Murasaki no Bara no Yume  - Glass no Kamen  * Il Grande Sogno di Maya * Anime, Manga, Drama, World e Fanwork

A Scarlet Rose (II Version)

« Older   Newer »
  Share  
LauraHeller
view post Posted on 8/6/2010, 16:18 by: LauraHeller
Avatar

Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

Group:
MnBnY - General MOD
Posts:
17,641
Location:
The Dark Side of the Moon

Status:


Puff Puff, eccomi con un'altra, purgata versione del Masumi's Diary!
Una settimana ancora e finisco con la scuola...


I susini della Valle allungano le radici fino alla Città dei Neon.

Ho passato la notte al capezzale di Eysuke senza chiudere occhio neppure per un attimo.
Ho deterso la sua fronte, gli ho offerto da bere, gli ho tenuto la mano come un figlio devoto dovrebbe fare.
La mattina è giunta presto e Maya è tornata, come promesso, con la sensei Tsukikage.
Sembra davvero invecchiata, col suo volto intenso segnato dalla malattia da cui mai è guarita.
La saluto alzandomi dalla sedia.
Mentre mi tiro giù le maniche della camicia, Eysuke si sveglia.
“Grazie” prova a dire “di essere tornata…”
Mi rivolgo a Maya con sguardo interrogativo e capisco che non è la prima volta che Chigusa viene a Keyo per far visita a mio padre.
L’odio sembra essersi dissolto.
Arriva persino Genzo, che, pieno di sollecitudine, va a cambiare l’acqua ai fiori.
Sono ramoscelli di susino ed io rimango assai sorpreso.
Ricordo che, fuori della Valle, quello che mi regalò Maya perse subito i fiori.
Invece, la composizione adagiata sul comodino pare godere di ottima salute. Forse perché la dèa scarlatta e la sua diretta discendente, oggi, sono entrambe qui.
La signora Tsukikage si siede accanto al letto senza parlare.
Maya e Genzo vengono fuori dalla stanza ed io li seguo.
La vita è davvero strana.
Di fronte al mistero della morte è possibile cambiare così radicalmente?
Guardo l’unica donna che abbia mai amato e le domando se vuole venire a bere un caffè con me.
Mi segue docilmente, con lo stesso passo stanco della sera prima.
Ed io mi preoccupo della sua salute, come ai “tempi migliori”.
Mitzuki mi ha detto che Eysuke non fa avvicinare nessuno al suo letto, a parte lei.
Non deve essere semplice assistere un vecchio in quelle condizioni.
Non capisco neppure perché lo faccia.
Allora, come sempre con la massima naturalezza, chiedo spiegazioni.
Davanti a una tazza fumante di tea, che sembra nascondere il suo piccolo viso, Maya dice che è felice di stare accanto ad Eysuke, per quanto sia difficile conciliare l’assistenza col lavoro a teatro.
Mi racconta del loro primo incontro, alla stazione della metro di Shibuya, dei suoi commenti entusiastici dopo Lande Dimenticate, del suo prezioso aiuto riguardo a Yaoya Oshichi,
Maya non ha mai visto malevolenza in lui e, anche davanti alla mia versione della storia con Shiori, resta impassibile.
Mi dice addirittura che è normale che un genitore desideri il meglio per il proprio figlio.
E Shiori Takamiya era il meglio per Masumi Hayami della Daito Art Productions.
Beve piano il tea, i suoi occhi sono pensierosi ed umidi.
“Mia madre, per esempio,” racconta “riteneva che la cosa migliore fosse conservare un lavoro fisso, che mi garantisse almeno un pasto caldo al giorno. Non pensava davvero che vivere per l’arte potesse costituire una alternativa. Comunque, aveva ragione nel dire che non è semplice. In teatro, guadagni se lavori. Non è come la TV, in cui vivi di immagine e pubblicità.”
Ascolto con attenzione le sue riflessioni, scorgendovi una maturità prima neppure intravista.
Sei consapevole, Maya, della vita che stai vivendo.
Non è più come prima, come al tempo in cui vivevi senza pensare dove avresti dormito, cosa avresti mangiato.
Cosa è cambiato?
“Sto per sposarmi anche io.” confessi dopo una pausa di silenzio che mi è sembrata interminabile.
Avverto un piccolo sussulto a livello muscolare, mentre il cuore sembra liquefarsi in un istante.
“Con Sakurakoji, immagino.” dico schiarendomi la voce.
Annuisci, mentre io mi passo una mano dietro il collo.
“Pensi che sia la persona giusta per te?” ti domando cercando di leggerti nel profondo.
“E’ la persona che, parafrasando una tua frase del passato, rende la dimensione relazionale meno faticosa.”
Nascondo un sospiro in una risata.
“Sarà sufficiente?” chiedo con una punta di ironia.
Cogli al volo l’allusione e, smaliziata come sei (grazie anche a me), dici che andare a letto con un uomo che non sono io è stato tutto sommato piacevole. Non saranno state scintille, ma, in fondo, non è poi così importante.
La tua filosofia di vita è diventata insolitamente pratica, ragazzina, e te lo dico senza mezzi termini.
Poi, quando ti domando se verresti ancora con me, mi pianti i tuoi occhi di bragia addosso e, priva di remore, rispondi di sì.
Sento mancare il terreno sotto i piedi. Le tue parole mi hanno dato i brividi.
Perché prendermi in giro, Maya?
Guardi la tazza vuota.
“Non mentivo,” affermi “quella notte, quando ti dicevo che mi sento persa senza di te e vorrei stordirmi tra le tue braccia non una, ma cento, mille volte ancora e in qualsiasi momento tu me lo chieda.”
Cerco di razionalizzare, ma invano.
Tiri nuovamente in ballo tua madre, mentre io ribadisco che mi hai lasciato proprio per colpa di quella ossessione.
“Non c’è futuro, ma solo distruzione, se non ti lasci alle spalle i sensi di colpa.” urlo alzandomi dal tavolino, incapace di reggere ancora quegli occhi adoranti.
“Masumi!”
Chiami il mio nome col tono perentorio di chi sa di avere già vinto.
“Ti aspetto! Vivo ancora nell’appartamento sopra la panetteria Aoyagi.”

Passo il resto della giornata come in trance, in attesa che giunga la sera, il momento in cui potrò rivederti.
Ho ancora addosso i brividi che mi hai procurato.
Ho spento il telefono lasciandolo sul comodino della stanza in cui mio padre riposa.
Ho detto solo a Mitzuki dove sarei andato, nel caso in cui Eysuke si fosse aggravato all’improvviso.
Passo dalla signora Kaibara, carico in auto un mazzo enorme di rose scarlatte e mi presento sotto casa tua puntuale come un orologio svizzero.

Cosa diavolo sto facendo?
Sono proprio impazzito.
Ho accanto una donna e Maya sta per sposarsi.
E non vuole una vita con mee per colpa di se stessa, dei suoi fantasmi, dei suoi complessi.
Sono come un uomo privo di dignità che viene a chiedere la sua “razione” di felicità senza pensare ad altro.
Il mio raziocinio è andato a farsi fottere, pensando che quella razione, per quanto amara alla fine, sarà assai abbondante!
Salgo facendo le scale a due a due, mentre sento la signora della panetteria urlare di far piano, ché il legno dei gradini è marcio.
Apro la porta scorrevole, mentre tu mi investi come un uragano, coprendomi di baci, accarezzandomi ovunque.
Non capisco più nulla.
Mi guidi nella tua camera, ti sdrai sul letto con indosso i vestiti.
E mi chiedi di amarti.
Sono sopraffatto dalla tua passione, che, sommandosi alla mia, porta ad un delirio estremo.
“Tu mi appartieni” dico “e, da adesso in poi, sarò io a condurre i giochi”
Non cogli neppure il senso delle mie parole.
Ti ridesterai quando sarò già lontano, Maya.
Contemplo il tuo viso appagato e dormiente mentre, stavolta, sono io a chiudermi la porta alle spalle.


Il ristorante dal cuore infranto, parte seconda.
(la vita è un eterno ritorno).

Ho invitato Liz a pranzo per confessarle il mio tradimento.
Sono certo della sua comprensione.
Sa che cosa ha rappresentato – e rappresenta tuttora - Maya Kitajima per me.
E anche se il pensiero della ragazzina è ben lungi dall’essere cacciato a calci nel sedere, so che la spunterò, dovessi andare in capo al mondo.

La salverò.

Così come lei ha salvato me dalla miseria dello spirito, anni fa.
Liz siede di fronte a me col volto un po’ teso, ma non sofferente.
“Masumi,” afferma “so cosa stai per dire, ma fingerò di non udirlo.”
Bevo il brandy.
“Me ne andrò solo quando sarò certa che non porterà all’altare quel ragazzino imberbe.” dice la donna guardando fuori dalla vetrata con un guizzo improvviso di rancore negli occhi blu.
Lodo inconsciamente la sua perspicacia.
Liz ha capito che Maya non ha ancora preso una decisione e, secondo lei, se la assecondo, sarò io a subirla ancora una volta.
“No,” dico perentorio “anche se dovesse arrivarci, all’altare, sarò io a vincere!”
“E come?” chiede ironica Liz “Solo perché puoi averla quando vuoi, credi di poter sopportare che lei si sposi?!”

Dèi, come somiglia a Shiori Takamiya!

“Questa tua relazione non è una condanna per me.”
“Aspetta.” la blocco “Stai dicendo che continueresti a stare con me pur sapendo che, appena mi fa un cenno, scappo da lei?”
Liz annuisce.
“Lei non è per te.” dice con tono arcano “E’ come un cancro, mentre io sono l’unica donna che possa renderti sereno.”
Rido sfacciatamente, come se quel che afferma fosse privo di ogni logica.
Le donne sono strane.
Puntano in alto, ma poi, davanti all’evidenza della realtà, aggiustano il tiro barattando il meglio col meno peggio.
In questo non sono dissimili dagli uomini e, se io sto con Liz, è proprio perché, finora, è stata una donna di comodo, non impegnativa, piacevole dentro il letto e fuori.
Ora mi infastidisce come una qualsiasi amante che vuole di più.
Forse, lo ammetto, non ha torto.
Mi sono comportato allo stesso modo con Shiori Takamiya.
L’ho sedotta e viziata come avrei voluto fare con Maya e ho finito per farla diventare esigente.
Ma ora non posso pensare a lei.
E’ Maya il mio imperativo.
Dico a Liz che è finita, che non voglio ricordare il passato trascorso insieme a lei con cattiva disposizione di spirito, anche perché molti sono stati gli eventi piacevoli, ma ella, stranamente, prende a puntare i piedi.
“Non mi scaricherai così facilmente!” urla “Io non sono Shiori!”


Il Generale Millepiedi ritira le truppe.

Ho ricevuto una chiamata inattesa, che speravo di non ricevere.
Mentre pranzavo con Liz, Eysuke Hayami si è aggravato.
Col cuore stretto in una morsa di angoscia, ho raggiunto l’ospedale di Keyo, ma è tardi per qualsiasi parola, tardi per ogni richiesta di perdono o di spiegazione.
Nella stanza ci sono Maya, la signora Tsukikage e Genzo.
Non è permesso a nessun altro di entrare: in corridoio ho intravisto Mitzuki, Asakura e alcuni dirigenti.
E, poi, Hijiri, defilato per ovvie ragioni, e Coichiro Gin.
Quando faccio il mio ingresso in camera è già tardi.
Vedo la ragazzina commossa ed io, mio malgrado, sciolgo in lacrime il nodo di che mi ha oppresso fin dal rientro in Giappone.
La signora in nero scuote leggermente il capo, accennando al modo originale in cui Eysuke ha concluso la sua vita terrena.
Dice che gli ha tenuto la mano fino all’ultimo e che è morto nell’illusione di avere ottenuto l’amore e il perdono della sua dèa scarlatta.
Poi mi porge una busta che, prevedibilmente, dovrebbe contenere le sue ultime volontà.
Chiedo a Genzo-san di portarla all’avvocato Yamashita, il mio legale di fiducia, che siede qui fuori, circondato dai parenti avvoltoi.
Mi avvicino a Maya, ancora accanto al letto di mio padre, e, insieme a lei, tiro su il lenzuolo per coprirne il volto.
Le nostre mani si stringono forte.

E’ tipico, nelle famiglie in vista, non tirare troppo per le lunghe momenti di legittima tristezza, specie se, sul piatto della bilancia, c’è un succulento boccone, un patrimonio da milioni di dollari in beni mobili ed immobili accumulato in quarant’anni di attività.
Ce n’è per mantenere abbondantemente mezza dozzina di allargatissime famiglie per i prossimi duecento anni, ma, come accade in questi casi, qualcuno, in virtù di un legame di sangue senza valore, vuole accaparrarsi ogni cosa.
Penso che quei cuginastri odiosi sarebbero capaci di dilapidare l’eredità in un decimo di secondo e se lo meriterebbero!
Ma perché regalare loro anche il frutto delle mie fatiche?
La Daito di oggi è mia di diritto.
E’ il mio volto a rappresentarla in ogni parte del mondo!
Questo lo sanno i dirigenti, che mi stimano e mi temono, e lo sa anche la famiglia Hayami.
Quando l’avvocato Yamashita mi convoca nella sala ovale del palazzo di Shibuya, sede preferita del vecchio Presidente, constato, con mia grande sorpresa che, a parte i cugini, sono presenti anche Hijiri, Maya e la signora Tsukikage.
Mitzuki mi raggiunge e prende posto accanto a me.
Finalmente il legale, tagliacarte in mano, apre il testamento di Eysuke.
Le sue mani tremano un poco, leggendo evidentemente qualcosa di insolito già dalle prime righe.
“Signori,” afferma “questo non è lo scritto depositato presso il notaio dieci anni fa, al tempo della prima malattia del Presidente.”
Si tratta di una lettera, regolarmente firmata e datata, e, quindi, di indiscutibile valore legale.

“Io, Eysuke Hayami, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, dispongo che i beni di famiglia vengano distribuiti nel seguente modo: a Chigusa Tsukikage la proprietà esclusiva dell’Actor’s Studio e della Compagnia Ondine, che, passando sotto la sua gestione, cambierà il suo nome in Compagnia Oozachi. A Maya Kitajima la proprietà esclusiva del teatro Shuttle X e della Sala Ugetsu. Al mio unico, legittimo figlio, Masumi Hayami, la Daito Art Production, i teatri di Shinjuku, Shibuya e Yokohama, la villa di famiglia a Tokyo, tutti gli appartamenti della capitale, la villa di Nagano e quella al mare, nonché ogni altro bene mobile o immobile a me intestato, fatta eccezione delle ville di Hokkaido e Kyushu, che andranno agli eredi dei miei due fratelli, Ryoko e Takeshi, ai quali sarà versata una rendita vitalizia che mio figlio Masumi, a suo piacere, disporrà. Prefettura di Keyo, 18 novembre 2008.”

Terminata la lettura, i parenti saltano sulla sedia accampando scuse, tirando fuori i prevedibili “j’accuse” relativi al legame di sangue con Eysuke che io non ho.
E poi chiedono all’avvocato come sia possibile che un uomo colpito da ictus e immobilizzato lungo tutto il lato destro possa firmare in modo leggibile.
L’avvocato sorride, fingendo di stupirsi che dei “parenti stretti” non fossero a conoscenza del fatto che Eysuke era mancino.

Abbasso il capo, accorgendomi di essere senza fiato.
Pare impossibile che abbia lasciato parte del suo patrimonio persino alla signora in nero; e a Maya, poi, che aveva provato a distruggere, prima di soccombere anche lui al sentimento di stima e di “affetto” che un talento come il suo inevitabilmente suscita in chi ama davvero il teatro.
Io ho ottenuto più di quanto pensassi.
Chiamo Mitzuki, che ha verbalizzato l’evento, e mi occupo della “prassi spicciola” che situazioni come questa comportano.
Poi, stanco, ma soddisfatto, raggiungo Maya e la signora Tsukikage.
“Sono lieto abbia accettato l’eredità di Eysuke.” affermo convinto.
L’anziana attrice precisa che non si è lasciata comperare dal denaro, ma dal cuore di un uomo che, nell’ultimo istante della sua vita, ha dato una brusca virata alla nave. Il vento di tempesta è divenuto bonaccia, anche perché il perdono viene dagli dèi e questo, ella, lo sa bene.
“Ragazzina,” chiamo col tono un po’ ironico “e così anche tu hai avuto la tua parte!”
Maya si avvicina incerta a me.
Provo il desiderio di stringerla forte, ma mi trattengo.
I miei istinti tutti “occidentali” non vanno bene in un ambiente come questo, per di più in occasione della lettura di un testamento.

Sono felice! Eysuke ha riscattato il suo marchio di infamia e, finalmente, ha fatto quel che doveva.
La Daito, la mia Daito!
E poi Maya, coerede con me.
Dèi, nel giorno in cui mi è stato tolto il padre, mi avete concesso tutto.
“Signor Hayami,” dici sospirando “non posso accettare l’eredità di suo padre e l’ho appena comunicato all’avvocato Yamashita.”
Sei una attrice, non sai nulla di economia e gestione di patrimoni.
E poi tiri in ballo il tuo futuro marito, che devi consultare, non essendo del tutto convinta che egli sia d’accordo!
“Non costituisce un problema per me.” dico sbrigativo, chiudendo un poco gli occhi e fingendo di cambiare il soggetto della sua allusione.
Mi guardi scossa.
“Ma Sakurakoji…”
“Sakurakoji?” ripeto “Cosa ha a che fare con la mia futura sposa?”
Le persone intorno a noi, che sembravano impegnate a fare altro, tacciono all’improvviso.
Vedo Mitzuki sorridere sorniona.
“Io non sono fidanzata con lei!” urli come presa dal panico.
Mi accendo una sigaretta.
“Questo è un particolare cui si può subito porre rimedio!”
Mi appoggio ad una sedia, imperturbabile come sempre, mentre tu seguiti a osservarmi con un misto di rancore e paura dipinto negli occhi.
“Non voglio sposarla!”
“Quello che tu credi di volere non è affar mio.” affermo categorico “Ciò che conta è la verità dei fatti e, come tu stessa mi hai confessato, di me non puoi fare a meno.”
I parenti urlano allo scandalo.
Tu corri verso la porta, rossa di vergogna e collera, ma non ti fermo.

Oggi è il giorno della vittoria.

Ho avuto tutto quel che volevo: il mio cognome, la mia società e te.
E dovrai fartene una ragione, perché, stavolta, non farai di me un burattino. Sono stato fin troppo indulgente, concedendoti in lusso di massacrare me e te per colpa di qualcosa che non esiste, ma adesso è finita.
Ed io mi prendo tutto, anche te, che ti piaccia oppure no.
In fin dei conti, è questo che ci si aspetta da Masumi Hayami!


Legami di sangue ed eredità dell’anima.

Conoscendo Maya Kitajima, mi sono convinto che certe cose non possono esser date per ovvie, anche perché sono suscettibili di repentine trasformazioni.
E’ l’andamento del genio o, semplicemente, la paura di calarsi in un ruolo ufficiale e definito che imprigiona un’anima nata libera e che tale vuol conservarsi.
La ragazzina è cresciuta con l’immagine sfocata di un padre inesistente, con il peso della personalità ossessiva di sua madre sulle esili spalle e la consapevolezza di valere qualcosa solo su un palco.
Una consapevolezza faticosamente conquistata, ma pur sempre in bilico, a dispetto del successo di cui ha goduto e gode tuttora.
Neppure il mio sostegno come devoto ammiratore è riuscito a sollevarla dalle estenuanti paranoie di chi si ritiene poco più di un nulla.
Lo spirito di sua madre, lasciata troppo tardi (benché Maya, di anni, ne avesse appena tredici), aleggia ancora – nefasto – su di lei.
Mi sono sempre domandato come due persone tanto diverse potessero essere legate dallo stesso sangue.
Maya non ha nulla che ricordi Haru e, a ben vedere, non somiglia neppure a suo padre, se non in altezza.
Ha gli occhi chiari, che nascondono ovvie discendenze non nipponiche, ma lei ha sempre detto di non sapere nulla di eventuali parenti all’estero.
I suoi genitori erano entrambi orfani da diversi anni, quando si sono sposati.
Sì, forse Maya non possiede una bellezza “canonica” – per quanto io straveda per lei – non ha il portamento, lo stile e il fascino della signora Tsukikage, ma le somiglia molto.
Me ne sono avveduto durante la rappresentazione de La dèa scarlatta.
Non era solo una questione di trucco.
Le due donne si somigliano davvero e molto anche!
Per non parlare della passionalità che le anima entrambe.
Anche Chigusa Tsukikage, da ragazza, amò – riamata - Ichiren Oozachi, un uomo più vecchio di lei di vent’anni e con famiglia per giunta!
Insieme avevano messo in scena un copione che parlava delle loro anime, realmente gemelle, realmente indivise.

E Maya?

Sul <vascello delle fate> non ha mostrato esitazione: è stata mia con piena cognizione e senza rimpianto. E, poi, dopo la nostra separazione, quando è tornata a chiedermi di amarla, ha mostrato una determinazione non comune, insolita per una ragazzina nata e cresciuta nel quartiere di Yokohama.
Se ci penso, mi manca ancora il respiro.
La sua sincerità, i suoi impeti non sono quelli della figlia repressa di Haru Kitajima.

E’ uguale a lei, a Chigusa.

Dietro inconsapevole suggerimento di mio padre, Maya ha interpretato addirittura Yaoya Oshichi, lo stesso monologo in cui si cimentò la signora in nero per palesare ad Ichiren i suoi sentimenti.
Tutto accomuna queste donne.
Il legame tra Maya e la signora in nero va aldilà della banale trasmissione del codice genetico e, pur tuttavia, è più forte di una semplice eredità spirituale.

Telefono ad Hijiri.


Amore imposto o amore ritrovato?

Vado alla panetteria per cercare Maya, ma ella non c’è.
Sembra sparita nel nulla, mi dice la signora Aoyagi, ma io non mi preoccupo più di tanto perché la troverò, prima o poi.
Squilla il telefono.
Mentre parlo con Hijiri, che mi comunica interessanti sviluppi della faccenda di cui gli avevo chiesto di occuparsi, ricevo anche una chiamata da parte di Maya.
Mi infilo in macchina e vado un po’ fuori città, verso la villa che la signora in nero ha abbandonato quando, ancora vicepresidente della Daito, ho fatto fallire la sua compagnia.
Il sole picchia forte, lottando col gelo tipico dei primi di dicembre.
Ti trovo in giardino, stretta nel cappotto di pelliccia che indossavi il giorno in cui mi desti un passaggio al Plaza Hotel sotto il tuo ombrello con le fragole.
Chissà se, mettendotelo sulle spalle, hai rammentato quell’episodio e hai riso, magari, pensando all’ubriaco che, senza saper nulla, ci scambiò per amanti.
“Hai intenzione di nasconderti per sempre?” ti chiedo alzando il bavero del mio impermeabile chiaro.
“Non voglio sposarti.” ribadisci senza guardarmi negli occhi.
Sorrido beffardo e mi accendo una sigaretta.
“Smettila,” dici tu “mi da fastidio!”
Getto a malincuore l’amata senza filtro che finirà per ammazzarmi prima di arrivare al traguardo dei cinquanta (ammesso che non sia Maya a infliggermi il colpo letale!).
“Allora, mia futura signora, andiamo in macchina o preferisce fare un giretto nella villa? Ricordiamo i vecchi tempi, che ne dice.?”
Camminiamo fianco a fianco lungo i viali: circondati da alberi senza foglie, coi ciottoli malmessi sotto i piedi e l’immancabile vento gelido che accompagna ogni nostro incontro “privato”.
“Masumi,” mi dici mentre chiudo il pesante portone “devi lasciarmi in pace.”
“Impossibile.” le rispondo con voce secca “Dall’ultima volta, che tu te ne sia resa conto o no, sono stato io a chiudermi la porta alle spalle. Ho giurato, quella notte, a Londra, che non ti avrei più consentito di guidare questo gioco al massacro e così è stato.”
Mi fermo per riprendere fiato.
“Nessun fidanzamento ufficiale fermerà Masumi Hayami! Esattamente come nessun fidanzamento ha impedito a te di venire a cercarmi. Come vedi, siamo uguali.”
Mi sono avvicinato al grande camino del salone. Le tende in panno pesante di colore scarlatto fanno filtrare un po’ di luce, rivelando un ambiente arredato con gusto.
“E’ strano” dico per rompere il silenzio “che nessuno abbia coperto i mobili, prima di lasciare la villa.”
Vedo che passi la mano sulla poltrona di pelle su cui la Tsukikage si è seduta molte volte, anche in mia presenza.
Maya non mi risponde.
Sta guardando fisso un ritratto della signora in nero appeso alla parete.
E’ una tela enorme, dipinta da uno dei più grandi artisti del dopoguerra, un regalo di mio padre, l’unico forse che abbia mai accettato.
“Hai intenzione di non parlarmi per sempre?” domando provando a metterti una mano sulla spalla.
“Non sarò mai felice con te, Masumi. Non riesco a dimenticare le mie origini né il torto fatto a mia madre.”
Ti sento singhiozzare piano e provo ad abbracciarti.
So che è inutile, ma ti ricordo che tua madre è morta dentro un cinema nel quale veniva dato un film di cui tu eri protagonista e si stringeva orgogliosa al petto un logoro ritaglio di giornale con la tua foto!
Ella ha lasciato la vita consapevole di aver fatto bene a lasciarti andare!
Perché non cogli quel che per me è evidente, Maya!
Non rammentare soltanto le parole cattive, quelle che qualunque persona sola al mondo, per quanto buona, direbbe, se abbandonata dall’unico affetto che le resta!
Mi guardi stizzita, ricordandomi che il matrimonio con Sakurakoji non lo cancellerai solo perché sono io ad ordinartelo.
Certo, so che ne saresti capace, cocciuta come sei, ma stavolta sono io a chiederti di amarmi, curioso di sentire se avrai il coraggio di negarti a me e, con lo stesso coraggio, correre all’altare con la menzogna nel cuore.
“Sai bene che non posso resisterti in nessun modo.”
“E non è sufficiente?” chiedo sorridendo.
“Posso fare l’amore con te centinaia di volte in un giorno, stordirmi quanto vuoi, ma, prima o poi, dovrò risvegliarmi alla luce della verità.”
Allora ti dico che sono pronto a stordirti per tutta la vita pur di salvarti da una realtà distorta.
Ti lasci andare ad una sonora risata.
Sai che ne sarei capace.
Avanti, ragazzina, lasciati andare!
Lascia che il tuo donatore di rose scarlatte venga a salvarti su un bianco destriero per portarti nel mondo dell’Arcobaleno, di cui sei stella, e nel suo regno, di cui sei incontrastata regina.

Madre.

Abbiamo lasciato la villa in silenzio, così come siamo arrivati.
Mi sento un po’ mogio, ma non domo.
Anche se non ti sei lasciata andare, posso ritenermi parzialmente soddisfatto del mio insuccesso.
Se non altro, negli ultimi dieci minuti, non hai più negato di volermi sposare.
Appena arrivato in ufficio, Mitzuki mi annuncia una visita.
So che Hijiri mi sta aspettando nella sala privata e le chiedo se si può posticipare l’inatteso incontro.
La segretaria dice che, pur avendo insistito in tal senso, la “persona” in questione ha fatto di testa propria ed io capisco che si tratta di Liz.
Sospiro profondamente ed entro in ufficio.
Mi accoglie con un sorriso radioso, che nulla di buono sembrerebbe preannunciare, visto che al ristorante il commiato non era stato dei migliori.
“Devo darti una notizia.” dice “Ho trovato lavoro in uno studio legale di Tokyo ed anche un appartamento tutto mio.”
“Ne sono lieto.” commento “Ma pensavo preferissi fare ritorno in patria.”
Ella mi guarda seriamente, dicendo che la doppia cittadinanza, se si ha la fortuna di averla, va sempre sfruttata.
I suoi fini sono culturali, ovviamente, ma anche economici: Liz è un’esperta di diritto internazionale.
Quando la conobbi, mi colpì la sua determinazione nel perseguire obiettivi difficili con le sue sole forze, cosa inconsueta per una ragazza occidentale che viene da una famiglia economicamente florida.
Suo padre è stato ambasciatore ed ella ha viaggiato in tutto il mondo fin dalla più tenera età.
“Non voglio tornare a casa” afferma “finché non ti avrò visto capitolare.”
Mi lascio andare stancamente sulla poltrona, dicendo che, dovessi campare mill’anni ancora, non potrò mai lasciarmi alle spalle Maya e la nostra storia.
“Quando si sposerà?” mi chiede.
“E’ una domanda inutile.” rispondo.
Allora mi fa una proposta strana - al limite del grottesco, a parer mio - ma non del tutto trascurabile.
“E perché lo faresti?” le domando con tono sconcertato.
“Perché io ti amo davvero” dice “e saprò mettermi il cuore in pace solo se avrò la certezza che non ti molli come uno straccio vecchio per l’ennesima volta.”




Continua…



 
Top
203 replies since 20/4/2010, 16:11   15493 views
  Share