Murasaki no Bara no Yume  - Glass no Kamen  * Il Grande Sogno di Maya * Anime, Manga, Drama, World e Fanwork

A Scarlet Rose (II Version)

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LauraHeller
view post Posted on 3/6/2010, 16:25 by: LauraHeller
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Vedrò come posso fare per recuperarla. L'attuale versione è totalmente censurata...eh...

Questa parte è un po' lunga, vi chiedo scusa...




Delirio
Torno a casa col volto stanco e provato di chi non ha avuto le palle di tornare in scena, magari solo per massacrare la sgualdrina che mi ha rubato l’anima.
Avrei potuto almeno ricambiarle la stilettata, portarmi dietro la sventola da urlo, sbandierare con noncuranza le solite rose scarlatte che, ormai, non hanno più valore.
E, invece, sono qui, solo, davanti al camino, con la mia inseparabile bottiglia vicino e il mozzicone sempre acceso.
Il clima si è fatto rigido.
Squilla il telefono.
“Sono io.” mi dicono all’altro capo del filo.
E’ una voce che ben conosco.
Annaspo come se mi trovassi in acqua alta e non sapessi nuotare.
“Volevo ringraziarla per il pensiero. L’ho trovato uscendo dal teatro e, per quanto la collocazione non fosse consona, ho capito perfettamente che si trattava della sua ennesima gentilezza.”
Mi sta prendendo in giro?
Maya mi sta prendendo in giro!
“Non capisco cosa stia dicendo.” ribatto con voce sorda, ricambiando quel <lei> forzato.
E odioso!
La sento sorridere piano ed io mi incollerisco ancora di più.
“Se ha qualcosa da dire, lo faccia subito, sono molto stanco!”
Siamo tornati al punto di partenza, con lei che ironizza e io che mi nascondo!
Non dovevo rivederla!
Sento che il tormento sta iniziando nuovamente a rodermi dentro.
“Alloggio in una pensione vicino ad Hide Park e mi piacerebbe vederla prima di partire per Berlino, dove replicherò l’ Amleto con la mia compagnia.”
“Vedermi?” ripeto deglutendo “a che pro?”

Maya tace.
Poi, con voce un poco tremante, si scusa per avermi disturbato e mi saluta.

“Aspetta!” dico con voce incontrollata e tornando a darle del <tu> “Dammi il suo indirizzo!”

Che cosa diavolo stai facendo, Masumi Hayami?
Dove diamine stai andando a tutta velocità?

Quando mi apre la porta, in pigiama e le ciabatte con la testa di coniglio, ho un incontenibile moto di risate.
Batto il pugno sulla cornice della porta, trattenendo le lacrime.
Sono diventato un crocevia di emozioni contrastanti: il desiderio, il rancore, l’ilarità, l’ansia, la gioia di rivederla.

“Salve, ragazzina, ne è passato di tempo!” riesco a dire, mentre lei mi ha catturato la mano, invitandomi ad entrare.
Divento serio all’improvviso, ritraendomi.
Ci sediamo sul divano, davanti a una bella fiamma viva.
Mi chiede se voglio bere qualcosa, ma io rifiuto confessandole che, nei mesi trascorsi, ho cercato di tenere a freno ogni forma di dipendenza.
Sembra non cogliere l’allusione sottile, come del resto fa ogni volta che ci troviamo sul più bello.
“Allora,” dico schiarendomi la voce “perché mi hai cercato?”
E ribadisco senza mezzi termini che voglio il motivo vero.
Si rannicchia sulle ginocchia e guarda il fuoco che arde.
Lo sta facendo per non guardarmi negli occhi, è evidente.
“Volevo…” comincia “desideravo scusarmi con te, da molto tempo.”
Mi passo una mano fra i capelli, facendomi sfuggire un sospiro.
Si gira verso di me e noto che i suoi occhi sono bagnati.
“Stare troppo vicino al fuoco ti fa male.” le dico porgendole il mio fazzoletto “Dovresti saperlo bene, ora che sei adulta.”
Ho buttato la frase a caso, ma ella ne ha colto perfettamente il senso.
Mi alzo nervoso.
“E, dunque,” continuo “di cosa vuoi scusarti?”
“Di tutto…” risponde “della mia cecità, del mio comportamento infantile.”
Mi dice che il solito Hijiri l’ha informata del dispiegarsi degli eventi in terra nipponica.
Io sorrido.
“Era a me che dovevi credere.” mormoro con grande amarezza guardando fuori dalla finestra.
Soffia un vento inclemente.
Maya si alza, viene verso di me e mi abbraccia così stretto da farmi mancare il fiato.
“Mi sento persa senza di te!” confessa abbattuta.
La scosto un poco, arrossendo.
Chiudo gli occhi.
Quante volte ho desiderato sentire quelle parole!
Quante notti ho trascorso piangendo all’idea di essere da lei rifiutato.
La stringo forte a me.
E’ lo stesso abbraccio disperato di quel giorno di quattro anni fa, a Nagano.
“Ricominciamo daccapo, ricominciamo da quel giorno…prima di Anna dei Miracoli, te ne rammenti?” dico dissennatamente, mentre le accarezzo i capelli.

Mettiamo il caso che Masumi Hayami, quel giorno, non si fosse limitato ad abbracciarla.
Cosa sarebbe accaduto se l’avesse amata già allora?
Il destino sarebbe cambiato?

La razionalità mi sfugge completamente.
Le catturo le labbra.
Quanto dolore! Quanto male ci siamo fatti!
E tutto questo per finire sempre al punto di partenza, su un letto, in una nave fatata o in una città lontana mille miglia da quell’ambiente bigotto che ci priva del respiro vitale.

Se potesse essere una soluzione, la porterei via subito.
La mia patria è quella in cui posso finalmente essere me stesso.
Con lei.

Torniamo ad essere uno, di nuovo nel caos dei sensi e degli elementi della natura, ispirando i movimenti del corpo alla pioggia violenta che sbatte sui vetri, mentre le nostre voci sono nascoste dai tuoni.

Sono come il vento che si insinua tra le deboli e tremanti foglie d’autunno.
Sei come l’acqua che ristora dopo mesi di siccità.
Ubriachi di passione ormai doma, giacciamo sul letto sfatto, circondati di abiti sgualciti e molesti e coperte che non ci serviranno mai, dovessimo vivere altri cento anni.
La pioggia, nel frattempo, è diventata sottile e rada.


Haru.

Mi chiedi che ne sarà di noi.
Mi giro su un fianco per guardarti meglio e ti domando, a mia volta, cosa vorresti che fosse.
Metti un braccio dietro la testa e confessi che - forse - ti piacerebbe tornare in Giappone con me.
Ma non a Tokyo, bensì nel paese natale della dèa scarlatta, dove tutto ha avuto inizio, dove, per la prima volta, timidamente, ci siamo abbandonati ai nostri sentimenti.
Sorrido non del tutto convinto.
Ricordo assai bene quegli attimi, come anche la disperazione di non sapere se il tuo era odio o amore, risentimento o passione sopita.
E mi nascondevo dietro al fantasma di Shiori Takamiya, la quale, fino all’ultimo, aveva sperato che io potessi ravvedermi.
Non si aspettava certo, dopo la nostra separazione, che continuassi a rifiutarla.
Anzi, sottilmente, con la forza disperata di un sentimento non ricambiato, faceva leva sulla necessità che io mi buttassi alle spalle il passato.
Era una donna davvero incantevole e bellissima, ma, davanti a lei, ogni mio istinto finiva per morire.
E, davanti a me, restava solo l’evidenza di una scelta di ripiego.

Così non è stato per Liz, l’unica donna con cui abbia fatto l’amore, dopo Maya.
Mi guardi sorpresa e un po’ amareggiata.
“Sei un uomo, Masumi,” dici incerta “non potevo pretendere che restassi casto per me.”

Ti confesso senza alcuna remora che stare con la ragazza inglese mi è servito a scoprire una dimensione relazionale serena e tranquilla.
Sono innamorato di te da tanti anni e tutto questo tempo è trascorso in modo quasi angoscioso, per quanto vivo.
Come se quei brevi flash di felicità fossero stati vissuti nella consapevolezza dell’inevitabile fine.
Sono riconoscente a Liz del dono di un sentimento che non ha preteso di cambiarmi né di adattarmi alla logica dei rapporti tradizionali.

Ti rabbui ancora di più e mi dai le spalle.
“Maya?” dico provando a girarti verso di me “Cosa c’è che non va?”
Hai il sospetto che io sia stato realmente innamorato di lei.
La piega della mia bocca si fa amara.
“Di certo,” affermo “non sono stato con lei per dispetto, così come hai fatto tu con Sakurakoji.”
Torni a guardarmi.
“E’ questo” mormori “che mi fa più male.”
Sei consapevole che questo è egoismo puro, Maya?
Le donne sono davvero brave a crocifiggere un uomo in nome del tradimento.
E tu non sfuggi alla logica comune, ragazzina!
Io dovrei perdonare te perché il tuo colpo di testa non è stato dettato dall’amore!
Ma tu non riesci ad accettare del tutto il fatto che io sia stato – piacevolmente – con una donna che non nulla ha preteso da me!
“Maya,” dico con rammarico “tu mi conosci da tempo. Sai chi è stato Masumi Hayami prima di incontrarti. E sapevi altrettanto bene come si sarebbe potuta evolvere la sua esistenza dopo il tuo abbandono.”
Mi metto a sedere stancamente, piegando un poco una gamba.
Adesso sono io a chiedertelo.

Che ne sarà di noi?

Non hai il tempo di rispondere, ché il telefono sta squillando.
E’ Liz.
Ti alzi dal letto quasi con rabbia, mentre io, apparentemente tranquillo, le dico che, dopo il teatro, non sono rincasato perché dovevo vedere una persona.
Mentre le comunico che passerò la giornata nella City, seguo ogni tuo movimento.
Hai indossato una vestaglia leggera di colore bianco e prepari la valigia che hai tirato fuori dall’armadio.
“Che cosa stai facendo?” chiedo troncando la chiamata.
“Dimentichi” dici frettolosamente “che domani recito a Berlino!”

Te ne vai?
Con un balzo, sono arrivato dietro le tue spalle.
“E dunque?” chiedo allarmato.
“Dunque, che cosa?” mi domandi tu “Non sono ricca, devo lavorare per vivere!”
Sento cadermi le braccia.
E’ giusto che tu lavori, non ho mai preteso che stessi in casa a sprecare il tuo talento, ma perché quel tono?
Ti rendi conto, ragazzina? Sei semplicemente assurda!
Con te tutto è meraviglioso, ma è destinato a una fine amara perché tu sei così.
Che cosa nascondi davvero?
E’ come se ti sentissi in colpa, come se temessi di godere a lungo della felicità che ogni essere umano merita.
Ti costringo a guardarmi, stringendoti un poco il braccio.
Ti trinceri come tuo costume ed io sento l’irresistibile desiderio di sbattere la testa al muro.
“Non le hai detto di me!” dici incollerita “Non le hai mai detto di me!”
Mi passo una mano sugli occhi e cerco di spiegarmi, ma ho già un triste sospetto: non mi ascolterai.
Non potevo parlare di te a Liz.
Farlo presupponeva due cose: che io ricordassi il dolore terribile che mi hai causato e, soprattutto, abbassare le difese ed entrare in confidenza tale con lei da riaprire il mio cuore.
“Devo andare.” mi dici mentre cerchi i tuoi vestiti.
Provo a sfiorarti la schiena con tenerezza e vorrei che dietro quella carezza tu percepissi la passione bruciante che nutro per te.
Così è.
Di nuovo brividi e follia.
Vuoi davvero rinunciare a tutto questo, Maya?
Le nostre vite sono indissolubilmente unite: a che pro renderle infelici, disperate?
“E’ per la mamma…” mi dici baciandomi piano.
Prima che io possa aprir bocca, mi spieghi che non è causa mia, che non ti riferisci alla tragica fine di Haru.
“Ho dei complessi irrisolti. Io l’ho abbandonata per andare incontro alla mia vita, nel Paese dell’Arcobaleno, dove tutto è possibile, dove le maschere tristi, in un attimo, diventano beffarde o gioiose e la vita ricomincia daccapo ogni giorno, con ritmi frenetici. E’ come se quel ricominciare perenne mi stordisse, impedendomi di pensare a quel che ho fatto. E’ come se, sulla tomba di mia madre, avessi giurato di non essere felice più di quanto lo sia recitando semplicemente.”
“E’ assurdo,” affermo categorico “assurdo per te ed anche per me. Questo tira e molla ci distruggerà.”
Corri in bagno.
Hai l’aereo tra due ore.
Faccio capolino nella stanza e, mentre ti infili nella doccia, mi dici che è giusto e sacrosanto che io viva la mia vita.

Anche senza di te.

Affermi che la tua benedizione non mi mancherà e che Liz, secondo il tuo parere, è la donna giusta, colei che mi farà vivere serenamente e, tutto sommato, con gioia il resto dei miei giorni.
Odio che tu ripeta a memoria quel che ti ho raccontato in assoluta sincerità.

Sto chiedendomi che ne sarà di me.
Ti sei chiusa di nuovo la porta alle spalle.
Stavolta non ho la forza di inseguirti, Maya.
Uno spiffero gelido mi comunica una nudità esagerata, mantenuta oltre il tempo limite.


Rendez-vous n° 2.

Ci sono persone che trascinano stancamente la loro esistenza fino al rendez-vous.
Come tradurre in chiave esistenziale questo termine?
Resa dei conti?
Punto di non ritorno?
La mia vita ha avuto inizio quando ho conosciuto Maya.
L’attesa è stata lunga, poi, venuti allo scoperto i nostri sentimenti, ho abbracciato prospettiva nuova, che annulla realmente l’io, facendolo diventare “noi”.
Tutto è stato fatto per lei e farlo equivaleva a soddisfare anche me.
Ma adesso sono ad un altro rendez-vous.
La nostra storia ha iniziato a trascinarsi.
Se prima era la passione nascosta ad uccidermi, adesso è la passione vissuta a portarmi su un baratro.
Sono stanco di non essere padrone di me stesso.
Maya, del resto, ha palesato dei seri problemi emotivi, per i quali, forse, farebbe bene a chiedere un consulto ad uno specialista.
Mi ha lasciato e, se dovesse tornare, non sarò lì ad attenderla.
Io ho quasi trentadue anni e desidero con tutto il cuore farmi una vita mia.
So che sarà meno colorata.
So che mi procurerà momenti di tedio.
So che mi stordirà meno.
So che qualsiasi altra donna non lascerà in me lo stesso segno: questo mi provoca sia sollievo che tristezza.
Ma è l’unica soluzione.


Ritorno a casa.

Mitzuki mi ha chiamato al mattino presto.
Liz, che dorme accanto a me, si è messa un cuscino in testa per non udire.
“Signor Masumi,” dice “le condizioni di suo padre sono peggiorate.”
Il vecchio malefico ha avuto una ricaduta ed è ricoverato in clinica a Keyo, la stessa struttura che lo ospitò l’anno scorso, di ritorno dalla Valle dei Susini.
“So che non dovrei disturbarla,” continua Mitzuki “ma ritengo sia il caso che lei torni a in Giappone.”
E’ grave, dunque.
La Daito, poi, è in fermento: la notizia della malattia del patriarca degli Hayami ha provocato un ribasso vistoso dei titoli in Borsa. Il fatto che io non sia che un figlio adottivo rende il passaggio di testimone assai difficile. I parenti ronzano intorno alle proprietà di Eysuke come api sul miele.
Che il diavolo se li porti!
Gente incivile ed ignorante!
Sperano di godere del frutto della mia fatica, loro, senza talento alcuno!
“Tornerò subito.” affermo convinto alzandomi dal letto.
La mia segretaria appare sollevata.
“E” dico prima di riattaccare “faccia preparare l’ala ovest della villa. Non tornerò da solo.”
Mitzuki rimane senza fiato e mi saluta.
Il viaggio non ha avuto intoppi. Liz ha letto placidamente per buona parte del tempo.
Durante lo scalo a Bombay, siamo scesi per acquistare futili souvenir, ma anche questo fa parte del rituale di chi viaggia e lo accetto di buon grado.
Arriviamo a Tokyo nel pomeriggio: senza perder tempo, do disposizione affinché i bagagli siano portati a casa e corro da mio padre.
Mi sento strano.
Sì, non c’è nulla che mi leghi a quest’uomo spietato e malevolo, ma provo grande tristezza all’idea che stia lasciando il mondo da solo; nessuno gli stringerà la mano in modo disinteressato ed amorevole.
Tocca a te, Masumi, c’è poco da fare.
E dovrai fingere di avere dimenticato tutto ciò che ti è stato fatto da bambino.
Fingere che tua madre non sia morta nella disperazione di non essere stata amata neppure per un minuto.
Entro nella stanza d’ospedale, incerto.

Penso che non ci sarà nessuno e, invece, trovo te, ragazzina.
Questo è davvero inatteso.
Non ti accorgi che sono dietro di te, silenzioso, ma attento.
Gli parli fitto vicino all’orecchio, ma la tua voce cristallina arriva fino a me.
Gli stai raccontando la storia di Akoya e di Isshin, delle anime gemelle che si cercano dall’eternità.
Odo un singhiozzo del vecchio.
Prova a dire qualcosa: mi pare di sentire che vuole vederla.
Vedere chi?
“Le prometto” risponde Maya “che la porterò qui domani.”
Poi gli passa un panno bagnato sul volto.
“Figliola,” dice Eysuke biascicando “ti chiedo perdono…”
Lei sorride prendendolo per mano.
“Signor Hayami, ho sempre saputo che mi voleva bene, anche se le ero molesta per via di suo figlio.” afferma serena.
La blocca debolmente cercando di negare con la testa:
“Un cieco…” sospira “…sono stato un cieco!”
E ripete parole senza senso: pare confondere Maya con Chigusa Tsukikage; sostiene di vedere l’anima di Oozachi ritta, ai piedi del suo letto.
Maya gli mette una mano sulla fronte ed egli si acquieta.
“Dorma, adesso.”
Si gira verso la porta e mi vede.
Mi passa accanto senza dire una parola.
Raggiungo mio padre per qualche minuto, ma, constatando che si è assopito, vengo fuori dalla stanza.

Ti trovo davanti all’armadietto, intenta a sistemare la borsa.
“Che cosa ci fai qui?” domando avvicinandomi.
Mi spieghi che hai saputo delle condizioni di Eysuke da Mitzuki e che egli aveva domandato espressamente di incontrarti.
“Non è lucido.” affermi “Quando mi vede, talvolta, mi scambia per la signora Tsukikage e ogni giorno, ogni ora implora perdono.”
Sorrido con amarezza.
“Chiedere perdono?” ripeto “non basterà tutta la misericordia degli dèi a salvarlo dagli orrori che lui stesso ha prodotto!”
Mi guardi severamente e dici che non dovrei parlare così di un uomo anziano e malato, che, per di più, è mio padre.
Io mi lascio cadere sulla sedia, sbraitando che il compito dei genitori è favorire i figli, non imprigionarli.

Il riferimento ad Haru è palese.

Mentre mi saluti con un leggero segno del capo, arriva Liz.
“Buona sera.” dici semplicemente.
E vai via con passo d’improvviso stanco.
La mia compagna ti segue con lo sguardo fino a che non sparisci in fondo al corridoio.
“Finalmente,” dice prendendomi per mano “conosco il grande amore della tua vita.”
Io mi scosto un po’ nervoso.
“Fai attenzione” mi riprende lei “a non ricadere nell’<effetto Kitajima>.”
La guardo sempre più cupo.
“Non c’è nessun <effetto Kitajima>.” scandisco piazzandole il dito indice davanti agli occhi.
Vado in terrazzo a fumare.
Proprio in quel momento, Maya sta lasciando l’edificio.
Viene a prenderla qualcuno ed io so già chi è prima di vederlo scendere dall’auto per andare ad aprirle la portiera.
“Il galante Sakurakoji!” mormoro amaro dando una boccata alla sigaretta.
Liz mi raggiunge.
“Ti prego, ti scongiuro…” dico con gli occhi socchiusi prevenendola “non parliamo di lei!”
Appoggia il suo capo alla mia spalla, ma non molla l’argomento.
“Non capisco davvero cosa possa piacerti di lei. E’ banale, ordinaria, senza alcun gusto nel vestire. Vive del suo talento, è così? Ma dovrebbe sapere che è sempre al mondo reale che deve far ritorno, prima o poi…”
Guardo Liz con sguardo indifeso.
“Credo” commento “che ella si sia resa conto di questo e che la sua sofferenza sia ancora più amplificata di quella di ognuno di noi.”

Il genio vive per se stesso, penso fra me.
Maya sa di essere in questo mondo gretto dove si può parlare del dolore altrui con leggerezza, ma sa anche di non appartenervi e trae la sua linfa vitale da sogni di felicità, da eterni ricominciare per non soccombere.
Io questo lo so bene.
Sapevo che il teatro l’avrebbe salvata dal dolore di un amore totale e impossibile.

Per causa sua.

Sapevo che, per salvarmi, avrei dovuto rinunciarvi io stesso per sempre.
“La ami ancora pazzamente.” dice Liz poggiandosi alla ringhiera e derubandomi della sigaretta.
Non rispondo.
E’ così, però.
Maya è pur sempre l’altra parte di me. Sappiamo quel che pensiamo l’uno dell’altra in qualsiasi momento, anche se le menzogne e la vita ci tengono doverosamente lontani.







continua...
 
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203 replies since 20/4/2010, 16:11   15493 views
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