Il finale di Shiori ho preferito mantenerlo comico, ma è probabile che io vi ritorni (a Shiori) con una storia del tutto nuova.
E' solo una idea.
Adesso, godetevi quest'altro vecchio pdv, che, vi avvertò, sarà molto diverso da quello postato in passato.
La prima parte era risultata molto convincente e piacque, anche, mentre nella seconda mi ero lasciata un poco andare e non ero rimasta soddisfatta.
In questi giorni, l'ho ripreso e...
...............BUONA LETTURA!
A Scarlet Rose
- The Shadow’s Heart -
di
Laura HellerPrologue.
Comunemente, si ritiene che un uomo venga al mondo nel momento in cui emette il suo primo vagito.
Per me non è stato così e sono nato nel momento in cui Masumi Hayami mi ha convocato nel suo studio per chiedermi di occuparmi del suo tesoro più prezioso.
Il <tesoro prezioso>, per la cronaca, è una giovanissima attrice senza protezione alcuna, un talento raro dal quale anche l'uomo più esigente si farebbe volentieri catturare.
Maya Kitajima è deliziosa e terribilmente inconsapevole di se stessa.
Chi meglio di me, che non esisto, può vegliare su quel tesoro di arte e sentimento insieme?
Il governo nipponico non mi riconosce lo stato civile da ventitre anni, precisamente dal giorno in cui la mia famiglia – nella sua interezza – è stata ridotta al silenzio.
Sicché sono un <uomo morto>.
Ed è peggio che essere un uomo senza passato.
Un uomo morto può avere tanto da ricordare: eventi, particolari di vita vissuta, persone.
E' equiparato a colui che ha vissuto lungamente, ché il trauma che si porta appresso è grande quanto una esistenza completa.
A meno che non rimuova, tutto è perfettamente presente nella sua testa e, per quanto si sforzi, prima o poi quei particolari riaffiorano.
“Karato, non devi spezzare in due il pane in cassetta, ne rovini l’immagine!”
La faccia inorridita di mia madre è una delle tante cose che ricorderò per tutta la vita.
E, anche se non potrò avere un figlio mio, sono certo che, verificandosi l’impossibile, non gli ordinerei mai una simile scempiaggine.
Mia madre - una donna con una fossetta sulla guancia sinistra e il naso all’insù da francesina capitata per errore nel Paese del Sol Levante - viveva di molte formalità.
Per quanto fosse amabile e affettuosa nei confronti di noi figli.
Mia sorella Claire, di quattro anni, la imitava in tutto ed era davvero il suo ritratto vivente.
Mio padre amava teneramente tutta la sua famiglia, accettandone pregi e difetti. Era uno dei legali più fidati di Eysuke Hayami e viaggiava molto spesso a causa del lavoro.
Non lo vedevo mai, se non per le feste o in occasione di qualche <happening> scolastico importante. E’ anche per questo che, a distanza di anni, pur avendo appreso la “verità” da colui che ci ha offerto una seconda occasione, non riesco a capacitarmi di quel che ha fatto.
Ho conosciuto Masumi, il figlio adottivo del Presidente Hayami in occasione del funerale della signora Aya Fujimura.
Lui aveva quattordici anni ed io quindici.
Quando i nostri padri si sono chiusi nello studio del signor Eysuke per parlare del futuro del ragazzo, questi mi invitò a visitare la biblioteca della Villa. Io, all’epoca, ero già un’ombra e seguivo il papà per conoscere al meglio l’attività da lui svolta, così da subentrargli quand’egli si fosse ritirato.
Ricordo di essere rimasto davvero colpito dall’enorme quantità di libri, ma ciò che mi scioccò fu lo scoprire che, dietro i preziosi volumi, il giovane Hayami nascondeva una ricchissima collezione di riviste hard, talune munite di videocassette.
“Caspita...” commentatai guardando la copertina di una di esse, su cui campeggiava una ragazza nuda sino alla cintola “e hai solo quattordici anni…”
“Quasi uno di più.” mi corresse “Compio i quindici anni in maggio. E, se proprio vuoi saperlo, sono già stato a donne.”
Credo, in quell’occasione, di averlo fissato a bocc’aperta:
“Maddai, allora ti sei innamorato?”
Masumi mi guardò come un extraterrestre.
“Stai scherzando?” disse “non credo a queste stupidaggini. E’ solo che mio padre ci tiene che io conosca il mondo per tempo e mi fa accompagnare dalle signorine a cadenza mensile.”
All’epoca, sapevo a malapena in cosa differisse una donna da un uomo e mi sentii un imbecille.
“Forte...” commentai “Il signor Hayami deve essere uno in gamba.”
“Macché!” mi redarguì Masumi “E' soltanto un depravato. E tradiva mia madre con un’ attrice. Gli bastava guardarne il ritratto per andare in visibilio. Uno spettacolo davvero pietoso…”
Io pensai che mio padre non aveva mai tradito la mamma, ma, in compenso, l’aveva uccisa e lasciai cadere l’argomento.
“Se vuoi, ti presto qualche rivista.” propose il ragazzo strizzandomi l’occhio.
A parte questo approccio, però, non sentivo, da parte sua, un sincero interessamento alla mia persona: non sembrava davvero il tipo che necessitava di amici o, comunque, di gente attorno.
Declinai la gentile proposta, reprimendo con fatica il senso di nausea che mi opprimeva.
Ho sempre pensato alla mia prima volta come ad una esperienza importante, da fare, possibilmente, con una ragazza inesperta quanto me e, soprattutto, innamorata.
“Senti,” continuò Masumi “visto che i nostri genitori sono così amici, potremmo andarci insieme, qualche volta.”
Negai debolmente col capo:
“No, c’è già una tipa che mi piace. E' la figlia del mio precettore privato, una ragazza carina e molto intelligente.”
Il giovane ammiccò:
“Non devi mica dirglielo. Eddai, fammi compagnia, tanto sei un’ombra, no? Se fossi in te, mi divertirei un mondo.”
Ricordo di aver abbassato lo sguardo e, poi, di aver finto di soffiarmi il naso in modo tale che Masumi non si avvedesse della mia commozione.
Ciò che aveva detto era vero.
Io non potevo fidanzarmi con la ragazza che amavo né, tantomeno, sposarmi e avere dei figli da lei.
Parlammo di donne e “caratteristiche femminili” per tutto il pomeriggio e cominciò a formarsi nella mia mente la duplice, contraddittoria idea che si trattasse di un tipo insensibile o, semplicemente, di un ragazzo andato fuori di testa perché, quella mattina, avevano seppellito sua madre.
Optai con tutte le mie forze per la seconda possibilità.
Ed ebbi ragione, perché, molto tempo dopo - dieci anni per essere precisi - arrivò “lei”. E sembrò che la natura, assieme alla capacità di sognare, si risvegliasse all’improvviso, elargendo speranze e, soprattutto, quei sorrisi che Masumi Hayami non pensava neppure di saper fare.
Sembra ieri.
Il ricordo della prima volta che incontrai Maya mi ispira una tenerezza infinita anche oggi, a distanza di tantissimo tempo.
Mi venne dietro fino al parcheggio sotterraneo del Kid’s Studio, spinta da quella collega di lavoro impicciona che le aveva additato un tipo alto e giovane con un fascio di rose scarlatte a lei destinato in mano.
Si era, poi, piegata sulle ginocchia per la gran corsa, con le guance in fiamme e la convinzione negli occhi che io fossi “lui”, lo stesso insensibile uomo che, a quindici anni, parlava di attributi maschili come di mazze da baseball.
E così ho cessato di essere un’ombra.
Sono diventato “io” e una importanza semplicemente “strumentale” è diventata “abbozzo di vita”, “attesa di un domani migliore”.
Dedicarsi a qualcuno...
Era una ragazza anonima come me, concettualmente parlando, ma destinata a qualcosa di grande e, quindi, a una forte visibilità.
Quando me la sono ritrovata davanti, semplice ed ordinaria, sciupata e per nulla femminile, anziché pensare ad una beffa del destino, ho subito compreso perché stesse tanto a cuore al signor Masumi.
Non che abbia detto qualcosa di straordinario; non l’avevo mai vista neppure recitare.
Ciò nonostante, possedeva qualcosa, in quegli occhi insolitamente azzurri, che la animava tutta, rendendola splendente. Affettuosa e sincera, sembrava perdersi in quelle irrazionali fantasie tipiche dell’età sua: ma, in realtà, la sua testa era piena soltanto di parole e di maschere.
All’epoca, presi a custodire nel cuore un sentimento che doveva restare celato, qualcosa che somigliava a quelle febbricole persistenti che, se non curate per tempo, rischiano di trasformarsi in focolai infettivi letali.
Senonché, la “cura” per questo morbo aveva diversi appellativi – rispetto, stima, gratitudine, solidarietà - ed essendo mite per carattere, non manifestai crisi di rigetto devastanti.
Dovevo essere forte e un’ombra è favorita, in tal senso.
Non dovevo pensare ad altro che al mio lavoro; alla possibilità di non soccombere all’ingratitudine del Fato; al futuro ignorato, ma, in qualche modo, garantito.
My life, actually.
“Posso sedermi?”
La donna che si è accomodata al mio fianco non sa chi io sia né io conosco lei. Pur tuttavia, ci vediamo quasi ogni sera in questo locale di travestiti di Shinjuku.
Ella mi ascolta ed io ascolto lei.
Condividiamo un certo modo di vedere la vita.
Anche per questa ragazza essere onesta è un imperativo categorico, ma ho l’impressione che sia più fredda e raziocinante di me.
Vive per il suo lavoro, che ovviamente sconosco, e arriva puntuale ogni sera dopo le dieci.
All’inizio, pensavo fosse una ragazza ad ore, tanto è appariscente e sfrontata: i lunghi capelli, sempre ordinati, fanno da contorno ad un abbigliamento ricercato e di certo costoso.
E’ molto giovane e possiede un corpo così bene scolpito da sembrare, a colpo d’occhio, una statua greca: alta, magra, ma non filiforme, con delle bellissime mani e suppongo delle gambe pregevoli.
“Accomodati...” le dico facendo un cenno con la testa e porgendole il mio bourbon.
Accetta, quasi fossimo davvero intimi.
“Come gira?” domanda mentre si guarda intorno distrattamente.
“Se ti riferisci al mio orologio svizzero, ho appena dato la corda.” rispondo facendola vergognare del suo gergo giovanile.
“E tu?” rimbecca “Com’è che sei così acido, stasera?”
Vuota il bicchiere e chiede al barman di versarle del gin.
Sono tentato di farle notare che mischiare i sapori degli alcolici equivale quasi ad una bestemmia, ma la ragazza mi previene.
“Dove mi porti?” domanda accarezzandomi l’avambraccio con un dito.
“Dove ti ho sempre portato.” rispondo prontamente.
E lei:
“Allora, andiamo in bianco per l’ennesima volta...”
Ride fragorosamente.
Ha una bocca bellissima anche se la apre appena. Non capisco, talvolta, come possa avere un tono di voce così alto.
“Da qualche giorno sei strana.” le faccio notare “Le tue metafore sessuali non sembrano più semplici provocazioni al mio indirizzo.”
Mi fissa sconcertata.
“Ma ti sei visto?” mi chiede “Sei uno strafigo e mi piaci da morire!”
Le sorrido non senza imbarazzo, mentr’ella accompagna la sua espressione “diretta” con un tenero gesto della mano: mi accarezza la guancia ed io non posso fare a meno di ritrarmi istintivamente.
“Non so neppure come ti chiami.” obietto grattandomi la fronte.
“Non erano questi, i patti” dice la ragazza sistemandosi gli occhiali sul naso “e, poi, puoi chiamarmi come diavolo ti pare.”
Ci penso su.
“Maya va bene?” azzardo “E' una delle sette Pleiadi, forse la più splendente.”
“Non potremmo cambiare?” mi chiede lei con un velato disappunto “Sembra che tutti gli uomini belli di questo sporco mondo finiscano per sospirare all’indirizzo di fanciulle con questo nome…”
Sorrido per nulla sorpreso e, nel mentre, scuoto il capo rassegnato.
“Sei innamorato di lei?” incalza.
“Ma no,” rispondo vago “è il primo nome che mi è passato per la testa.”
Annuisce, ma non la beve e decido di passare io all’attacco:
“E a te perché non piace?”
“Sono innamorata di un uomo che è pazzo di una che si chiama così...” risponde passandosi un dito sulle labbra umide, un gesto molto sensuale che mi procura una certa emozione.
Non ci ha pensato neanche per un attimo ed io ne sono rimasto sorpreso, anche perché ammiro le persone schiette.
“Non sei troppo giovane per innamorarti di un <uomo>?” le chiedo col preciso intento di prenderla un po’ in giro e sdrammatizzare.
“Guarda che ho l’età giusta.” dice “Guardami bene.”
Lascio cadere la cosa perché ella è diventata d’improvviso triste.
Il fatto è che, sarò pure un’ombra, ma le donne che mi commuovono finisco per consolarle a modo mio: e questa ragazza mi pare sfrontata, ma non abbastanza per considerarla un semplice animale da letto.
“Che tipo è il tuo amore?” domando curioso.
Credo di sapere già come mi risponderà: una ragazza così concreta non si innamorerebbe mai di uno spiantato.
E, infatti, la sua risposta giunge, prevedibile:
“E’ bello, giovane ed è anche potente. Tutto l’opposto di questa Maya, che è insignificante, sgraziata e povera in canna.”
Rido di gusto, girandomi un poco sullo sgabello:
“A giudicare da come vesti, fai parte della categoria dell’uomo che dici di amare. Ma dovresti sapere, intelligente come sei, che sono gli opposti ad attrarsi.”
“Che dici?” domanda “Tu sei uno spiantato, ma un giretto con te lo farei volentieri…”
“Attenta,” ribatto “magari non sono un tombeur des femmes come il tuo uomo, ma non sottovalutarmi…”
Mi guarda con maggiore interesse:
“Sei ricco anche tu, dunque?”
Si corregge subito:
“Anche se non lo sei, va bene lo stesso. Sei proprio il mio tipo.”
Questo gioco inizia a divertirmi e, mentre le faccio servire un altro drink, torno a macinare domande:
“Sai, all’inizio pensavo stessi realmente con lui. Ne parli in modo approfondito e credevo che tra voi ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia.”
“Come no!? Siamo praticamente fidanzati. Ci leggiamo reciprocamente dentro, ma egli è granitico, perennemente nascosto dietro i suoi fiori…e dire che io sono appassionata di botanica…”
“Mai pensato ad un paio di cesoie per farti largo fino al suo cuore?” sdrammatizzo, ma senza alcun risultato.
La ragazza si toglie le lenti. Il taglio dei suoi occhi è davvero stupendo: malgrado li abbia a mandorla, sono meravigliosamente grandi e azzurri.
“Fammi ballare.” mormora “Fallo perché sei un brav’uomo…e perché ne ho un disperato bisogno.”
Improvvisamente, sono assalito da una grande amarezza.
Mentre la stringo a me, respirando il suo profumo sensuale, ripenso a colei che occupa i miei pensieri ma solo per conto di terzi.
Io sono gli occhi di Masumi Hayami e, quindi, mi è proibito guardare la donna che gli interessa coi miei occhi.
Cingo la schiena di questa sconosciuta, la accarezzo, sentendomi scioccamente parte di qualcosa che non mi appartiene e capisco, in questo frangente, che è più facile di quanto non si pensi prendere a cuore qualcosa che, in realtà, ci è estraneo.
Il cuore dell’uomo è singolare: irresistibilmente attratto da ciò che sconosce, in poco tempo finisce per attribuirgli l’appellativo di “amore”. Che lo faccia o meno con cognizione di causa non importa.
E’ proprio l’irrazionalità a farmi paura.
continua!...
Dimenticavo...questo personaggio dovete immaginarlo con questo corpo e questa faccia....