Murasaki no Bara no Yume  - Glass no Kamen  * Il Grande Sogno di Maya * Anime, Manga, Drama, World e Fanwork

A Scarlet Rose (II Version)

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LauraHeller
view post Posted on 9/6/2010, 16:15 by: LauraHeller
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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E' stato un anno intenso e ho sempre detto che Garasu ha costituito per me una formidabile palestra di scrittura, oltre che un motivo di introspezione...
Brutte notizie...i caratteri son troppi. Metto il finale domani...


Ritratto di donna.

Ho raggiunto Hijiri nella saletta privata per ascoltare le ultime notizie in merito all’inchiesta che gli ho affidato.
Già sulle prime resto sconcertato.
I risultati delle analisi parlano chiaramente di DNA compatibile.
“Ma come è possibile?” chiedo leggendo la perizia “Lei ha ottant’anni!”
“Non ho mai detto” chiarisce Hijiri “che Maya e Chigusa Tsukikage siano madre e figlia.”
Guardo il mio collaboratore come se brancolassi nel buio.
Allora egli mi dice che ha trovato una cosa interessante e me la mostra.
“E’ una cornice funebre…” constato “Con il ritratto di una donna…giovane, credo.”
Hijiri afferma che si sta occupando personalmente di rielaborare l’immagine deteriorata.
Non comprendendo perché, con tanta solerzia, desideri recuperare una foto vecchia di vent’anni, gli chiedo dove ha trovato l’oggetto ed egli mi risponde che era nella soffitta della villa abbandonata.
“Molto interessante, ma potrebbe essere una qualsiasi attrice del teatro Gekko.”
“Forse,” mormora Hijiri “ma la foto, per quanto datata, è a colori e ciò significa che risale almeno a venti, trent’anni fa, quando il teatro Gekko non esisteva più.”
Sospiro profondamente.
“Pensi” gli propongo “sia il caso di andare a riempirsi di polvere insieme, domani mattina?”
Hijiri annuisce.
L’inchiesta deve restare segreta, non possiamo permettere che nulla trapeli, anche perché la presunta parentela che unisce Maya alla signora in nero potrebbe risultare infondata.
Mezz’ora dopo, quando sto per lasciare l’ufficio, Karato mi chiama dalla saletta privata per mostrarmi il frutto delle sue fatiche: è rimasto chiuso a lavorare diverse ore ed io sono ansioso di vedere che cosa è riuscito ad ottenere da una foto in condizioni precarie.
Il risultato è notevole: si tratta di una bella donna.
Non appariscente, ma piacevole, con lunghi capelli castani e gli occhi azzurri.
Il mio collaboratore mi chiede se noto qualcosa in particolare, ma io nego, anche se non posso negare abbia qualcosa di familiare.
Proprio mentre sta per ribattere, ricevo una chiamata di Liz, che mi comunica di aver visto Maya e Sakurakoji insieme al Queen’s.
Mi scuso con Hijiri e scappo via, preso dal panico.
Se il ragazzo l’ha invitata in un ristorante di lusso può essere solo per un motivo.
Testarda!
Non ha ancora rotto il fidanzamento.
Ma gliele chiarirò io le idee, questa volta!




Valzer.

Arrivo al ristorante e, come una furia, raggiungo il tavolo dei due piccioncini.
“Andiamo via” intimo a Maya prendendola per un polso.
“Signor Hayami…” ribatte ella debolmente.
“Signor Hayami un corno! Tu stai con me e questa storia, stasera, sarà chiara per tutti, soprattutto per te, Sakurakoji!”
Il giovane attore si alza dalla sedia con volto accigliato.
“Sta dando spettacolo…” sibila “deve essere ubriaco.”
Lo guardo sfidandolo apertamente:
“Masumi Hayami” dico “può permettersi di andare in società anche ubriaco e nessuno, men che mai tu, è legittimato ad esprimere commenti di sorta.”
Cerca di colpirmi, ma io, più rapido, lo afferro per un braccio e lo trascino fuori.
Questa scena l’abbiamo già recitata.
E’ quella che mi è venuta peggio, ché, pur avendo schivato ogni suo colpo, quella volta, egli è riuscito a prendersi ciò che è mio di diritto, ferendomi nel profondo.
Non potrò mai perdonargli di avere approfittato della debolezza di Maya, seducendola coi suoi modi da signorino beneducato.
“Masumi, smettila!” urla la ragazzina cercando di mettersi in mezzo.
Finisce per terra, strattonata malamente dal sottoscritto, impegnato a darle di santa ragione al mio rivale in amore.
E’ diventato più forte e qualche buon colpo lo incasso anche.
Ma sono io ad avere la meglio.
La mia sfuriata costa a Sakurakoji un vistoso livido nero intorno all’occhio destro e un labbro sanguinante, fors’anche un paio di costole incrinate.
“E adesso” dico col respiro mozzato dalla fatica “vuoi toglierti definitivamente dai piedi??!”
Chiama debolmente Maya, chiedendole cosa vuole che faccia. E’ disposto a continuare a lottare, ma solo se i suoi sentimenti sono sinceri.
“Non sono innamorata di te…” risponde lei “…eri a conoscenza di questo, ma, ciò nonostante…”
Sakurakoji si passa una mano fra i capelli e, andandosene, ci manda gentilmente al diavolo.
Porto Maya in macchina, fingendo di non avvertire i doloretti che la colluttazione mi ha lasciato addosso.
“Stasera sono stanco.” le dico “Di’ tu dove vuoi che ti porti, ma non voglio più sentir parlare di quel ragazzo.”
“Dove vuoi.” risponde ella vaga, guardando un punto indefinito al di fuori del finestrino.
Sorrido con bonaria ironia:
“Allora, andiamo a casa.”
Giungiamo a villa Hayami a notte inoltrata.
Accendo le luci del salone principale e ti chiedo se desideri che ti faccia preparare una stanza per te sola.
Non mi rispondi neppure e ti dirigi verso il pianoforte a coda sistemato accanto alla vetrata. Osservi con attenzione le foto racchiuse in preziose cornici d’argento ed io noto che, stasera, sei incredibilmente bella, nel tuo abito da sera blu.
Tiro un sospiro e mi verso da bere.
“Che bella donna.” dici rivolgendoti a me “E’ tua madre?”
Mentre mi mostri la foto ed io nego con un semplice cenno della testa, sento un gran senso di pace invadermi da capo a piedi.
Dèi! Non ho più bisogno di altro, adesso!
Trascorriamo svariati minuti l’uno nelle braccia dell’altra. Le sue sensazioni si fondono coi miei ricordi sfocati.
Per un attimo, ho la sensazione che la donna che stringo a me non sia neppure Maya e ne ho paura.



La verità bussa alla porta
(prima o poi, chiederà di uscire).

Non riesco a prendere sonno.
Preda di una strana, irrazionale angoscia, ho lasciato Maya a riposare in camera mia e sono ritornato nel salone.
La cornice che ella teneva in mano racchiude una foto “familiare”.
Erroneamente, Maya ha pensato fosse un ritratto di mia madre, ma non lo è.
E’ beffarda, la sensazione che provo.
Per tutta la vita ho avuto sott’occhio quel viso e non ho mai chiesto spiegazioni ad Eysuke.
Quante volte ho suonato Chopin e Mozart a quel pianoforte e quegli occhi azzurri hanno continuato a seguirmi condiscendenti, senza che io sapessi a chi appartenessero.
La spiegazione può essere solo una: sapevo chi è la donna della foto.
Lo sapevo.
Ma la familiarità è una cosa, la conoscenza è un’altra.
E provo sconcerto, quando, guardando bene quel volto, vi scorgo la stessa donna di cui mi ha parlato Hijiri.
“Masumi!”
Mi giro di scatto ed ho un sussulto mentre brividi freddi salgono lungo la schiena senza che io possa in alcun modo controllarli.
Che sguardo ha Maya?!
I suoi capelli lunghi, gli occhi scintillanti, la pelle chiara. Persino il tono di voce mi pare diverso.
“Mi hai spaventato…” dico passandomi una mano tra i capelli.
Ella si avvicina, prendendo il ritratto dalle mie mani.
“Ancora quella foto?” mi domanda sorridendo.
Devo avere la faccia stravolta quando le confesso che quella donna non so proprio chi sia, sebbene sia proprio <uguale> alla mia ragazzina!
“Ma cosa dici?” mi prende in giro “E’ troppo graziosa per somigliarmi. Io credevo fosse la signora Fujimura.”
Mi verso un po’ di caffè nella tazza, cercando di riprendermi dallo spavento. Ho le mani che mi tremano e, senza volerlo, ne verso un poco sul tavolino.
“Devo andare, scusami.” le dico in fretta “Ho un appuntamento importante con Hijiri. Non ci rivedremo prima di stasera.”
Mi blocca una mano chiedendomi di abbracciarla.
E’ invitante, ma devo andare.
Prima di uscire, passando per il salone, la scorgo seduta al piano, mentre abbozza una melodia.
“Ti troverò qui?” domando serio “Oppure devo venire a riprenderti alla panetteria Aoyagi?”
Mi guarda comprendendo in pieno l’espressione volutamente acida appena proferita.
“E’ questa, la mia casa, adesso.” mormora piano.

Hijiri mi aspetta davanti al cancello della villa abbandonata, puntuale come convenuto.
Mi saluta chiedendomi come sta Maya ed io, pur essendo preda di un’ansia strana, gli dico che va tutto benissimo, finalmente.
Karato sorride come se la felicità che mi tocca fosse anche la sua.
La sua devozione è commovente ed io sono grato agli dèi di avere un amico simile.
Saliamo fino alla soffitta.
C’è una confusione a dir poco esasperante.
Cosa potremmo trovare, anche dedicandoci un giorno intero, in quel marasma irrazionale?
Suggerisce di partire dal luogo del ritrovamento della foto, ma Hijiri obietta che era appesa alla parete.
Sospiro sconfitto, ma, prima ancora di metter mano al caos, intravedo un grande baule nero sotto l’abbaino.
Decidiamo di aprirlo, anche se non c’è chiave e saremo costretti a forzarlo. In maniche di camicia, Hijiri ed io lo portiamo al centro della stanza.
Ci sono delle iniziali dorate sul coperchio: C. T.
Saranno quelle di Chigusa Tsukikage, fuor di dubbio.
Con l’aiuto di un piede di porco - non senza fatica ché alcune parti marce hanno finito per sigillare l’apertura – riusciamo nell’intento.
Non c’è nulla di particolare, penso subito, affondando con un certo ribrezzo la mano per scostare delicatamente i vecchi abiti e cercare indizi concreti più in fondo.
“Si è accorto” dice Hijiri “che sono i costumi di scena de La dèa scarlatta?”
Paleso perplessità, essendo convinto che ogni attrezzatura appartenuta alla signora in nero durante il periodo in cui si esibiva al Gekko si trovino nella saletta privata della stanza di Eysuke.
“Eppure,” continua il mio uomo di fiducia “non sembrano esserci dubbi. Guardi i ricami sul velo da sposa. Fiori scarlatti si susino!”
Annuisco stranito.
Deponiamo le vesti sul pavimento e scorgiamo qualcosa di interessante: un album e, forse, un vecchio diario.
Ci siamo!
Io e Hijiri ci guardiamo complici negli occhi.
Comincio dalle foto, mentre il mio amico opta per il quaderno.
Sulla copertina dell’album ci sono le stesse iniziali del baule.
All’interno, una dedica: alla signora in nero, con amore, C.
“Cosa significherà?” mi domanda Hijiri.
Le iniziali di Oozachi sono diverse.
Magari, azzardo io, nel passato della Tsukikage c’è qualcuno che, non desiderando nuocerle, è rimasto anonimo.
Hijiri ride, dicendomi che quella è la mia storia ed io, appurando che è vero, sorrido a mia volta.
“Avremmo dovuto chiedere il permesso alla signora.” dice Hijiri all’improvviso, ispezionando con cura l’esterno del vecchio diario, che reca anch’esso le iniziali C. T.
“E, secondo te,” ribatto io “ci avrebbe risposto?”
Karato mi guarda non del tutto convinto.
“E, poi,” aggiungo “quel che riguarda Maya è affar mio e non devo render conto a nessuno!”
Di primo acchito, mi pare di sfogliare un album di foto di scena. Trovo un’istantanea con la Tsukikage che, sul palcoscenico, istruisce una giovane donna, purtroppo di spalle.
A giudicare dagli abiti, mi pare che la ragazza stia impersonando Akoya.
“Impossibile…” dice Hijiri “…nessuno spettacolo teatrale de La dèa scarlatta è stato in cartellone se non quelli della stessa Tsukikage, di Maya e di Ayumi Himekawa!”
Ne deduco che la signora abbia provato ad istruire qualche sua allieva nel ruolo della dèa.
In fondo, all’epoca in cui conobbe Maya, non era nuova a simili esperimenti.
E tutti erano, per qualche motivo, falliti.
Questa attrice, però, doveva essere particolarmente vicina alla vecchia signora. Le ha fatto dono delle sue foto di scena, le ha scritto una dedica amorevole.
“Guardi,” dice Hijiri “questa ragazza è quella della mia rielaborazione!”
Mi alzo dal parquet in preda al panico.
Non è possibile, non quella donna!
“Perché è così scettico?” mi domanda Hijiri.
“Perché” dico di rimando “mi chiedi perché? Ma non noti che è uguale a Maya!”
Il mio collaboratore resta senza fiato.
Hijiri apre il diario.
Altre vecchie foto emergono dalle pagine ingiallite.
C’è una bambina piccola in braccio a Genzo e, poi, una foto da cornice con la signora Tsukikage e una ragazzina di dieci anni circa accanto.
Troviamo un appunto interessante:
“Oggi Chira ha indossato per la prima volta il costume di scena di Akoya. Nonostante sia appesantita, le sta d’incanto.”
“E’ solo un biglietto e la grafia è diversa da quella del diario.” dice Hijiri, continuando a sfogliare il quaderno “Però Chira inizia per C, come Chigusa e Chizu”
La donna defunta della foto - quella che somiglia a Maya - si chiama Chira e, presumibilmente, potrebbe avere le iniziali della Tsukikage.
Hijiri mi invita ad osservare l’ultima data del diario che reca annotazioni ed io mi sento svenire.
E’ il giorno in cui è nata Maya.
Quando lasciamo la villa è sera inoltrata.
Siamo distrutti dalla stanchezza.
Hijiri si è portato dietro l’album e il diario, mentre io, per quanto inquieto, ho l’unico desiderio di stringermi al petto la ragazzina e tornare ad amarla.





L’edera sulla lapide cela destini infelici.
Sono tornato a casa, ma Maya non c’è.
Sul biglietto che mi ha lasciato, dice che, facendo sicuramente tardi a causa delle prove, preferisce dormire alla panetteria.
Paleso delusione, ma, forse, questo tempo morto non andrà sprecato. Ora che sono solo, potrò spulciare indisturbato tra le carte private di mio padre, andare alla ricerca di eventuali indizi.
Comincio col tirar fuori la foto di Chira dalla cornice e trovo una interessante dedica per Eysuke:
“Da parte di C. T., con affetto e gratitudine.”
La donna che somiglia a Maya, evidentemente, non ha odiato mio padre quanto la signora Tsukikage ed è legata ad entrambi.

Ma in che modo?

Vado nella stanza di Eysuke con passo veloce.
Non ci metto piede da un anno.
E nella saletta privata - quella specie di museo noir con gli oggetti appartenuti alla signora in nero - non entro da quando di anni ne avevo tredici.

Un ricordo indelebile.

Guardo dentro i cassetti dello scrittoio, alla ricerca di qualsiasi oggetto possa aiutarmi a sciogliere questo enigma che cambierebbe per sempre la vita di Maya e la sua visione distorta delle cose.
Mio padre non teneva un diario, ma conservava un organizer accurato per ogni anno commerciale.
Ci scriveva di tutto, dagli appuntamenti di lavoro agli incontri galanti.
Prendo senza chiedermi perché il volume relativo all’anno in cui è nata Maya. La data, quella del 24 agosto, non reca annotazioni particolari.
Però, il mese successivo, quello di settembre, riporta l’ora di un appuntamento con Chira.
Tiro un sospiro di sollievo, pensando che il diario della donna, interrotto in quella data così particolare, non è associabile alla sua morte.
Poi, nel mese di dicembre, trovo, in una postilla scritta a caratteri minuscoli, un codice bancario.
Verifico on line se quel conto è ancora attivo e, con mio grande stupore, scopro che è intestato a mio padre, ma il beneficiario è anonimo.
Seguendo gli organizer, constato che i rapporti con Chira si interrompono misteriosamente il giorno del terzo compleanno di Maya. Disseccato, tra le pagine ingiallite, c’è un fiore di susino scarlatto.
Ho un sussulto.
Penso automaticamente che la donna sia morta quel giorno.
Nel frattempo, è arrivata l’alba.
Oggi è il giorno in cui si commemorano i defunti e, per quanto sia ancora presto, mi preparo per andare al cimitero.
Eysuke è morto già da un mese e la mia vita, da quel giorno, è in continuo fermento.
Vorrei che Maya venisse con me, ma preferisco non disturbarla. Il prossimo spettacolo sarà impegnativo, per lei, che vestirà i panni di Aida.
E, comunque, le mie indagini, finché non arriveranno a verità, dovranno restare segrete.
Cammino nella luce delle prime ore del mattino, appena accennata a causa di una copertura nuvolosa che non presagisce nulla di buono.
Arrivo al simulacro di famiglia e comincio ad accendere l’incenso, a sistemare i fiori freschi, a liberare i marmi dalle foglie secche.
Tolgo con fatica l’edera rampicante che cresce su una lapide vicina e rischia di coprire la foto di mia madre.
Quel che vedono i miei occhi, in quel momento, mi sconvolge, ché le ceneri della donna seppellita sotto questa lapide abbandonata non possono che essere di Chira!
Lei!
E’ la stessa foto che mio padre ha sistemato sul piano!
La stessa che Hijiri ha rielaborato!
Riposa accanto alla tomba degli Hayami, accanto a mio padre!
Che legame può mai avere con lui?
Le ha addirittura intestato un conto, la vedeva a cadenza mensile e, poi, cosa ha a che fare tutto questo con la nascita di Maya?
Se lei è la sua vera madre, come è morta? Chi è suo padre?
Nel groviglio degli eventi senza senso, trovo una sola certezza, che, in un certo senso, mi conforta: Eysuke era completamente sterile, quindi Chira non poteva essere sua figlia carnale.
Lascio il cimitero e chiamo Hijiri per domandargli se ha scoperto qualcosa.
Non risponde al telefono e la cosa mi inquieta.
Poi, prima di entrare in macchina, da lontano, vedo arrivare Genzo col secchio delle abluzioni e ramoscelli con fiori di susino non schiusi in mano.
Decido di seguirlo in incognito.
So già dove andrà.
Quando arriva davanti al simulacro di Chira, lo vedo palesemente impallidire.
Si guarda intorno come se lo braccassero, gli cade il secchio.
Decido di palesarmi ed egli si piega sulle ginocchia.
“Che cosa ci fa qui?” mi domanda con voce tremante.
“Ugualmente,” dico di rimando “potrei chiederlo a lei, visto che si trova nella parte del cimitero riservata alla mia famiglia.”
Genzo sorride debolmente.
Ha portato dei fiori per mio padre, si giustifica, ma io so che non è così.
“Lei conosce, Genzo-san, la donna che giace laggiù, accanto a mia madre?”
Egli nega con tutto il peso della testa, mentendo con evidenza.
“Non conosco nessuno!” urla “Sono qui per commemorare suo padre!”
La mia conversazione col vecchio domestico è interrotta dallo squillo del telefono.
E’ la linea di Hijiri e tiro un sospiro di sollievo.
“Dove diavolo sei stato?” chiedo ansioso.
Mi risponde che è tornato alla villa per verificare delle cose, ma il suo tono è decisamente mogio.
“Signor Hayami,” dice “mi raggiunga, la prego.”




Deja-vu o sogno?

Entro nella grande casa come una furia, sbattendo il portone e chiamando il mio collaboratore a squarciagola.
Mi risponde che è in soffitta e lo raggiungo in un attimo.
Gli racconto di avere scoperto dove si trova la tomba della donna misteriosa e di avere incontrato Genzo: sono convinto che egli conosca la verità.
Ma Hijiri non reagisce come pensavo.
“Allora?” esordisco ansioso di sapere “Cosa ti ha turbato al punto di non rispondere neppure alle mie chiamate?”
Mi mostra la foto di una bimba, di tre anni al massimo, molto minuta, e mi dice che gli ricorda qualcosa.
“Che cosa?” chiedo con crescente stupore.
Mi guarda con volto indifeso:
“E’ mia sorella…” confessa “…io ho questa stessa foto, tutto ciò che mi resta della mia famiglia.”
Sento un peso improvviso all’altezza del cuore.
“Non ci capisco più nulla.” dico passandomi una mano fra i capelli.
Un tuono squarcia il buio quieto e silenzioso di questa strana mattina.
E dopo la deflagrazione arriva anche una voce cristallina, che sembra ricordarmi quella di una fanciulla ancora piccola.
“Masumi, Masumi!”
“E’ Maya!” dice Hijiri “Cosa fa qui?”
Non me lo aspettavo neanche io e, mentre le vado incontro, chiedo al mio amico di starsene chiuso in soffitta.
Scendo dabbasso, ma non trovo nessuno.
Guardo il ritratto della signora in nero appeso alla parete e sento una morsa di angoscia all’altezza del petto.
“Maya!” chiamo “Dove diavolo sei finita?!”
Dopo un attimo di silenzio sento lei che urla:
“Sono nella mia stanza!”
“Dove?” chiedo di rimando.
“Al piano di sopra, in fondo al corridoio con la finestra all’inglese!”
Mentre rifaccio le scale, col passo incerto e una sorta di orrore negli occhi, ho la netta sensazione di farmela davvero sotto.
Sembra che questa casa sia popolata di spiriti inquieti e che io sia lì per turbare equilibri faticosamente conquistati.
Apro la porta della camera e trovo Maya con in mano una bambola di pezza.
Tiro un sospiro di sollievo:
“E’ qui che dormivi quando eri a convitto dalla signora Tsukikage?”
“Ma no,” risponde lei “io stavo nel dormitorio con le altre attrici”
“E allora perché mi hai detto che eri nella tua stanza?!”
Ella si ferma a riflettere.
Dice che non sa come, ma, automaticamente, mossa dal semplice desiderio di vedere qualcosa che non visitava da tempo, ha cercato questa stanza.
Ed ha trovato quel che voleva!
Mi copro gli occhi con una mano, lasciandomi andare stancamente sul letto.
Per la ragazzina seguire l’istinto è normale.
Irrazionale com’è, non se ne chiede neppure spiegazione.
Lei agisce e basta.
Arriva una mail di Hijiri sul portatile: scrive che sta correndo all’anagrafe.
“Masumi,” dice Maya all’improvviso “siamo soli, vero?”
Annuisco guardandola negli occhi.
“E’ strano” continua “che io conosca qualcosa che non ho mai visto. Trovo una bambola vecchia e penso che sia mia.”
Mi alzo sui gomiti e le chiedo di avvicinarsi.
“Sei una ragazza strana,” affermo con tono scherzoso “ma io sono avvezzo alla tua particolarità”
Mi si butta tra le braccia e mi bacia con passione.
Rispondo senza remore, come sempre.
Mi è impossibile resistere ad un simile invito.
“Masumi,” mormora titubante “devo dirti una cosa…”
Si è come rannicchiata a ridosso del mio petto, la sento tremare.
“Cosa?” chiedo debolmente.
“Ho saltato il ciclo.” confessa.
Sento la stanchezza lasciarmi all’improvviso, mi metto a sedere sul letto.
“Era prevedibile…” dico “vista l’incoscienza con cui ci siamo amati ultimamente.”
Maya mi guarda perplessa ed io capisco che non era la risposta che si aspettava.
“Non sei felice?” mi domanda.
“E’ una certezza?” le domando a mia volta.
Ella mi dice di non sapere nulla di preciso ed io, allora, rimando malamente le congratulazioni a data da destinarsi.

Perché sono così freddo?

La storia della presunta madre di Maya e del suo legame con Eysuke mi priva della serenità a tal punto da non riuscire ad apprezzare un evento di tale portata?

Eppure potrebbe essere un figlio.
Un figlio mio, di Masumi Hayami!
“Non voglio illudermi, tutto qui.” cerco di giustificarmi.
Ma neppure io riesco a giustificare me stesso, come pretendere che lo faccia lei?
Mi alzo dal letto e le dico che devo tornare con urgenza in ufficio, ma che provvederò affinché, già in mattinata, faccia un serio test di gravidanza in clinica.
Ella annuisce mogia e riprende in mano la bambola.





La verità affiora piano.

C’è Hijiri ad attendermi in ufficio.
“Non so ancora” chiarisce subito “perché la foto di mia sorella si trovasse dentro l’album di Chira, ma su Maya ho avuto conferma di qualcosa che sospettavo da tempo.”
Depone un certificato di adozione sul tavolo.

Adottata!

Secondo quel documento, Maya sarebbe stata adottata il giorno del suo terzo compleanno da Tochiro e Haru Kitajima.
Hijiri mi chiede di leggere un altro foglio.
“Maya non è figlia di ignoti.” preannuncia “Abbiamo il nome della madre. Vuole sapere qual è?”
“Chira?” chiedo pur sapendo di avere carpito la verità.
Hijiri annuisce.
Gli chiedo del cognome, ma il documento reca solo l’iniziale: “T”.
“Accidenti…” sbraito “allora questa Chira era una figlia illegittima. Che mi dici del padre presunto di Maya?”
Hijiri sospira.
“Pare che dieci anni fa ci sia stato un incendio e che l’archivio anagrafico abbia subito perdite ingenti di informazioni. E, per ironia della sorte, sono andate perdute tutte le dichiarazioni riguardanti il padre, che, però, secondo l’addetto, ha sposato regolarmente Chira.”
“Come può esserne certo?”
“E’ sull’atto di nascita. Se Maya, come sua madre, fosse stata un’illegittima, l’ufficio avrebbe omesso entrambi i nomi dei genitori.
Mi accendo una sigaretta visibilmente scosso.
“E di questa Chira” torno a chiedere “hai trovato qualcosa?”
Hijiri nega col capo.
Picchietto con la penna sul tavolo, guardando attentamente il certificato di nascita di Maya.
Decido di andare a parlare con la signora Tsukikage ed Hijiri si offre di accompagnarmi.
“In qualche modo,” mi dice “sono legato a questa faccenda anch’io. La prego gentilmente di portarmi con sé”
Annuisco poggiandogli una mano sulla spalla e ci avviamo all’Actor’s Studio.




L’amore colpevole.

Troviamo l’anziana attrice seduta in giardino, intenta a leggere.
Genzo, poco lontano, pota una pianta di geranio senza perderla di vista un attimo.
La sua devozione è straordinaria. Ama la Tsukikage da sempre, è ovvio, ma dubito abbiano mai avuto rapporti carnali.
Mi siedo accanto alla donna e, senza tergiversare, vado subito al dunque, narrando la storia dall’inizio.
Hijiri è in piedi accanto a me, teso come una corda di violino.
“Dunque,” racconto “le risparmio il motivo – che lei riterrà del tutto aleatorio – che mi ha spinto a cercare informazioni sulle origini di Maya. Ho trovato una cornice funebre nella soffitta della sua vecchia casa. La foto, martoriata in più punti, è stata rimessa abilmente in sesto dal mio collaboratore. La stessa foto, per qualche strano motivo, si trova sul pianoforte a coda di Villa Hayami, bellamente incorniciata e con tanto di dedica affettuosa ad Eysuke. Soprassiedo su come, in certi momenti, l’immagine di quella donna di nome Chira T. mi rimandi, per qualche arcano motivo, a Maya. Hanno occhi di ugual colore. Forse la differenza d’altezza è rilevante, ma hanno il medesimo volto. Nella stessa soffitta ritroviamo, all’interno di un baule con le sue iniziali - che sono anche quelle della donna misteriosa - un costume di scena della dèa scarlatta, un diario e un album di foto. Su questo c’è una dedica per lei, signora, sempre da parte di Chira T. Lei ha cresciuto questa bambina, come attestano le numerose foto, e l’ha addirittura istruita ne La dèa scarlatta. Non solo: ella incontra regolarmente ogni mese mio padre, che le ha intestato un conto in banca e, presumibilmente, ha dato disposizione affinché il mausoleo funebre degli Hayami sorgesse accanto alla tomba di Chira. Oggi, dopo varie peripezie, ho scoperto che Maya è stata adottata dai suoi genitori a tre anni di età e che la sua vera madre è proprio Chira, mentre nulla si sa del padre.”
Mi fermo per ascoltare la replica della signora Tsukikage. Ella sospira, ma appare visibilmente scossa.
“Maya è…la figlia di Chira?” mi domanda.
Appoggia la schiena alla sedia come se le forze la stessero abbandonando. Genzo corre verso di lei, chiedendole se ha bisogno di qualcosa.
“Io non sapevo,” dice l’attrice “non potevo sapere che la figlia di Chira fosse Maya. Pensavo fossero morte insieme!”
Singhiozza piano.
Genzo, stravolto, le aggiusta lo scialle.
“Maya è sua nipote…” ripete “E’ incredibile”
“Eppure tutto, il suo talento straordinario, la sua sensibilità, i suoi occhi, tutto la accomuna a Chira! Ho affidato La dèa scarlatta al mio stesso sangue ed io non lo sapevo.”
Sospiro, passandomi una mano sul viso.
“Chira, sua figlia,” continuo “è figlia di Ichiren Oozachi, è così?”
La signora Tsukikage mi guarda con semplicità:
“Lo ha dedotto dal nome, che rimanda tanto al suo quanto al mio?”
Annuisco.
“E del padre di Maya cosa mi dice?” chiedo stancamente dopo un momento interminabile di pausa.
“E’ morto, quel cane, che il diavolo se lo porti!” afferma la donna con rabbia evidente.
Chiedo spiegazioni.
“Era un commercialista squattrinato, lavorava per una multinazionale del settore petrolifero. Mia figlia lo amava perdutamente. Ebbero un primo figlio fuori del matrimonio, quando Chira non aveva ancora sedici anni. Poi, quand’egli fece carriera, si sposarono e, dopo qualche anno, nacque Maya…Chira, nel frattempo, continuava a studiare per diventare attrice. Speravo di farla debuttare con l’opera di suo padre. Ci vedevamo di nascosto e senza i bambini, ché quel maledetto le negava di avere contatti con me.”
“Che cosa è accaduto?” chiede Hijiri pallido in volto.
La signora Tsukikage racconta che, in seguito al fallimento della società in cui il marito di Chira lavorava, egli si suicidò con tutta la famiglia.
“Quel bastardo” mormora la Tsukikage “mi ha privato di tutto ciò che mi legava fisicamente al mio Ichiren. Nessuno scampò a quell’abominio. Non la mia preziosa figlia, non mio nipote e, fino a qualche attimo fa, pensavo lo stesso di Maya.”
Vedo Hijiri piangere silenziosamente.
“Signora,” dice “quell’uomo non è morto in seguito alla fuga di gas da lui stesso provocata. E’ vissuto molto a lungo, suo malgrado, e anche suo figlio...”
La signora Tsukikage si porta una mano al cuore ed anche io rimango sconvolto: Karato Hijiri è il figlio maggiore di Chira!
Il mio collaboratore racconta la sua storia e poi spiega anche che, occupandosi per mio conto di Maya, aveva sviluppato per lei un affetto che va al di là della semplice simpatia fra conoscenti. Ella era la stessa bambina che giocava sulle sue ginocchia ossute. Dividevano il futon, costruivano insieme bambole di carta.

Sua sorella!

Poi accenna a Eysuke, al fatto che, con abnegazione, si fosse occupato di suo padre e di lui, proteggendoli dallo scandalo. Probabilmente, lo stesso incendio all’anagrafe è stato indotto da lui.
“Hayami” dice la signora in nero “amava molto mia figlia Chira ed era ricambiato. Tanto spregevole fu con me quanto amorevole fu con lei. Io non sopportavo che mia figlia passasse del tempo con lui, ma non potevo impedirglielo. Arrivai a pensare che, dietro l’intenzione di sposarsi con quell’uomo di bassa lega, ci fosse proprio Eysuke!”
Si alza dalla sedia e, con passo lento, va ad abbracciare Hijiri, che, credo, non si capaciti ancora di aver ritrovato la sua famiglia!

Continua…

Si tratta di una raccolta, Flo e va tutta sotto l'unico nome di A Scarlet Rose...ma non tutto posterò...
 
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