Murasaki no Bara no Yume  - Glass no Kamen  * Il Grande Sogno di Maya * Anime, Manga, Drama, World e Fanwork

A Scarlet Rose (II Version)

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LauraHeller
view post Posted on 6/1/2014, 17:32 by: LauraHeller
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Capitolo cinque



I giorni passavano lenti, a Nara.
C’è una quieta armonia nello scorrere monotono del quotidiano. La noia è figlia indiscussa dell’insoddisfazione e, di certo, Akoya ed Isshin non ne soffrivano.
Rubavano alla clessidra che, impietosa, si svuotava istanti preziosi e null’altro chiedevano se non di vivere come stavano facendo, circondati dalla natura amica, complici del loro stesso amore.
Senza sapere perché, una mattina Isshin riprese in mano i suoi arnesi: il portale del tempio in cui viveva era rovinato in più punti ed era suo desiderio compiacere la sua donna in ogni modo possibile.
Scalpello alla mano, prese ad eliminare le increspature dovute alle intemperie e al clima sostanzialmente rigido della regione.
Akoya fu deliziata di quell’inatteso regalo.
“Sì,” gli disse abbracciandolo “senza dubbio, questa è l’arte tua. Ed anche la garanzia che non sei stato un disgraziato, bensì un artista di grande valore.”
“Sto solo eliminando qualche crepa e dando una mano di carta vetrata.” Mormorò Isshin senza distogliere lo sguardo dal lavoro “Saper maneggiare qualche attrezzo non mi mette in salvo da quella possibilità.”
Si fermò, ripensando al brigante con cui aveva conversato tempo prima.
Pian piano la memoria stava tornando, ma si guardava ancora dal dirlo alla compagna: non che rammentasse nomi o circostanze. A <stuzzicarlo> erano, piuttosto, scorci di dialoghi e tutti avevano come tema lo spirito, gli dèi, l’indole degli uomini.
Le stesse cose di cui, in pratica, parlava con la stessa Akoya dal momento in cui aveva messo piede nella Valle sacra.
“Sai, ad essere onesto, non vedo più in modo <manicheo> il mondo.”
Akoya tacque: da persona innamorata qual era, pendeva letteralmente dalla sue labbra.
“Già prima di venire qui. Prima di conversare con te e di scoprire il lato bello dell’umanità, ho iniziato come una sorta di percorso…Non che ricordi qualcosa di particolare, ma, oggi, ne sono persuaso. Prima di arrivare quassù, dovevo fare qualcosa. O stavo cercando qualcosa.”
Poiché era chino sulla sua cassetta degli attrezzi, non s’avvide dello sguardo un po’ confuso e pallido della giovane donna.
“Credo che la personalità degli uomini sia più varia di quanto non abbia voluto ammettere sino ad ora. Il fatto che esista la superstizione fa pensare che gli uomini ignoranti – la maggioranza, purtroppo – siano tutti uguali, ma non è così. Sono stato troppo duro sinora.”
“Mi fa piacere.” Mormorò Akoya come fosse morta “Era ora che smettessi di emettere ingiusti giudizi, mio caro.”
“Sì,” proseguì Isshin “avevo iniziato un percorso di vita, ma tu mi hai aperto gli occhi.”
“Sono solo una ragazza innamorata.” Sorrise l’altra “Si dice che, quando si ama, tutto il mondo appare diverso, più bello, più positivo.”
“Sei la persona più misteriosa che abbia mai conosciuto.” La lodò lo scultore “Ogni tanto, quando vieni a trovarmi, mi piace spiarti.”
“Mi spii?” si stupì ella “Che bisogno hai di spiarmi? Mi sono mai nascosta ai tuoi occhi?”
“No.” Fece Isshin col capo “Ti ho veduta bene. Conosco di te ogni parte, ma adoro anche <coglierti> in momenti solo tuoi.”
Il cuore di Akoya prese a battere all’impazzata, mentre, con viso arrossato, gli chiedeva implicitamente di spiegare quel pensiero.
Anche lo scultore si fece paonazzo:
“Ad esempio, mentre ieri spazzavi le foglie cadute, hai appoggiato la mano a quel vecchio acero laggiù: hai sorriso e mormorato qualcosa.”
La ragazza sorrise.
“Stavo solo assicurandomi che stesse bene.” Spiegò “L’anno scorso, un contadino voleva tagliarlo. Diceva che era malato e che avrebbe contaminato anche gli alberi vicini.”
Isshin trasecolò:
“E…tu lo hai impedito? Come hai fatto?”
“Al villaggio si stupiscono come te!” rise la giovane donna “Ma per me è naturale come l’aria che respiro: mi riferisco al conversare con gli alberi, con le piante. L’acero era stato attaccato da un parassita, ma io l’ho curato.”
“In che modo?” chiese sempre più stupito lo scultore.
“Quando siamo chiamati a curare gli uomini o gli animali, usiamo rimedi della natura e il nostro amore. Di cos’altro avrebbe avuto bisogno questo vecchio acero?”
“Non saprei.” Rispose l’altro “Di certo, io non ho la tua capacità di conversare o di…amare ciò che è inanimato.”
“Un albero non è diverso da un animale.” Disse Akoya saggiamente.
Lo invitò, quindi, a porre la sua mano sul fusto nodoso di un alberello di fianco all’ingresso del tempio.
“Cosa senti?” gli domandò sorridente.
Isshin levò le spalle:
“Calore, benevolenza…”
La fissò malizioso.
“Sto andando bene, amor mio?”
“Benissimo.” Fu il commento di lei, che cercò le sue labbra e ne ottenne un bacio pieno di affettuosa complicità.

Maya e Yuu si staccarono l’uno dall’altra, quindi si levò un applauso da parte dei compagni di lavoro, unanimi nel ritenere la loro messa in scena di buona qualità.
Kuronuma, come di solito accadeva quand’era soddisfatto, si grattava la testa imbarazzato.
Chiamò a raccolta i due prim’attori e congedò, nel mentre, gli altri.
“Sono le undici di sera.” Esordì “Tra due settimane ci sarà la prima e voi due state lavorando bene a dispetto di tutto. Alla fine, persino il tuo incidente si è rivelato provvidenziale, ragazzo.”
E fissò le stampelle cui ancora Sakurakoji si reggeva.
“Mi toglieranno il gesso lunedì prossimo.” Spiegò serio “Finalmente, anche io potrò dare il meglio di me.”
Il regista sollevò le spalle, domandando a Maya di lasciarli soli.
Quando la ragazza fu fuori dalla loro portata, si fece altrettanto serio, quasi duro.
“Spero che, insieme al gesso, ti sarai anche tolto dal cuore i sentimenti vergognosi che provi. Che quella ragazza non merita.” Sentenziò come non aveva mai fatto.
“Lei non può capire.” Si difese subito Yuu “Amo Maya da quand’ero un ragazzino delle medie. E…”
“E non tolleri che lei rivolga il suo cuore a un altro?” chiese Kuronuma accendendosi una sigaretta “Una persona che sia incapace di rassegnarsi non è sana.”
“Non tollero?” ripeté il giovane “Non è esattamente così: io non posso perdonare di averla lasciata andare quando sapevo che provava qualcosa per me. Era solo l’inizio, certo, ma ho messo l’oceano tra noi, nel momento in cui, per dimenticarla o per avere semplicemente successo, sono partito per gli Stati Uniti.”
Strinse i pugni dolorosamente:
“E…saperla finita nelle mani di quell’essere è quanto mi disgusta di più. Come è potuto accadere? Quando ha iniziato a nutrire per Hayami sentimenti d’amore? Lui è un assassino! Un uomo che ha sempre usato il prossimo per raggiungere i suoi squallidi fini! E Maya gli ha ceduto! Ha passato la notte con lui!”
Kuronuma emise una nuvola di fumo sopra di lui.
“E’ meno peggio di quanto tu non creda.” Disse calmo.
Il viso di Sakurakoji si fece interrogativo.
“Sì.” Riprese il regista “So che non è la persona squallida che in tanti additano. Ha fatto molto per quella ragazza ed io stesso gli sono grato per avermi offerto un rilancio. Non scenderò nei dettagli, ma volevo lo sapessi.”
“Che cosa avrebbe fatto per Maya?” domandò arrabbiatissimo il giovane attore.
Ma mentre formulava il quesito, la risposta, terribile, gli si insinuava nella mente in forma di tarlo altrettanto inaccettabile.
“Non me lo dica, la prego.” Masticò.
“Non ho prove a riguardo.” Disse il signor Kuronuma “Ma a me sembra piuttosto ovvio: dopo la crociera, non ho quasi più dubbi. Chi altri, a parte la persona che l’ha più presa in giro e ostacolata, può essere il donatore di rose scarlatte?”
“E’ allucinante…” prese a dire Yuu andando avanti e indietro per il palcoscenico.
Adesso, anche il rumore delle stampelle gli procurava noia.
“E’ impossibile: mi rifiuto di credere che sia il donatore di rose! Che gran bastardo! Che bruci all’inferno! Non è degno di lei: perché l’avrebbe sostenuta nel segreto, nascondendo il suo cuore, se, poi, si è fidanzato con un’altra donna?”
“Una donna che, forse, non potrà più sposare.” Fece titubante il regista.
Il cuore di Yuu perse colpi, ma tutto, ora, gli appariva dolorosamente chiaro:
“Cosa ha detto?...”


La nonna interruppe la loro conversazione facendo la sua apparizione da dietro un grande roveto:
“Sei qui, come temevo! Ti avevo avvertita: quest’uomo è messaggero di qualche spirito maligno! Non solo ti ha sedotto in modo scandaloso, ma ha causato sventura su sventura. Dacché ho fiato, mai, <mai> avevo veduto le guardie dell’imperatore varcare le soglie del villaggio! Stanno cercando qualcuno ed io non ho dubbi su chi sia quel qualcuno.”
Akoya ebbe un tuffo al cuore.
“Perché e chi cercano?” chiese Isshin levandosi in piedi e avanzando verso l’anziana.
Il suo volto era serissimo, gli occhi azzurri ridotti a fessure.
“Un artigiano di nome Isshin è colui che cercano. Un vile che ha rinunciato a scolpire una statua divina per empietà!” Spiegò la nonna.
“Non so come mi chiamo.” Mormorò lo scultore “Ma so maneggiare gli scalpelli, questo è certo. Essi conoscono il viso di quest’uomo? Perché, se è così, non ho nessun problema a palesarmi anche subito.”
Sia Akoya che la sua parente tacquero sconcertate.
“L’accusa di empietà è molto grave.” Iniziò piano la fanciulla “So che sei un uomo dabbene, mio caro, ma gli uomini a volte…”
“Non ho paura di essi.” Dichiarò perentorio Isshin “E tu, amor mio, sai che è giusto che io mi palesi.”
Lasciata la scatola con gli scalpelli aperta, ma al riparo sotto la tettoia, seguì la nonna.
Il suo viso, mentre incedeva, era terreo: non aveva paura di morire.
Altro lo teneva col fiato sospeso ed era <sentire> lo sguardo terrorizzato di Akoya sulla sua schiena. Tutto percepiva di essa: era l’amore di anime a metterli in reciproca comunicazione.
E, così, l’inquietudine di lei diventava anche la sua.
Al Villaggio, le guardie dell’imperatore lo circondarono immediatamente.
“Non so chi stiate cercando.” Disse Isshin fermo “Ho perduto la memoria e…”
Kusunoki, a capo della guarnigione, avanzò per meglio guardarlo in viso. Non appena ebbe incrociato i suoi occhi, non ebbe più dubbi.
Lo scultore, intelligente com’era, comprese di essere il <ricercato>.
Deglutì, sentendosi morire dentro.
“Vuole che lo mettiamo in catene?” chiese spazientita una delle guardie più prossime a Kusunoki.
“Aspetta.” Ridacchiò quest’ultimo “Non sono persuaso che si tratti della persona che cerchiamo.”
“Ma gli occhi azzurri coincidono!” sbottò l’altro “Quanti giapponesi con occhi simili ci sono, in giro?”
“Sei un facilone.” L’interruppe il generale “Non voglio rischiare di irritare ancor di più tirando in ballo un qualsiasi individuo. Sei uno scultore, tu?”
E si rivolse di nuovo ad Isshin, che sentiva la mano di Akoya intorno al suo braccio teso:
“Le ho già detto che non rammento nulla del mio passato.”
“Che cosa volete fare allo scultore, quando lo troverete?” si arrischiò a chiedere la sua giovane compagna.
Kusunoki la guardò dall’alto in basso, provando un sottile turbamento.
“Non intendiamo ucciderlo.” Rispose “Semplicemente, l’imperatore ci ha chiesto di cercarlo per ricondurlo in città. Ha una missione da portare a termine.”
“E possiamo sapere di che si tratta?” si intromise malevolmente curiosa la nonna.
“Scolpire una statua della dèa.” Rispose senza indugio il generale.
“La dèa…” ripeté l’anziana come folgorata.
E si rivolse ad Akoya.
Isshin seguì quello scambio di battute con ansia crescente.

Maya andò incontro a Karato Hijiri con passo svelto.
“Come sta, signorina?” le chiese quest’ultimo consegnando tra le sue mani un piccolo bouquet di rose scarlatte.
Ella rimase ferma, nessun sorriso sulle labbra.
Era ovvio che cercasse una risposta precisa. Il collaboratore di Masumi comprese subito il perché dell’espressione al limite del corrucciato e sorrise:
“Il biglietto contenuto all’interno le svelerà un piccolo segreto.”
L’attrice, allora, con mani tremanti, mise mano all’interno del bouquet e trasse l’agognata <risposta>.
“Mi permette, signor Hijiri?” chiese emozionata.
“Naturalmente.” Rispose l’uomo soddisfatto.
Vedere Maya finalmente allegra era quanto recava sollievo al suo cuore in ansia.
Stava male tanto per Masumi quanto per la sua protetta: il suo superiore aveva accettato di incontrarla ad Izu, ma non era certo che avesse davvero deciso per il suo futuro.
Hayami appariva tutt’altro che convinto e il pensiero di Shiori gravemente ammalata costituiva un’incognita davvero oscura.
Maya Kitajima balzò letteralmente in aria, abbracciando il collaboratore ombra con foga.
Dunque, era deciso.
Anche la data, ben evidenziata sul biglietto, non lasciava dubbio alcuno.
“Sabato prossimo.” Disse emozionata “E sarà lei a venirmi a prendere, caro amico?”
Karato scosse la testa:
“Non mi chieda di arrivare a tanto. Ho del lavoro da sbrigare e, inoltre, non sono neppure convinto che il donatore di rose mi voglia nei paraggi.”
Maya divenne rossa sino alle orecchie.
“Sabato.” Pensò tra sé “Non si torna più indietro. Saremo onestamente l’uno davanti all’altra e faremo quel passo che non abbiamo avuto il coraggio di compiere sulla nave. Il signor Hayami si presenterà a me come il donatore di rose scarlatte.”
“Lei prenderà il treno alle quattro e tre quarti dalla stazione centrale di Tokyo.” Riferì professionalmente Hijiri “Giunta a destinazione, il guardiano della villa del mio principale si paleserà a lei. La condurrà dove deve.”
Maya congiunse le mani come fosse in preghiera:
“Dopo quanto accaduto, lo ritenevo impossibile.”
“Come le ho detto qualche giorno fa,” riprese l’uomo “si è trattato di una decisione assai sofferta. Non è un buon momento.”
L’attrice non poteva sapere che si riferisse a Shiori.
Come sempre accade nell’alta società, le famiglie agiate si spendono in ogni modo perché ogni scheletro nell’armadio rimanga tale.
“Posso sapere di cosa si tratta?” domandò preoccupata “Vede, io ho avuto una conversazione, qualche tempo fa, con quella persona.”
Hijiri divenne terreo.
“Sarebbe lungo - e doloroso, anche - spiegarle in pochi minuti quanto accaduto.” Iniziò Maya rossa sino alle orecchie “Lei è un uomo occupato e non voglio certo farle perdere tempo.”
Il collaboratore di Masumi, invero, era sorpreso che ella intendesse confidargli del viaggio in nave.
La ragazza si martoriava le dita incerta:
“Quando ho avuto quel momento di crisi, è stato perché ho visto un improvviso cambiamento, in lui. Mi aveva chiesto di aspettarlo. Sapevo – ne ero certa – che sarebbe tornato sui propri passi per me. Ma ho scoperto di recente che intende perseverare.”
“Non so a cosa si riferisca.” Balbettò imbarazzato Hijiri “Perseverare in che cosa?”
“Signore,” sorrise Maya “io credo che lei abbia compreso perfettamente cosa intendo. È per questo motivo che egli si è a lungo tormentato: lo so. Riesco a leggere nel suo cuore. Ha accettato di fare ciò che non voleva per andare incontro a suo padre. Un uomo che tema per il proprio futuro e per la propria posizione è un uomo destinato ad essere gravemente infelice.”
Hijiri sorrise bonario:
“Il denaro è l’ultima cosa di cui il signore si preoccupi. Ma è vero che ha accettato di compiere quel passo per non perdere i frutti del suo lavoro. E, se mi è permesso aggiungerlo, perché pensava, ormai, di aver perduto ogni speranza.”
“So di cosa parla.” Mormorò Maya con le lacrime agli occhi “La mia ostinazione ha portato a tutto questo. Per anni, mi sono ostinata a vedere tutto in maniera distorta. Eppure, lo sapevo. Non poteva essere diversamente.”
“Chiaritevi.” Fece Hijiri ponendo entrambe le mani sulle sue spalle “Cogliete insieme la felicità che entrambi meritate.”


CONTINUA!...

 
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