Murasaki no Bara no Yume  - Glass no Kamen  * Il Grande Sogno di Maya * Anime, Manga, Drama, World e Fanwork

A Scarlet Rose (II Version)

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LauraHeller
view post Posted on 7/1/2014, 15:22 by: LauraHeller
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Capitolo Sesto



Yuu Sakurakoji corse fuori dal teatro a passo spedito.
Nella sua testa, il proposito di fare ciò che non aveva mai osato. Era a conoscenza dei <rischi>: non aveva ancora abbastanza potere; attraverso l’interpretazione di Isshin passava la sua <promozione> ad attore di razza; ma era anche convinto del fatto che solo in quel modo avrebbe potuto dimostrare a Maya quanto tenesse a lei.
Doveva ancora una volta vedere Masumi Hayami e capire quali fossero le sue reali intenzioni.
A Villa Hayami non c’era: dietro la scusa di dovergli comunicare importanti notizie su La Dèa Scarlatta, era riuscito ad estorcere alla cameriera la location del Presidente della Daito Art Productions.
Trasecolò apprendendo che non viveva più con l’anziano padre, ma in un albergo a pochi passi dalla sede della società.
Un’altra corsa in taxi e giunse al Ritz.
Ripassò il <copione> sentendosi uno scolaretto: ma, stavolta, avrebbe saputo la verità e, soprattutto, avrebbe avuto in cambio la promessa che più gli premeva.
“Chi ti ha detto che stavo qui?” l’accolse Masumi senza troppa grazia.
Non si scostò dall’uscio, per nulla intenzionato a discutere o a farlo entrare.
“Sono stato a casa sua.” Rispose sinceramente l’attore “Mi premeva parlare con lei ancora una volta.”
“A che proposito?” chiese l’altro infastidito all’inverosimile. Questo perché aveva intuito che l’argomento era proprio Maya Kitajima.
Se già il pensiero di doverla incontrare il sabato seguente nella Villa di Izu lo rendeva nervoso parossisticamente, l’ennesimo dialogo con Sakurakoji riempiva di dubbi la sua testa.
“Dobbiamo restare qui e rischiare di essere intercettati da qualcuno?” fece Sakurakoji acido “E’ del tutto ovvio che noi si ha un unico argomento in comune.”
Masumi lo spinse dentro con un mezzo spintone, quindi richiuse la porta.
Un tanfo potente di alcool e fumo raggiunse le narici del giovane attore: c’erano bottiglie di superalcolici sparse un po’ dovunque.
“E’ così che si occupa di affari?” disse Yuu portando una mano alla bocca come a trattenere un conato di vomito.
“Pago l’equivalente di settecento dollari a notte, in questo buco.” Fu la risposta del giovane Presidente della Daito “Potrò farne pure ciò che voglio, no? Allora, di’ ciò che devi e vattene.”
“Lei è ancora fidanzato con la signorina Takamiya.” Iniziò Sakurakoji “Perché ha provato a sedurre Maya?”
“Non ho fatto nulla.” Tagliò Masumi spossato “Qualcuno non ti ha spiegato che, nel mondo degli affari, ci si accapiglia come dannati per assicurarsi il <miglior prodotto> sulla piazza.”
“Già.” Sottoscrisse Yuu “Maya è una delle tante uova d’oro della Daito. Ha già l’altra dèa. Averne due sarebbe il top. Ma io ho visto altro. Ho entrambe le gambe fratturate perché sono certo di quanto ho compreso, vedendovi.”
“E che cosa avresti visto?” chiese spazientito Hayami.
“Lei l’abbracciava con passione. E Maya la ricambiava. Si percepiva dal suo sguardo.”
“Maya Kitajima è solo una bambina. Cedere alle lusinghe di un uomo più vecchio, più potente e …piacente fa parte del copione.” Ridacchiò il figlio di Eysuke con un tono roco che pareva non lasciare dubbi.
“Allora, sarei contento se glielo dicesse in faccia.” Replicò Sakurakoji convinto.
Il cuore di Masumi si fermò un istante.
“Dirglielo sul serio. Definitivamente.” Ribadì il giovane.
“Mi pareva di avertela …caldamente consegnata. È tutta tua, ti ho detto…” sbuffò il Presidente della Daito come se la cosa non lo toccasse.
“Non mi basta.” Disse Yuu “Debbo vedere la sua faccia mentre glielo dice e voglio vedere quella di Maya.”
“Sei pazzo…?” chiese Masumi “Io ho un sacco di cose da fare! Figuriamoci incontrare la ragazzina, che, poi, è l’ultima cosa che mi preme fare al momento! E per che cosa? Per contentare il tuo egoismo e il suo? Te lo dico io cosa mi urlerà vedendomi: <io la odio!>. E’ quanto prova per me, stanne certo.”
Ma Sakurakoji non se ne andava e Hayami, esasperato, tentò l’ultima carta: ciò che lo avrebbe definitivamente convinto della sua buona fede.
“Vieni con me.”
Dopo due minuti erano in strada. L’auto aziendale della Daito attendeva di fianco alla fila dei taxi ed accolse entrambi.
L’attore non comprese dove stavano andando fino a che non si lasciarono la città alle spalle.
La Villa del magnate Takamiya, appena fuori Tokyo, era un gioiello dell’epoca dei samurai sprofondato in un mare di verde.
Non arrivarono al portone d’ingresso perché Masumi ordinò al suo autista di fermarsi a distanza di sicurezza, nel punto in cui egli stesso, inosservato, sostava spesso. Da lì era perfettamente visibile la stanza di Shiori.
“Questa casa è un bunker.” Disse – e Yuu non si spiegava il senso di quelle parole “Solo io conosco questa postazione e il Presidente Takamiya sa che solo io vengo qui.”
“Che senso ha?” chiese Sakurakoji sconcertato “Come fidanzato ufficiale della signorina, lei ha pieno diritto di farle visita in modo canonico.”
“E’ così.” Sottoscrisse il giovane figlio di Eysuke “Tuttavia, da qualche tempo, sono costretto a starmene qui.”
Attese qualche istante prima di confessargli la verità:
“Non sei l’unico ad essere andato fuori…di testa quel giorno…”
“Cos…?” fece Sakurakoji sconcertato.


Kusunoki ed Isshin si addentrarono insieme per la Valle.
Il generale ora fissava il giovane scultore come a carpirne le intenzioni ora cercava di imprimersi nella memoria il tragitto per la zona sacra.
“Hai detto che non sai come ti chiami.” Disse quando furono sul ponte.
“E’ qui che sono caduto.” Svicolò il giovane.
Kusunoki si sporse, provando autentici brividi: c’era l’equivalente di cinquanta metri di strapiombo, sotto di loro.
“Non so come sono sopravvisuto.” Spiegò Isshin “O, forse, sì: è stato grazie a lei, ad Akoya.”
“Capisco.” Fece il generale sconcertato “Ho sentito voci strane, su quella ragazza. In tutto il villaggio non si fa che parlare delle sue doti di guaritrice: animali, piante. Tutto <rinasce> in virtù del suo magico intervento.”
“Ne sono persuaso anche io.” sottoscrisse “Del resto, il fatto che io sia vivo, dopo un simile volo, ne è la dimostrazione. Ma non la chiamerei <magia>. I maghi sono dei filibustieri venditori d’almanacchi. Lei non predice nulla: ama e basta.”
Kusunoki annuì sempre più perplesso:
“Certo, mi pare di capire che sia una ragazza di un certo fascino. Un’altra voce piuttosto insistente vuole che siate…intimi.”
Isshin lo guardò torvo.
“E’ qui da poche ore e già sa così tante cose?” chiese “E’ vero: Akoya è la mia compagna. Non è un segreto: noi ci amiamo.”
“Non mi interessa il tuo privato.” Disse l’uomo “Ma io so chi sei ed è mio compito richiamarti all’ordine.”
“E perché avrebbe finto di non conoscermi?”
“Perché volevo capire se eri in buona fede.” Fu la risposta del generale “Sono contento che tu non sia un pusillanime.”
Isshin si accostò per un istante all’albero di susino che aveva innanzi.
“Che c’è?” fece Kusunoki “Ti sei ricordato di qualcosa?”
Lo scultore negò col capo, ma non era del tutto vero. Un flusso di forti emozioni, scaturito all’udire la parola <pusillanime>, prese a devastare l’equilibrio faticosamente raggiunto.
“Ha detto che è qui per condurmi via. Di quale onta mi sono macchiato?” domandò scettico.
“Sei lo scultore più esperto del Kanto. Nonostante la tua giovane età e le tue oscure origini, eri stato scelto per scolpire il portale di un tempio shintoista. Un grande onore per un cultore del Buddha.”
Isshin si stupì:
“Sicché…sarei buddhista. Qual è il mio nome?”
Kusunoki glielo disse, così come gli comunicò che il suo rifiuto stava causando non pochi disordini e scontri anche cruenti tra fazioni opposte.
“La religione è una beffa.” Disse il giovane scultore “Se gli uomini credessero davvero non si scontrerebbero per simili futilità. È tutta una questione di potere e lei lo sa bene, generale.”
Si sedettero sotto il susino.
“Probabilmente,” proseguì Isshin “gli dèi esistono davvero. Ci sono, a questo mondo, persone straordinarie, che ne sono il riflesso: Akoya ne è un esempio. L’amore degli dèi è gratuito, genuino, procura felicità. Quello degli uomini è egoista.”
Kusunoki alzò le spalle:
“Cosa ti piace di Akoya? E, se ti piace, non provi per lei gelosia all’idea che qualcuno possa avvicinarla?”
“Adoro tutto di le.” Fu la risposta del ragazzo “Solo al vederla, sento mancare la terra sotto i piedi. Ma non sono geloso perché lei ama me. Ha scelto me, uno sbandato, un uomo senza passato né futuro e mi ha dato tutto, a partire dalla vita. Perché dovrei esserne geloso?”
“Si è gelosi dei tesori e tu stai descrivendo un tesoro.” Disse Kusunoki ridendo della sua ingenuità.
“Akoya non è <una cosa>. Lei è l’altra metà della mia anima. Se lo ricordi bene.”

Il venerdì precedente all’incontro con il donatore di rose scarlatte le prove terminarono ad un orario accettabile.
Maya pensò di andare al centro commerciale per acquistare qualcosa di consono, magari sistemarsi i capelli.
Rei non c’era e, per la prima volta, avrebbe fatto tutto da sola.
Pregò gli dèi di non trovarsi inadeguata alla circostanza: Masumi era un uomo di classe, vestiva bene e senza fronzoli, mentre lei, sul piano del look, si considerava un autentico disastro.
Per tutta la vita aveva indossato felpe informi e gonne variopinte. Ma il tempo dei calzettoni, avendo ormai compiuto diciannove anni, poteva considerarsi archiviato, motivo per cui la prima cosa che fece fu comperare delle calze di nylon.
Quindi, anziché procedere all’acquisto dell’abito, pensò di affidarsi ad una estetista e al parrucchiere. Ripensò alla serata sulla nave, quand’era stato lo stesso Masumi a dare precise istruzioni perché ella apparisse splendente.
Ora era sola: avrebbe agito d’istinto pensando in modo autonomo a ciò che sarebbe potuto risultare apprezzabile agli occhi del donatore di rose.
Guardandosi allo specchio, non si trovava poi così inadeguata e spenta come le era capitato di pensare spesso da quando Masumi si era fidanzato con la signorina Takamiya.
“E’ lei?” fece una voce alle sue spalle.
Maya si girò di scatto, quindi la sua bocca si schiuse al sorriso:
“Signore! È bello rivederla!”
“Grazie.” Rispose Eysuke benevolo.
“L’ultima volta, abbiamo mangiato quel delizioso gelato, rammenta?” continuò l’attrice entusiasta.
Hayami, nel mentre, la squadrava da capo a piedi: era la stessa simpatica ragazza, ma qualcosa di diverso, di vibrante, ne sosteneva lo sguardo chiaro.
“Verrò a vederla.” Le disse subito “Spero mi riservi un buon posto, allo Shuttle X.”
Maya annuì entusiasta, prendendo a raccontargli delle prove, dell’incidente di Yuu, di Kuronuma.
Eysuke era piacevolmente frastornato, ma, più la guardava più la sensazione iniziale s’accresceva.
“Non mi sta dicendo tutto.” fece sornione “I suoi occhi nascondono qualcosa: e credo sia riconducibile al ragazzo che, da più parti, si indica come suo prossimo fidanzato…”
L’attrice arrossì violentemente:
“Che dice?...”
“Ogni appassionato di teatro lo sa.” Riprese il vecchio “E, del resto, non è ovvio, visto che interpretate i due amanti sacri?”
Maya era sbocciata all’improvviso anche ai suoi occhi.
Una sorta di inquietudine, al pensiero che Masumi fosse fuori casa e, quindi, incontrollabile, prese a tormentarlo.
“Non è forse vero ciò che dico?” incalzò curioso.
“No.” Rispose ferma Maya “Non sono innamorata di Sakurakoji.”
Eysuke arcuò le labbra:
“I suoi occhi, però, parlano chiaro.”
“Dicono anche il nome di chi amo?” chiese la giovane attrice con una punta di rammarico “Per tutta la vita, ho avuto l’aiuto di una persona che non si è mai manifestata. E, piano piano, ho scoperto di tenere a lui più di quanto non ammettessi.”


CONTINUA!...

 
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