salvo facendo cadere la tua frase nel ridicolo.
Perché incassi il colpo, ragazzina?
Solitamente, ti metti a urlare che mi odi con il cuore e l’anima e adesso piangi!
Sai bene, dentro di te, che non ho mai sopportato di vederti piangere e abbasso pericolosamente la guardia ancora una volta. La mia voce si fa mormorante, ma è ancora nitida a sufficienza per giungere alle tue orecchie.
“Mi è sempre piaciuta”
Io non ne sono per nulla consapevole, ma, ripercorrendo al contrario ogni tappa della tua carriera, ti sto offrendo la chiave di lettura di tutta la vicenda, che è l’ammiratore delle rose scarlatte, Maya.
Solo lui potrebbe parlarti in questo modo, conoscere con tanta attenzione quel che hai fatto negli ultimi sei anni!
Inaspettatamente, quando accenno a Shiori Takamiya, l’unica persona al mondo che si preoccupi davvero di me, le tue lacrime aumentano, ma io non colgo il nesso e accenno alla possibilità di andar fuori dal tempio per cercare legna che riscaldi il più prezioso prodotto della Daito (e mio).
Tu non vuoi che io vada.
Alla domanda se temi per me e la mia incolumità fisica non rispondi.
Sento ancora più caldo (perché diavolo mi sono buttato la giacca sulle spalle?), mentre tu sembri chiusa in una morsa di gelo, che “aguzza” il mio desiderio e mi spinge a farti una domanda “epocale”:
“Vuol venire da me? Ovviamente, se crede…”
E tu mi vieni incontro! Stai avvicinandoti a me! Mi dici che hai bisogno di me, come quando eravamo sotto la pioggia ed io ti tenevo stretta a me per non farti avere più freddo!
Io ti guardo camminare piano, con indosso solo il mio impermeabile, e sento di non potere più reprimermi.
E’ troppo per me, Maya! Sono un uomo e te lo rammento, nel caso in cui la tua ingenuità esasperante finga di non avvedersene!
Ti prendo per un polso, strattonandoti un poco, per farti posto tra le mie braccia.
Delicatamente, ma non senza passione, adagio il tuo capo sul mio petto, nella disperata speranza che tu senta i battiti del mio cuore impazzito. Sembra davvero venir fuori dallo sterno, mentre le mani - queste mani che dovrei mozzarmi all’istante - ripercorrono incerte la tua schiena, dalla vita al collo.
Ora accarezzano i tuoi capelli e ti scostano un poco perché i tuoi occhi possano tornare ad incontrare quelli di un uomo che sta davvero perdendo il controllo e, se tu abbassi ancora le tue difese, nulla potrà più fermarlo!
Maya, trovo la forza di dirtelo, sono ebbro di passione! Ti avvicino a me ancora di più, senza staccarti gli occhi di dosso, la giacca mi scivola giù per le spalle.
Sto per baciarti – e non solo - e tu ti metti a tremare come una foglia al vento!
“Ti prego, Maya, mettiti a dormire, è meglio per tutti!”
La preghiera implorante è ripetuta come una nenia per un lasso di tempo piuttosto lungo.
Finalmente prendi sonno. La tua mano che prima sembrava chiamarmi a sé e, nel contempo, respingermi, ora è inerte, sopra il mio ginocchio.
Ti sistemo meglio, poggiando la mia schiena alla parete di legno.
In silenzio, senza poter chiudere occhio – ché, stavolta, ho davvero rischiato di esplodere – aspetto l’alba.
Dal cinguettio degli uccelli deduco che la pioggia è cessata e, prima che tu possa riaprire gli occhi, proprio ora che sembri abbozzare un sorriso beato, ti rubo un bacio. Le tue labbra dischiuse, stavolta, mi regalano qualcosa di diverso, di più intimo. Cerco di far piano per non svegliarti, ma anche la mia bocca si apre e cattura prima il tuo labbro, poi raggiunge la tua lingua.
Dura solo un attimo, ma ho la sensazione che, in qualche modo, con la tua coscienza, abbia risposto al mio bacio.
Quando ti svegli e, stancamente, riprendiamo la via del ritorno, tu torni ad offrirmi la tua mano, Maya.
Camminiamo tra i susini scarlatti, mentre io dico che, in quella valle, con te, ci starei per sempre.
Tu annuisci.
Allora, non è un sogno, vero?
Non è un sogno che tu mi dica, adesso, di prendere in mano questo ramoscello con fiori di susino, che rappresenta i tuoi reali sentimenti.
Mi sei rimasta impressa sul corpo, Maya!
Sento il tuo odore, la tua sagoma marchiata addosso.
Non voglio stare separato a lungo da te!!!
Non mi abituerò mai!…
Sono stato maldestro.
In questi giorni, complice la scomparsa di mio padre, sono vissuto come in un sogno.
Prevedendo distrattamente le pretese che avrebbero accampato i parenti riguardo all’eredità, ho provato ad entrare nel mondo reale in cui vivi tu, ragazzina.
Certo, è perfino banale dire che il tuo mondo reale è, in realtà, per me un sogno meraviglioso.
Anche ricominciare la carriera manageriale da zero non mi preoccuperebbe più di tanto.
Pensare alle tue braccia che mi cingevano con intensità mi mozza il respiro anche adesso.
Ho l’odore dei fiori di susino scarlatti perennemente nelle narici.
Così, quando è arrivata lei – Shiori – ho provato ad alzare una sorta di difesa, invitandola, senza troppa convinzione a dire il vero, a disfarsi dell’uomo socialmente inutile che io sono senza Eysuke Hayami alle spalle.
Ella ha reagito in maniera davvero inattesa per una signorina dell’alta società la cui famiglia fa della squallida apparenza un baluardo.
Non che suo nonno sia un completo bifolco, ma, di certo, avere più potere degli altri, arrivare a gestire persino una parte degli affari in odore di yakuza, non fa di lui uno stinco di santo.
Shiori ha la sua stessa determinazione e dice di non volermi lasciare in nessun caso.
In effetti, la sua famiglia avrebbe lavoro a tonnellate da affidarmi: le mie qualità professionali sono sotto gli occhi di tutti.
Ma il gruppo Chuo, per quanto enorme e dall’incalcolabile valore economico, non è la Daito che io ho costruito in questi ultimi anni. Non è la mia società.
La mia Daito reca in sé qualcosa di “sacro”, che non è rappresentato semplicemente dalla fatica e dal sacrificio mio e dei collaboratori: è La dèa scarlatta.
Non dimentico mai, giorno dopo giorno, il motivo per cui questa società è nata.
La sopraveste da sposa bruciacchiata, che ha segnato la vita di mia madre e la mia, è un pensiero costante.
Nessuna produzione commerciale potrà mai essere superiore a questa.
Ne faccio una questione di principio.
Shiori non lo sa.
Non mi ha chiesto alcuna spiegazione, giorni fa, quando, a cena, provavo a spiegarle come e perché la Daito è nata.
E’ una donna strana. Sensibile, sì, ma “di superficie”. Non va al fondo delle cose, trovandosi più comoda, evidentemente, nella menzogna.
Per questo, adesso, mi dà fastidio che si attacchi alla mia schiena, piangendo.
Temo possa sentire il tuo odore, ragazzina; temo possa confonderlo col suo profumo francese.
Il mio cuore distingue nettamente una fragranza dall’altra, ma questo è uno di quei momenti in cui vorrei che tu fossi qui in anima e corpo, Maya.


continua...

 
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203 replies since 20/4/2010, 16:11   15493 views
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