Murasaki no Bara no Yume  - Glass no Kamen  * Il Grande Sogno di Maya * Anime, Manga, Drama, World e Fanwork

A Scarlet Rose (II Version)

« Older   Newer »
  Share  
LauraHeller
view post Posted on 13/5/2010, 16:15 by: LauraHeller
Avatar

Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

Group:
MnBnY - General MOD
Posts:
17,641
Location:
The Dark Side of the Moon

Status:


Grazie a tutte! Eccolo qui...


Decadenza.
Sono ubriaco.
Sono completamente ubriaco.
Ho un appuntamento col sarto per la prova del vestito e devo andare.
Incespico tra le suppellettili che ho scaraventato a terra e finisco sul pavimento, ferendomi le mani.
Una grossa scheggia del vaso di cristallo andato in frantumi mi si è conficcata sul palmo della mano sinistra, ma non sento alcun dolore né mi avvedo del sangue che, lento, scivola sul pantalone. Mi accendo una sigaretta e mi accorgo di tremare.
Mitzuki prova a fermarmi, mi dice che devo andare dal medico, ma io la strattono con violenza perché DEVO passare.
La sigaretta cade sulla moquette, dalla quale emana un accenno di tanfo da bruciatura, mentre il mio sangue macchia la manica del vestito della segretaria.
Vedo il raccapriccio dipinto sul suo volto, mentre constata che anche i miei pantaloni sono zuppi.
Urla che non posso andare via in quelle condizioni, ma io scappo nel corridoio, barcollante.
I dipendenti che transitano in quel momento mormorano scandalizzati e sorpresi insieme, ma io non me ne curo e cerco l’uscita.
Quando mi sento venir meno, mi appoggio alle pareti.
Lascio l’impronta della mano ferita in diversi punti della carta da parati.
Miracolosamente, nonostante la sensazione di mancamento, riesco a infilarmi in auto e a guidare – con una sola mano – fino al negozio di sartoria.
Prima di scendere, mi guardo attraverso lo specchietto retrovisore.
Mi passo la mano fra i capelli e li macchio.
Così decido di togliermi, finalmente, il grosso pezzo di vetro.
Sento le carni straziarsi, per un attimo penso di svenire, ma, come highlander, sopravvivo egregiamente.
Apro il cruscotto e afferro una bottiglietta tascabile di gin.
Bevo scompostamente, come se mi trovassi in pieno deserto.
Ora sono pronto, in perfetto orario come si confà ad un grande dirigente.
Il pensiero corre alla ragazzina che ha fatto di me l’uomo di oggi.
Quando entro nello studio del signor Arashi, ho un aspetto davvero pietoso.
Il sangue – che finalmente si è fermato – ha lasciato vistose macchie scure sui vestiti e sulle parti scoperte del mio corpo: mani, volto, capelli, per non parlare dei pantaloni ridotti in uno stato deplorevole.
Il sarto mi chiede se voglio posticipare l’appuntamento – per Masumi Hayami chiunque riesce a trovare uno spazio! – ma io nego con la testa.
Quando l’uomo mi chiede di andare a lavarmi le mani per non sporcare il prezioso tessuto dell’abito nuziale, perdo nuovamente le staffe, sbraitando che, per quel che lo pago, non ha il diritto di dirmi alcunché.
Tiro fuori dalla giacca la bottiglietta di gin e bevo un altro sorso.

"Vaffanculo!" penso e, dopo due secondi, glielo dico in faccia.
Il sarto avvampa e mi caccia fuori. E non vuole neppure uno yen, da me!
"Questa è dignità!" rifletto tra me e me, mentre torno ad infilarmi in macchina.

Ora tocca a Shiori.
Ho appuntamento con lei a pranzo.
Hijiri mi becca miracolosamente al parcheggio sotterraneo di Palazzo Daito.
Mi chiede sconcertato che cosa mi sta succedendo ed io, tra la verità del vino e la menzogna della realtà, gli dico che passerò il pomeriggio con la mia fidanzata e, forse, me la scoperò, finalmente.
Karato mi molla uno schiaffo dicendo che è meglio togliersi la vita piuttosto che vivere senza dignità.
Io gli rispondo con voluta cattiveria, ricordandogli suo padre e il destino anonimo a cui lo ha condannato.
L’uomo reagisce scaraventandomi a terra:
“Vuole sfogarsi? Mi prenda a pugni, allora!”
Incredibile, si è offerto volontario!
Io mi alzo, facendogli notare che non sono magrolino quanto lui e Hijiri mi risponde che chiunque avrebbe la meglio su un idiota ubriaco.

Non mi incazzo. E cerco di andarmene perché mi fa un poco pena.
Ma egli torna a fermarmi dicendo qualcosa di molto spiacevole.
Nello stato in cui sono procurerò del dolore a Shiori, che, in fondo, è una vittima delle mie decisioni e, soprattutto, non potrò più proteggere Maya.
Rido forzatamente e gli rispondo che la ragazzina, ora, ha un delfino con la pietra azzurra che la protegge, un ragazzino che, d’improvviso, ha messo su i muscoli e si butta tra i flutti per andarla a salvare!
Hijiri mi prende per le spalle.
Si è tolto gli occhiali, rivelando le iridi di colore verde.
“Devo forse ricordarle” mi dice “che cosa stringeva la signorina quando Sakurakoji l’ha riportata a riva?”
Nella mia testa, immersa in una nebbia fitta, si fa largo la luce scarlatta di una rosa.

Rispondo che non significa niente.
Allora, il mio caro e fedele collaboratore mi prende di forza per il collo della giacca e mi trascina fino ad un rubinetto dell’acqua.
Lo apre e mi ci ficca sotto.
Io cado in ginocchio.
L’acqua mi bagna la testa, poi scivola sugli occhi, sulle orecchie, sul collo.
Hijiri mi ritira su e mi porta in ufficio.
Chiama Mitzuki e le dice di non far passare nessuno.
Non reagisco più e accetto passivamente che lui mi svesta da capo a piedi, che passi il rasoio elettrico sulla barba di due giorni, che mi metta addosso abiti decorosi.
“Ora sono pronto per Shiori.” dico, mentre l’uomo mi ordina di bere il caffè nero che ha appena versato nella tazza.
E’ una tazza grande, ma non è caffè all’americana. Hijiri mi assicura che la percentuale d’acqua è minima.
Chiedo debolmente del latte, ma egli me lo nega.
Dice che non ho bisogno di un calmante.
“E, ora che è sobrio,” aggiunge “può andare a pranzo! Io la seguirò in incognito e stia bene attento a quel che fa”
Lo guardo ironicamente e penso che le figure del servo e del padrone finiscono sempre per mescolarsi.
Ovviamente, non prendo la mia auto personale, lorda del mio stesso sangue e piena di tanfo di alcool e sigarette senza filtro.
Hijiri mi carica su una delle macchine della società, mettendosi egli stesso il berretto di autista.
Mi permetto un’ultima battuta ironica, ma egli soprassiede e mi porta al Garden Café, dove Shiori è già in attesa.
Ho un conato di vomito in arrivo, ma lo ricaccio in gola.
Non so, però, quanto durerà.
“Non avresti dovuto portarmi!” dico ad Hijiri scendendo dall’auto “Non riuscirò a mangiar nulla!”
Lui mi guarda serio e mi dice che ci raggiungerà in un attimo.

Quando Shiori mi vede, si alza dalla sedia e mi regala un sorriso radioso.
Penso a quanto mi ha detto Hijiri e, sentendomi in colpa, ricambio con un casto bacio sulla guancia.
Noto un cambiamento vistoso: lei ha indossato un vestito leggermente scollato e, forse, un push-up.
Io guardo proprio in direzione dei suoi seni e la vedo arrossire.
In questo, almeno, non è cambiata.
Ordiniamo un aperitivo.
Nel frattempo, è arrivato Hijiri, che sta controllandomi con volto severo dal bar.
Parliamo di tutto e di niente. Shiori mi chiede dell’appuntamento col sarto, ma tergiverso.
Non mi guardo neppure intorno.
L’unica cosa su cui mi soffermo è l’insolito push-up.
Sono un disgraziato.
Poi la mia fidanzata trova un argomento “molto interessante”, un argomento in carne ed ossa e lo scodella assieme al primo piatto.
E, con il tono melenso che le è proprio, ripete una frase vecchia.
E risaputa.
E odiosa:
“Stanno bene Maya e quel ragazzo, Sakurakoji mi pare si chiami.”

Maya Kitajima e Yuu Sakurakoji sono nella gelateria di fronte al Garden Café.
Penso che quel ragazzo faccia proprio di tutto per rovinarmi i pasti.
Penso anche che, da domani in poi, diserterò ogni locale con vista su strada e, al limite della demenza, dico a Shiori di cancellare il ricevimento di nozze al Queen’s – dove abbiamo dato anche il party di fidanzamento - perché “le vetrate sono troppo ampie e mi infastidiscono”.

Hijiri tossicchia, ma il suo volto si è fatto terreo.
Anch’egli deve aver visto Maya.
Mi alzo dal tavolo, vedo Shiori che mi fissa interrogativa e le spiego che DEVO andare a salutare una persona molto importante.
Quando lei mi chiede chi è, io indico la vetrata, ma i due ragazzi sono già andati via.
Il pranzo termina.
Ho mandato giù due cucchiai di riso, non ho bevuto né acqua né vino.
Hijiri riporta l’auto davanti al ristorante e saliamo stancamente.
C’è traffico, per strada.
Il “mio autista” azzarda un percorso alternativo e imbocchiamo una parallela per Shibuya.
Anche lì è un disastro.
Pare ci sia stato un incidente all’incrocio e, stavolta, ci fermiamo.
“Cazzo!” dico scendendo dalla macchina, per nulla preoccupato del turpiloquio e della reazione di Shiori.
La mia fidanzata mi segue.
Attorno a noi centinaia di persone attendono che la strada venga sgomberata.
Ma ci vorrà un po’.
Shiori scorge un negozio di fiori proprio sul marciapiede a fianco della nostra auto.
E’ quello della signora Kaibara, la mia inconsapevole fornitrice.
Ha messo una bella composizione proprio davanti all’ingresso. Il piccolo pergolato che ne racchiude la porta è anch’esso ornato di rose scarlatte.
Shiori si lascia andare ad un entusiastico commento, domandandomi un gesto di galanteria.
Io la guardo senza astio, col sorriso amaro che amore non riamato mi detta, ma la mia semplice risposta la sconvolge.
“Chiedimi di regalarti il mondo, cara, ma non le mie rose”
Mi stupisco del tono fermo, mentre lo sguardo sembra perdersi dentro il negozio, ma, in realtà va oltre, fino alla Valle dei susini, fino al teatro Daito, sei anni fa…
La strada si apre, finalmente.
Accompagniamo Shiori fino a casa Takamiya.
Lei mi lascia a malincuore chè, forse, vorrebbe approfondire.
Vedo che ha il volto teso, un po’ chino sul petto reso voluminoso dal push-up.

Quando l’auto si ferma davanti al Palazzo Daito, Hijiri mi chiede se voglio tornare al lavoro o preferisco andare a riposare.
E’ stata una giornata dura, stressante, anche se mi sembra di essere ringalluzzito di colpo.
Gli rispondo che resto in ufficio, perché devo incontrare Kuronuma.
Hijiri mi anticipa, dicendo che il motivo di quella visita è assai prevedibile.
Solo io non so nulla.
E il problema che mi viene posto innanzi è tanto grave quanto inaspettato: non riesce a recitare.

Maya non riesce a recitare!

Cerco di mantenere l’aplomb che mi contraddistingue, sebbene, stamattina, abbia mostrato ad Hijiri il peggior Masumi Hayami della storia.
La butto sul ridere, fingendo di non preoccuparmene: la ragazzina è sempre stata complessata.
Ora che siamo alla resa dei conti è più che naturale che si senta persa: quella della dèa scarlatta è una parte difficile ed anche il suo genio sarà messo a dura prova.
Ma il mio collaboratore pensa che ci sia qualcosa che non vada e, quando lo istigo a parlare – se sa qualcosa! – egli mi risponde vago, perché non può mettermi nell’orecchio cose che potrebbero rivelarsi infondate.
“Se ti riferisci al fatto che è innamorata di qualcuno,” commento amaro “puoi anche parlare liberamente”
Hijiri scuote il capo ed entra nella saletta privata: Mitzuki ha appena annunziato l’arrivo di Ryuzo Kuronuma.
Lo accolgo calorosamente, con la mano tesa verso di lui.
Anch’egli è felice di vedermi, sebbene preoccupato per l’andamento delle prove.
E accenna a Maya e al suo possibile amore non corrisposto.
Mi accendo una sigaretta per primo e, successivamente, dopo debite scuse, gliene offro una.
“Signor Kuronuma,” dico “io credo che stia sbagliando. Non so proprio come possa essere un problema d’amore, dal momento che la sua interprete della dèa frequenta quotidianamente il proprio fidanzato.”
Mi fermo per respirare, mentre la cenere della sigaretta è caduta a terra.
Il regista mi guarda circospetto.
“Non credo” afferma “che Maya sia l’unica ad avere problemi in questo senso, signor Hayami.”
Lo guardo ironicamente e lo rimbrotto per bene:
“Faccia il suo lavoro. Veda di far recitare la ragazzina, signor regista. La Daito Art Productions si aspetta grandi cose da Maya Kitajima!”
Kuronuma si alza.
“Pensavo...” mi dice “pensavo davvero che lei fosse diverso, giovane presidente Hayami”
Mi lascia solo. Ho frantumato la sigaretta.
Hijiri viene fuori dalla saletta privata chiedendomi ancora una volta che ne sarà delle mie rose.
Maya ha bisogno di me, del sostegno dell’ammiratore delle rose scarlatte.
E non capisco perché.
O forse sì.
Andiamo, Masumi, perché stai pensando a quella notte al tempio, adesso?
Perché senti ancora il suo corpo bruciare sotto le tue dita?
Il suo profumo, la forma del viso schiacciata su questo petto, il tuo petto!
Ma non può essere vero: questo è solo un banale sogno d’amore, anche se procura indicibile sofferenza.
Afferro la giacca ed esco.
Sta piovendo a dirotto, ma il Kid’s Studio è qui dietro ed io devo raggiungerla.
Prendo la sopraelevata per attraversare la strada in tutta sicurezza, i miei piedi schizzano acqua ovunque.
D’improvviso, metto a fuoco una figurina di donna.
Sei tu.
Sei appoggiata, braccia conserte, alla ringhiera della sopraelevata e guardi con occhio distratto le auto che corrono sotto di noi.
“Maya!”
Ti chiamo come fossi disperato.
Mentalmente, mi scuso con te per non avere portato il solito impermeabile, quello col quale ti ho riparata dalla pioggia tante volte.
Ho solo la mia giacchetta leggera e, volentieri, te la adagio sulle spalle.
Mi guardi sconvolta.
La pioggia ti bagna il viso, confondendo le lacrime.
Perché diamine stai piangendo?
Cosa ti sta succedendo?
Mi appoggi una mano sul petto e mi dici che non riesci a recitare.
Sarei tentato di chiederti, con ironia, perché vieni a raccontarlo proprio a me, che sono interessato solo all’aspetto commerciale della vicenda, ma mi freno.
Allora, mi dici che non riesci ad entrare nella maschera di Akoya innamorata – e riamata – da Isshin.
Senti il suo amore folle per te, ma non…il tuo per lui.
“Eppure,” ti dico “sei sempre riuscita a distinguere egregiamente tra la realtà e la finzione del palco! Hai indossato altre maschere di donne innamorate. Perché, ora, non puoi?”
“E’ diverso!” balbetti “Akoya è diversa! Ho sempre usato i miei sentimenti per recitare, è vero, ma questo dramma mi strazia l’anima! Non è solo per la parte…è quello che sento dentro.”
Continui a tenere ferma la mano sul mio petto.
I miei battiti si sono fatti martellanti e sto per stringerti a me.
La mia razionalità, ora, esige una conferma, prima di lasciare il posto al cuore.
“Forse,” provo a dire “se non riesci ad amare il tuo ragazzo come Akoya ama Isshin è solo perché lui non è il tuo Isshin.”
Mi guardi.
E’ tenerezza, quella che leggo nei tuoi occhi?
Dèi, ditemi che non sto sognando!
E poi accenni disperata al tuo ammiratore scomparso, troppo impegnato per curarsi di te.
Io mi ritrovo confuso.
Se potessi, in questo istante, ti sommergerei di fiori.
“Vorresti” mormoro piano “recitare la parte di Akoya per me, come se io fossi lui, il tuo ammiratore delle rose scarlatte?”
Le parole mi muoiono in bocca: “Isshin” ha preso forma davanti a noi.
La tua mano lascia il mio petto.
Sakurakoji si avvicina con due ombrelli in mano e mi chiede - impassibile come quella sera sul fiume Tama - se ne voglio uno.
Nego col capo, privo di sorriso.
L’incanto è rotto ancora una volta.
Mi giro e vado via senza guardarmi indietro.
Rientrato in ufficio, bagnato fradicio e senza giacca, Mitzuki pensa al mio ennesimo colpo di testa, ma non dice nulla. Mi comunica la lista di coloro che mi hanno cercato, poi entra nella mia stanza col caffè caldo.
Come se un fulmine mi avesse trapassato da tempia a tempia la testa, le chiedo se, secondo lei, ci si può innamorare di qualcuno che non si conosce.
“Signor Masumi” dice servendomi “è più facile di quel che non crede!”
Sorride ironica e beffarda insieme:
“Se il suo cuore non si apre neppure quello di Maya potrà mai uscire allo scoperto. Ha mai pensato che voi due potreste essere le due parti di una stessa anima?”
Nascondo l’imbarazzo sorridendo.
Ma è un sorriso serio, appena abbozzato.
“Se anche amasse l’ammiratore, non è me che ama” affermo amaro.
“Davvero?” domanda Mitzuki alzando il sopracciglio sinistro.
E con questa domanda epocale lascia il mio studio.



Il vascello delle fate.
Il sole di Tokyo, un’enorme palla rossa che si tuffa tra le nubi sottili della sera, scompare piano, al di là della vetrata.
Il mio dies horribilis è terminato, finalmente, ma la pace del cuore è una chimera.
Le parole di Kuronuma e di Mitzuki risuonano in modo ossessivo nella mia testa. E mi rimandano la tua figura di giovane donna tormentata dall’amore quanto lo sono io.
Maya, non posso credere che tu sia innamorata del donatore di rose scarlatte!
In tutti questi anni, i tuoi sentimenti sarebbero maturati piano e senza che io me ne accorgessi?
Perché non ho colto i ripetuti segnali che, timidamente, provavi a lanciarmi?
Sono davvero un idiota!
Ella non sa che io, Masumi Hayami, sono il suo misterioso benefattore!
Se sapesse, tramuterebbe il suo affetto in inestirpabile odio: si sentirebbe presa in giro fino alla fine, anche se uno scherzo non può durare tanto senza incorrere nel rischio di diventare reale.
Mi accendo una sigaretta.
Il silenzio dell’ufficio ormai semideserto viene rotto dalla voce di Mitzuki e da quella di un giovane uomo. La mia segretaria sta dicendogli che ha ordine di non far entrare nessuno, ma il tizio non sente ragioni.
Mi chiedo se sia la yakuza, a mandarmi, finalmente, i suoi sicari.
Ed ecco che irrompe il baldo, atletico Sakurakoji.
Gli chiedo acido cosa diamine è venuto a fare..
Il ragazzo arrossisce e mi dice che Maya se ne è andata, lasciando due lettere, una per Kuronuma e una per me.
La getta maleducatamente sul tavolo, ma non accenna ad andarsene: io lo fisso senza parlare, ma non apro la busta che Maya ha destinato a me.
Picchietto con le dita sul tavolo. Noto che Sakurakoji non mi toglie gli occhi di dosso.
“E’ lei, vero?” mi chiede alla fine “è lei l’ammiratore delle rose scarlatte?”
Rido fragorosamente. La mia migliore performance recitativa!
“Ragazzino, l’indirizzo di Babbo Natale è un altro!” dico aspirando un po’ di fumo.
Sakurakoji mi dà le spalle, intenzionato ad andarsene, finalmente.
La lettera di Maya sembra bruciare sul tavolo della scrivania ed anche io fremo all’idea di leggere i pensieri che mi ha dedicato.
“Signor Hayami,” dice il giovane attore prima di andarsene “sono contento che non sia lei il misterioso donatore. Non tollererei che Maya amasse un uomo della sua bassa statura morale!”
Ecco un altro visionario convinto che la ragazzina sia innamorata del suo tutore, penso tra me e me.
Sbatte la porta e, mentre io gli do dell’imbecille, lacero come un forsennato la busta.
“La ringrazio per quello che ha fatto per me in questi lunghi anni.
Per merito suo, sono riuscita a concludere gli studi e a recitare in spettacoli di alto valore.
Ma adesso sento di non potere più andare avanti.
Non sono in grado di interpretare Akoya e la colpa è del mio sentimento non corrisposto.
Non voglio importunarla, signor Hayami: so bene che sta per sposarsi, ma, dal momento che, questa sera, sparisco per sempre dalla sua vita e dal mondo del teatro, voglio essere sincera fino in fondo.
So che si nasconde dietro la maschera del donatore di rose dalla sera in cui è andato in scena l’ultimo spettacolo di Lande Dimenticate, ma, pur avendo la possibilità di parlarle più volte, ho taciuto.
Del resto, è stato fin troppo ovvio capire che nutre per me un affetto sincero, che nulla ha a che vedere con l’amore. Siamo stati vicini tante volte, ma niente è accaduto, se non quel sogno strano, quello in cui, dalle sponde del fiume, la mia anima è come “volata” verso la sua per fondersi con essa.
Un sogno stupendo, signor Hayami, un’illusione d’amore che solo la Valle dei Susini può dare.
Ero innamorata del donatore di rose come una ragazzina e, gradualmente, mi sono innamorata di lei come una donna.
Ma tutto questo non ha importanza, adesso.
Volevo dirle anche che, alla luce di quanto scoperto sulla sua identità, vedo in modo diverso anche i motivi che l’hanno indotta a celarmi il luogo in cui si nascondeva mia madre.
Quando, mesi fa, l’ho sorpresa al cimitero, col severo abito a lutto e le rose scarlatte fra le braccia, ho compreso quanta sofferenza deve aver provato.
Come regalo di nozze, desidero sollevarla, finalmente, da questa delittuosa responsabilità. E le prometto di pregare per la sua felicità. Per sempre.
Addio”


Addio.
Addio?
Addio?!
Non puoi andartene adesso!
Quel sogno d’amore l’ho fatto anche io e tutte le volte in cui ti ho tenuto tra le braccia, ho dovuto mozzarmi le mani per non dimostrarti quel che provavo!
Ho passato le pene dell’inferno, nel tentativo di mettere a tacere la mia passione divorante per te.
Non puoi andartene ora che so!
Mi alzo, facendo cadere la poltrona dietro di me.
Mi fermo sulla soglia per comporre il numero di Kuronuma sul cellulare.
Chiedo senza mezzi termini cosa gli hai scritto, ma egli è vago, sembra tergiversare.
Allora io comincio a piangere come un deficiente, ormai incapace di reggere lo stress di tutti quegli anni, caratterizzati da fraintendimenti continui e occasioni perdute.
Il regista è senza parole; non deve essere uno spettacolo decoroso, il mio.
Alla fine, dopo un lungo sospiro, mi dice che sospetta che potresti in viaggio per la Valle dei Susini.
Tronco la chiamata, asciugandomi le lacrime col palmo della mano e, mentre sto telefonando a Hijiri, un tocco lieve sulle spalle mi fa trasalire.
E’ Shiori.
“Masumi, ero preoccupata per te.” dice con tono lento.
Mi porge un fazzoletto di pizzo colorato di azzurro.
Lo rifiuto.
Le dico senza mezzi termini che me ne devo andare perché ho un impegno urgente.
Allora lei mi butta le braccia al collo e prova a baciarmi la bocca, le orecchie, il collo, ma io rimango rigido come un pezzo di legno.
“Che succede?” chiedo senza troppa grazia allontanandola da me.
E’ inusuale vederla così disponibile.
A pensarci bene, anche all’ora di pranzo, si è presentata al Garden Café con un vestitino scollato e il push up.
Che le sia dato di volta il cervello?
“Insomma, Masumi, il matrimonio è fra due settimane. Trovi sia così pazzesco che io desideri stare con te in modo diverso?”
Sorrido.
Mi sembra di annegare.
Non ho tempo da perdere, devo liberarmi di lei subito.
Le responsabilità nei suoi riguardi mi crollano addosso come un macigno: del resto, sono stato io a chiederla in sposa. Avrei anche potuto rifiutare l’appuntamento a scopo matrimoniale, fingendo che Eysuke non esistesse, ma non l’ho fatto perché ero convinto che Maya - la mia Maya! - non nutrisse alcun sentimento per me.
Shiori è stata una vile scelta di ripiego.
Non posso umiliarla: cosa posso fare per evitare che lei senta questo rifiuto come un affronto alla sua dignità di persona?
“Ascolta, cara,” inizio incerto “non posso più nasconderti quel che provo né continuare a mentire a me stesso”
La vedo impallidire, ma i suoi occhi sono asciutti.
Si scosta un po’ da me, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
“Non sei tu il mio amore.” dico finalmente.
“Il tuo amore riposa nel fondo di una libreria nella casa di Nagano, è così?” domanda lei.
E’ inaspettato.
Mi chiedo come faccia a saperlo, mentre le due facce di verità e menzogna danzano ironicamente davanti ai miei occhi. E’ inaudito che Shiori sia vissuta con questo dubbio per mesi.
E ci saremmo anche sposati, se la mia anima non avesse detto basta al patema infinito.
“Devo ritrovarla.” le dico andandomene.
“Masumi!” mi chiama “Non annullo il nostro matrimonio. Aspetterò che tu ritorni da me. So che lo farai.”
Non ho tempo per sentire oracoli e la lascio sola, il capo chino sul push up che – purtroppo per lei - non ha sortito l’effetto desiderato.
Forse penserà che Maya ha fatto di me un impotente, ma non mi importa.
Mentre sto entrando in macchina arriva la chiamata di Hijiri.
“Alla buon’ora!” dico col tono esaltato “dov’è?”
Il mio collaboratore sembra chiamare dall’altro capo del mondo: dice di averla trovata nei pressi del porto, a Yokohama, ma, a causa di una fatale distrazione, l’ha subito persa di vista.
Mi metto ad imprecare.
Hijiri mi implora di mantenere la calma, ma io ho una paura folle: il terrore che una delle sue mille maschere possa celarla a me per sempre!
Arrivo al chioschetto che mi ha indicato il mio uomo e constato che è proprio di fronte al ristorante cinese in cui Maya ed Haru Kitajima sono vissute per lungo tempo.
Centinaia di ragazzine passeggiano per la strada, ma non scorgo nessuna che le somigli.
Chiedo ad Hijiri se ha chiesto all’interno del locale.
Egli annuisce, ma la risposta è stata negativa: la gestione è cambiata e nessuno conosce Maya.
Tutto è contro di me.
Si odono le sirene del porto.
Hijiri mi spiega che, quel mattino, è stata varata una nave da crociera, un piccolo gioiellino extralusso per brevi tragitti, della durata massima di un giorno e una notte. Le sirene a festa indicano che tra poco, salperà.
Licenzio il mio dipendente e mi metto a camminare sulla banchina.
La nave è a poca distanza, mi viene voglia di farci un giro.
Alla biglietteria fanno storie.
Dicono che hanno prenotazioni fino al primo dell’anno.
Allora io tiro fuori il mio nome e, miracolosamente, la passerella si abbassa anche per me.
Nulla resiste a Masumi Hayami della Daito Art Productions.
Perché cazzo sono venuto qui, mi domando accendendomi una sigaretta.
Dovrei cercare la ragazzina, prima che scompaia definitivamente!
Sono appoggiato alla ringhiera del vascello, il vento gelido di novembre fra i capelli, quando vedo Hijiri, dal porto, che mi guarda con un arcano sorriso sul volto.
Devo scendere?
Devo lanciarmi in acqua adesso? Subito?
Forse ha trovato Maya.
Butto la sigaretta e già impugno la ringhiera per buttarmi di sotto.
Egli compie ampi gesti con le braccia, sta dicendo di no.
Deve essere impazzito anche lui.
Nella mia follia infinita d’amore ho coinvolto tante, troppe persone.
Solo voltandomi, capisco cosa Hijiri intendesse.

continua..................
 
Top
203 replies since 20/4/2010, 16:11   15493 views
  Share