Murasaki no Bara no Yume  - Glass no Kamen  * Il Grande Sogno di Maya * Anime, Manga, Drama, World e Fanwork

A Scarlet Rose (II Version)

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view post Posted on 5/1/2014, 15:12
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Grazie, tesoro, spero ti sia gradito anche l'ultimo punto di vista che sto dispiegando, quello della dèa scarlatta, di Isshin...! Ma, anche se fino ad oggi non li hai visti, ci sono Masumi e Maya. Il primo fa il suo ingresso proprio in questo capitolo. Un abbraccio e grazie di seguirmi sempre.

Capitolo quarto



Masumi Hayami depose il copione del capolavoro scomparso sul comodino di fianco al letto che l’ospitava.
Con l’altra mano, recuperò dal davanzale dietro di lui la sigaretta rimasta accesa, ma constatò subito che si trattava, ormai, di un mozzicone arso sino al filtro.
“Proprio bravo, Ichiren Oozachi…” masticò amaro “Hai creato una bel miscuglio di fandonie. L’unico personaggio credibile che ti eri preoccupato di creare lo hai reso pian piano un pusillanime succube di sentimenti e fantasie stereotipate. Isshin rappresenta la verità, ma solo perché crede in ciò che la stragrande maggioranza degli uomini crede. E, poi, se fossi stato minimamente convinto di quanto hai messo in bocca allo scultore, non ti saresti mai tolto la vita.”


“Perché gli uomini si combattono?” chiese Akoya guardando la natura circostante come fosse ispirata da ciò quanto colpiva i suoi occhi.
Si sganciò dallo scultore, concentrandosi sui primi colori di cui il sole nascente tingeva il cielo. Il pianeta Venere, luminosissimo, ne precedeva il sorgere.
Credeva che Isshin dormisse, ma non era così: il suo cuore in tumulto per quella notte di baci e tenerezze lo avevano come trasportato in una dimensione parallela, di certo <beata>.
Ella strinse la sua mano, costringendolo ad aprire gli occhi.
“Akoya può dirsi perduta, dopo questo gesto avventato?” chiese divertita.
Lo scultore, invero, era serissimo:
“Se è questo che ti preoccupa, chiederò subito la tua mano al capo del villaggio…”
La giovane scosse il capo.
“Pensi che me ne importi?” fece di rimando “Cosa pensi, mio caro, del matrimonio? Ci sono alcune culture, al mondo, in cui per ritenersi sposati basta giacere insieme una notte. Lo sapevi questo?”
“Sarà una cultura più evoluta della nostra…” ridacchiò Isshin mettendosi a sedere.
“Anche gli animali si uniscono,” proseguì la giovane “ma nessuno si sogna di dire che quell’amplesso sia sbagliato.”
“Gli uomini amano costruire gabbia e schemi per evitare che l’anarchia prenda campo.” Sospirò Isshin “Cosa sarebbe se, domani, me ne andassi liberamente con un’altra? E se tu facessi altrimenti? Sarebbe il caos, non credi? I sentimenti sarebbero sviliti, ridotti al nulla. Ed io penso che, ad oggi, il vero amore, la vera amicizia e devozione, siano le uniche cose che nobilitino la nostra specie.”
“Stai tornando a ribadire che l’uomo ha natura malvagia.” Mugugnò la giovane accarezzandogli il viso chiaro “Ma non riuscirai a convincermi.”
“Tu riesci ad essere materna persino con tua nonna.” Sospirò Isshin poco convinto “Tutto è bene, tutto è buono, tutto è meraviglia. Eppure, poc’anzi, ti sei chiesta perché gli uomini si combattono.”
Akoya rimase stupita dal suo dire: era convinta di non essere stata udita.
“Ma davvero” tornò a chiedergli “dopo quanto vissuto con me, troveresti normale rivolgere il tuo cuore ad un’altra?”
Egli la strinse a sé con impeto, costringendola a ricadere sul giaciglio:
“Ma stai scherzando? Dopo avere conosciuto te, che sei il mio primo amore, pensi che me ne andrei in giro a cercare altro? E cosa c’è di meglio, per me, a parte Akoya.”
Ella sorrise deliziata:
“Se gli uomini e le donne vanno in cerca, si sposano e si lasciano, è perché non si sono congiunti realmente con l’altra metà del proprio sé. I disegni degli dèi sono tanti e tutti imperscrutabili. Ancor più grandi del pianeta che ci ospita.”
“Se, per ipotesi, l’anima gemella di tua nonna vivesse di là del mondo, ecco spiegato il perché della sua acidità.”
Risero entrambi di cuore.
“Forse, non hai torto, amor mio.” Sottoscrisse Akoya “Deve essere terribile vivere senza qualcuno che non si ama completamente. Sentirsi…a metà. Io non ho paura di nulla perché ti ho conosciuto, caro. Non mi importa se, domani, mi cacceranno via perché so che ti sarò accanto, in qualche modo. E tu sarai al mio fianco, è così?”
“Non potrei più lasciarti.” Disse il giovane scultore.
Ella annuì:
“L’individuo, in origine, era <uno>. E l’unità generava perfezione. Quando gli dèi crearono il mondo dal Caos, disposero che le creature popolassero la terra in quantità, ma non concessero loro la perfezione dell’uno perché già leggevano nel loro futuro il peccato di tracotanza di cui si sarebbero macchiati…”
Isshin ridacchiò amaro:
“Non so da chi tu abbia…saputo questa verità, ma mi pare qualcosa di spaventoso. Se così fosse, ogni individuo sarebbe condannato a non vivere il vero amore. Se l’altra metà dell’anima dovesse dimorare dall’altra parte del globo, nessuna felicità per l’uomo che resta solo.”
“L’amore vero è un premio.” Disse ispirata Akoya “Sovente, si trova racchiuso in un cespuglio di rovi taglienti, che fanno male, feriscono inesorabilmente, ma colui che godesse di quel sentimento anche per un solo istante nella vita, comprenderebbe in un soffio per quale motivo è nato.”
“Non lo so, Akoya.” Mormorò titubante il giovane “Sto male al solo pensiero di dovermi, un giorno, allontanare da te. Che cosa può mai significare questo?”
Ella gli accarezzò teneramente la guancia:
“Significa che siamo le due parti dello stesso uno. Siamo vissuti in simbiosi, nel pensiero degli dèi e, oggi, viviamo separati in due corpi mortali, come i due bracci di un medesimo fiume, come gli angoli di una figura geometrica…”
Si incupì un istante.
“Ormai, non mi è più possibile vivere separata da te.” Concluse accoccolandosi di nuovo al suo petto. Isshin l’accolse con tenerezza: non riusciva, però, a sentirsi sereno. Percepiva, per quanto le sue parole trasudassero saggezza, ogni suo turbamento, ogni sua inquietudine.
Sicuramente, il loro amore nato da semplici gesti e semplici conversazioni nascondeva radici forti: era quasi impossibile, per lo scultore, pensarsi senza Akoya e un sentimento del genere non poteva essere nato dall’oggi al domani.
“Dimmi, amor mio,” le sussurrò all’orecchio “pensi allora che, nell’altra mia vita, io e te fossimo congiunti?”
“Come adesso.” Rispose senza indugio la ragazza.

La lettura di Masumi fu distolta dal bussare delicato alla porta.
Senza troppa convinzione, egli ordinò che venissero avanti.
Non era né un inserviente né il direttore dell’albergo, bensì la sua solerte segretaria.
“E’ successo qualcosa?” chiese subito il Presidente della Daito Art Productions.
“A parte suo padre che, nel corso della mattinata, mi ha chiamato circa sessanta volte, è tutto nella norma.” L’informò Mitzuki sedendosi sulla poltroncina e accavallando le gambe in modo professionale.
Gli sciorinò il programma del pomeriggio, che Masumi udì appena.
Non era quanto gli interessava.
“Inoltre,” disse finalmente la donna “ho preso contatto con quello specialista di cui mi ha chiesto.”
Tirò fuori dalla cartelletta molte carte e prese ad esporle con cipiglio serio:
“La signorina Shiori soffre di una sindrome isterica. In questo, aveva visto giusto. Questa sindrome la porta ad un attaccamento possessivo verso chi le sta intorno.”
Disse altre cose che Masumi, sostanzialmente, conosceva per averne a lungo cercato spiegazioni sul web.
“La compulsione, tipica della malattia di cui ella soffre, è esercitata tanto nei riguardi della sua persona, di cui non sopporta la <limitatezza> quanto nei confronti delle persone che …toccano il suo cuore. Il primo problema è imputabile all’educazione ricevuta. Shiori non conosce la sconfitta: le è sempre stato accordato tutto. Finché è vissuta nella bambagia, lontana dai turbamenti amorosi, ciò che…era in lei non ha avuto modo di manifestarsi. Per ventotto anni, è praticamente rimasta chiusa in serra. Ha una passione per i fiori, che le ha sempre dato soddisfazioni perché vi è portata o perché è stata aiutata dai giardinieri di casa Takamiya…”
“Stai cercando di giustificarmi, Mitzuki?” chiese Masumi vuotando un bicchiere di brandy.
“Sto dicendo” puntualizzò la segretaria un poco infastidita “che è assurdo che si faccia carico di un problema non suo. Se anche fosse sua, la colpa di quanto sta accadendo, nessuno pretende che lei rinunci alla sua felicità.”
Hayami arcuò le labbra.
“Tu e un tale che lavora per me sareste una coppia perfetta.” Ridacchiò.
“Sicuramente, se parla come me, è una persona sensata.”
Il giovane Presidente si levò in piedi, le braccia conserte:
“Perché pensi che me ne sia andato di casa?”
Ella lo fissò tagliente.
“Non ne sono del tutto convinta.” Disse “Non credo che abbia rinunciato al suo istinto autolesionista, signor Masumi. Nascere con questa indole non le giova e non le consente di godere di quel sano egoismo che una qualsiasi persona comune appellerebbe <istinto di sopravvivenza>.”
Hayami si rivolse a lei altrettanto serio.
“La settimana scorsa, quel dipendente di cui ti parlavo ha <attentato> alla mia vita.” Raccontò “Non fisicamente, ma sotto il profilo psicologico. Lì ho compreso che il mio equilibrio è fragile tanto quanto quello di Shiori. Specie in riferimento agli affari della Ditta M.”
“Lasci che le dica quanto non sopporti questo suo <tingere> di commerciale ogni cosa che conti.” Masticò Mitzuki.
“Io sono quel che sono.” Rise Hayami accendendosi una sigaretta “Francamente, la Ditta M resterà tale per sempre. Devo proteggerla come investimento. Dietro ogni investimento, ci sono persone che lavorano, vite che, grazie al lavoro, diventano degne d’essere vissute.”
“Un imprenditore che cita, senza volerlo, Marx. È straordinario.” Fece a sua volta la segretaria.
“E’ tutto <straordinario>.” La corresse il giovane figlio di Eysuke “Il mondo intorno a me ha preso forma nel momento in cui ho scoperto di amare. Io non so dire perché quella ragazza abbia destato in me qualcosa di così forte: è un po’ quello che è stato per Isshin, in fondo. Non sapeva nulla di Akoya e già l’amava.”
“Il mistero delle anime gemelle.” Gli fece eco Mitzuki “Masumi-san, una volta mi ha chiesto se due persone che non si sono mai viste possono innamorarsi.”
“Sembra passato un secolo.”
“La risposta non è mutata. Credo che Oozachi sensei abbia visto giusto. L’amore di anime è qualcosa che chiama da lontano. Quando le due parti della stessa anima si incontrano, è impossibile che esse vivano separate. Farlo sarebbe follia.”
“Non posso credere che a parlare sia tu.” Rise di nuovo l’altro “Una donna pragmatica, piena di sano raziocinio!”
“E’ proprio perché sono concreta che le parlo in questo modo. Lei è, esattamente come quella ragazza, un investimento prezioso. Non voglio perderla e perdere, a mia volta, ciò che ho conquistato.” Chiosò pedantemente Mitzuki.
Masumi le sorrise grato, gli occhi socchiusi di chi è soddisfatto della risposta ricevuta.


CONTINUA!...

 
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Capitolo cinque



I giorni passavano lenti, a Nara.
C’è una quieta armonia nello scorrere monotono del quotidiano. La noia è figlia indiscussa dell’insoddisfazione e, di certo, Akoya ed Isshin non ne soffrivano.
Rubavano alla clessidra che, impietosa, si svuotava istanti preziosi e null’altro chiedevano se non di vivere come stavano facendo, circondati dalla natura amica, complici del loro stesso amore.
Senza sapere perché, una mattina Isshin riprese in mano i suoi arnesi: il portale del tempio in cui viveva era rovinato in più punti ed era suo desiderio compiacere la sua donna in ogni modo possibile.
Scalpello alla mano, prese ad eliminare le increspature dovute alle intemperie e al clima sostanzialmente rigido della regione.
Akoya fu deliziata di quell’inatteso regalo.
“Sì,” gli disse abbracciandolo “senza dubbio, questa è l’arte tua. Ed anche la garanzia che non sei stato un disgraziato, bensì un artista di grande valore.”
“Sto solo eliminando qualche crepa e dando una mano di carta vetrata.” Mormorò Isshin senza distogliere lo sguardo dal lavoro “Saper maneggiare qualche attrezzo non mi mette in salvo da quella possibilità.”
Si fermò, ripensando al brigante con cui aveva conversato tempo prima.
Pian piano la memoria stava tornando, ma si guardava ancora dal dirlo alla compagna: non che rammentasse nomi o circostanze. A <stuzzicarlo> erano, piuttosto, scorci di dialoghi e tutti avevano come tema lo spirito, gli dèi, l’indole degli uomini.
Le stesse cose di cui, in pratica, parlava con la stessa Akoya dal momento in cui aveva messo piede nella Valle sacra.
“Sai, ad essere onesto, non vedo più in modo <manicheo> il mondo.”
Akoya tacque: da persona innamorata qual era, pendeva letteralmente dalla sue labbra.
“Già prima di venire qui. Prima di conversare con te e di scoprire il lato bello dell’umanità, ho iniziato come una sorta di percorso…Non che ricordi qualcosa di particolare, ma, oggi, ne sono persuaso. Prima di arrivare quassù, dovevo fare qualcosa. O stavo cercando qualcosa.”
Poiché era chino sulla sua cassetta degli attrezzi, non s’avvide dello sguardo un po’ confuso e pallido della giovane donna.
“Credo che la personalità degli uomini sia più varia di quanto non abbia voluto ammettere sino ad ora. Il fatto che esista la superstizione fa pensare che gli uomini ignoranti – la maggioranza, purtroppo – siano tutti uguali, ma non è così. Sono stato troppo duro sinora.”
“Mi fa piacere.” Mormorò Akoya come fosse morta “Era ora che smettessi di emettere ingiusti giudizi, mio caro.”
“Sì,” proseguì Isshin “avevo iniziato un percorso di vita, ma tu mi hai aperto gli occhi.”
“Sono solo una ragazza innamorata.” Sorrise l’altra “Si dice che, quando si ama, tutto il mondo appare diverso, più bello, più positivo.”
“Sei la persona più misteriosa che abbia mai conosciuto.” La lodò lo scultore “Ogni tanto, quando vieni a trovarmi, mi piace spiarti.”
“Mi spii?” si stupì ella “Che bisogno hai di spiarmi? Mi sono mai nascosta ai tuoi occhi?”
“No.” Fece Isshin col capo “Ti ho veduta bene. Conosco di te ogni parte, ma adoro anche <coglierti> in momenti solo tuoi.”
Il cuore di Akoya prese a battere all’impazzata, mentre, con viso arrossato, gli chiedeva implicitamente di spiegare quel pensiero.
Anche lo scultore si fece paonazzo:
“Ad esempio, mentre ieri spazzavi le foglie cadute, hai appoggiato la mano a quel vecchio acero laggiù: hai sorriso e mormorato qualcosa.”
La ragazza sorrise.
“Stavo solo assicurandomi che stesse bene.” Spiegò “L’anno scorso, un contadino voleva tagliarlo. Diceva che era malato e che avrebbe contaminato anche gli alberi vicini.”
Isshin trasecolò:
“E…tu lo hai impedito? Come hai fatto?”
“Al villaggio si stupiscono come te!” rise la giovane donna “Ma per me è naturale come l’aria che respiro: mi riferisco al conversare con gli alberi, con le piante. L’acero era stato attaccato da un parassita, ma io l’ho curato.”
“In che modo?” chiese sempre più stupito lo scultore.
“Quando siamo chiamati a curare gli uomini o gli animali, usiamo rimedi della natura e il nostro amore. Di cos’altro avrebbe avuto bisogno questo vecchio acero?”
“Non saprei.” Rispose l’altro “Di certo, io non ho la tua capacità di conversare o di…amare ciò che è inanimato.”
“Un albero non è diverso da un animale.” Disse Akoya saggiamente.
Lo invitò, quindi, a porre la sua mano sul fusto nodoso di un alberello di fianco all’ingresso del tempio.
“Cosa senti?” gli domandò sorridente.
Isshin levò le spalle:
“Calore, benevolenza…”
La fissò malizioso.
“Sto andando bene, amor mio?”
“Benissimo.” Fu il commento di lei, che cercò le sue labbra e ne ottenne un bacio pieno di affettuosa complicità.

Maya e Yuu si staccarono l’uno dall’altra, quindi si levò un applauso da parte dei compagni di lavoro, unanimi nel ritenere la loro messa in scena di buona qualità.
Kuronuma, come di solito accadeva quand’era soddisfatto, si grattava la testa imbarazzato.
Chiamò a raccolta i due prim’attori e congedò, nel mentre, gli altri.
“Sono le undici di sera.” Esordì “Tra due settimane ci sarà la prima e voi due state lavorando bene a dispetto di tutto. Alla fine, persino il tuo incidente si è rivelato provvidenziale, ragazzo.”
E fissò le stampelle cui ancora Sakurakoji si reggeva.
“Mi toglieranno il gesso lunedì prossimo.” Spiegò serio “Finalmente, anche io potrò dare il meglio di me.”
Il regista sollevò le spalle, domandando a Maya di lasciarli soli.
Quando la ragazza fu fuori dalla loro portata, si fece altrettanto serio, quasi duro.
“Spero che, insieme al gesso, ti sarai anche tolto dal cuore i sentimenti vergognosi che provi. Che quella ragazza non merita.” Sentenziò come non aveva mai fatto.
“Lei non può capire.” Si difese subito Yuu “Amo Maya da quand’ero un ragazzino delle medie. E…”
“E non tolleri che lei rivolga il suo cuore a un altro?” chiese Kuronuma accendendosi una sigaretta “Una persona che sia incapace di rassegnarsi non è sana.”
“Non tollero?” ripeté il giovane “Non è esattamente così: io non posso perdonare di averla lasciata andare quando sapevo che provava qualcosa per me. Era solo l’inizio, certo, ma ho messo l’oceano tra noi, nel momento in cui, per dimenticarla o per avere semplicemente successo, sono partito per gli Stati Uniti.”
Strinse i pugni dolorosamente:
“E…saperla finita nelle mani di quell’essere è quanto mi disgusta di più. Come è potuto accadere? Quando ha iniziato a nutrire per Hayami sentimenti d’amore? Lui è un assassino! Un uomo che ha sempre usato il prossimo per raggiungere i suoi squallidi fini! E Maya gli ha ceduto! Ha passato la notte con lui!”
Kuronuma emise una nuvola di fumo sopra di lui.
“E’ meno peggio di quanto tu non creda.” Disse calmo.
Il viso di Sakurakoji si fece interrogativo.
“Sì.” Riprese il regista “So che non è la persona squallida che in tanti additano. Ha fatto molto per quella ragazza ed io stesso gli sono grato per avermi offerto un rilancio. Non scenderò nei dettagli, ma volevo lo sapessi.”
“Che cosa avrebbe fatto per Maya?” domandò arrabbiatissimo il giovane attore.
Ma mentre formulava il quesito, la risposta, terribile, gli si insinuava nella mente in forma di tarlo altrettanto inaccettabile.
“Non me lo dica, la prego.” Masticò.
“Non ho prove a riguardo.” Disse il signor Kuronuma “Ma a me sembra piuttosto ovvio: dopo la crociera, non ho quasi più dubbi. Chi altri, a parte la persona che l’ha più presa in giro e ostacolata, può essere il donatore di rose scarlatte?”
“E’ allucinante…” prese a dire Yuu andando avanti e indietro per il palcoscenico.
Adesso, anche il rumore delle stampelle gli procurava noia.
“E’ impossibile: mi rifiuto di credere che sia il donatore di rose! Che gran bastardo! Che bruci all’inferno! Non è degno di lei: perché l’avrebbe sostenuta nel segreto, nascondendo il suo cuore, se, poi, si è fidanzato con un’altra donna?”
“Una donna che, forse, non potrà più sposare.” Fece titubante il regista.
Il cuore di Yuu perse colpi, ma tutto, ora, gli appariva dolorosamente chiaro:
“Cosa ha detto?...”


La nonna interruppe la loro conversazione facendo la sua apparizione da dietro un grande roveto:
“Sei qui, come temevo! Ti avevo avvertita: quest’uomo è messaggero di qualche spirito maligno! Non solo ti ha sedotto in modo scandaloso, ma ha causato sventura su sventura. Dacché ho fiato, mai, <mai> avevo veduto le guardie dell’imperatore varcare le soglie del villaggio! Stanno cercando qualcuno ed io non ho dubbi su chi sia quel qualcuno.”
Akoya ebbe un tuffo al cuore.
“Perché e chi cercano?” chiese Isshin levandosi in piedi e avanzando verso l’anziana.
Il suo volto era serissimo, gli occhi azzurri ridotti a fessure.
“Un artigiano di nome Isshin è colui che cercano. Un vile che ha rinunciato a scolpire una statua divina per empietà!” Spiegò la nonna.
“Non so come mi chiamo.” Mormorò lo scultore “Ma so maneggiare gli scalpelli, questo è certo. Essi conoscono il viso di quest’uomo? Perché, se è così, non ho nessun problema a palesarmi anche subito.”
Sia Akoya che la sua parente tacquero sconcertate.
“L’accusa di empietà è molto grave.” Iniziò piano la fanciulla “So che sei un uomo dabbene, mio caro, ma gli uomini a volte…”
“Non ho paura di essi.” Dichiarò perentorio Isshin “E tu, amor mio, sai che è giusto che io mi palesi.”
Lasciata la scatola con gli scalpelli aperta, ma al riparo sotto la tettoia, seguì la nonna.
Il suo viso, mentre incedeva, era terreo: non aveva paura di morire.
Altro lo teneva col fiato sospeso ed era <sentire> lo sguardo terrorizzato di Akoya sulla sua schiena. Tutto percepiva di essa: era l’amore di anime a metterli in reciproca comunicazione.
E, così, l’inquietudine di lei diventava anche la sua.
Al Villaggio, le guardie dell’imperatore lo circondarono immediatamente.
“Non so chi stiate cercando.” Disse Isshin fermo “Ho perduto la memoria e…”
Kusunoki, a capo della guarnigione, avanzò per meglio guardarlo in viso. Non appena ebbe incrociato i suoi occhi, non ebbe più dubbi.
Lo scultore, intelligente com’era, comprese di essere il <ricercato>.
Deglutì, sentendosi morire dentro.
“Vuole che lo mettiamo in catene?” chiese spazientita una delle guardie più prossime a Kusunoki.
“Aspetta.” Ridacchiò quest’ultimo “Non sono persuaso che si tratti della persona che cerchiamo.”
“Ma gli occhi azzurri coincidono!” sbottò l’altro “Quanti giapponesi con occhi simili ci sono, in giro?”
“Sei un facilone.” L’interruppe il generale “Non voglio rischiare di irritare ancor di più tirando in ballo un qualsiasi individuo. Sei uno scultore, tu?”
E si rivolse di nuovo ad Isshin, che sentiva la mano di Akoya intorno al suo braccio teso:
“Le ho già detto che non rammento nulla del mio passato.”
“Che cosa volete fare allo scultore, quando lo troverete?” si arrischiò a chiedere la sua giovane compagna.
Kusunoki la guardò dall’alto in basso, provando un sottile turbamento.
“Non intendiamo ucciderlo.” Rispose “Semplicemente, l’imperatore ci ha chiesto di cercarlo per ricondurlo in città. Ha una missione da portare a termine.”
“E possiamo sapere di che si tratta?” si intromise malevolmente curiosa la nonna.
“Scolpire una statua della dèa.” Rispose senza indugio il generale.
“La dèa…” ripeté l’anziana come folgorata.
E si rivolse ad Akoya.
Isshin seguì quello scambio di battute con ansia crescente.

Maya andò incontro a Karato Hijiri con passo svelto.
“Come sta, signorina?” le chiese quest’ultimo consegnando tra le sue mani un piccolo bouquet di rose scarlatte.
Ella rimase ferma, nessun sorriso sulle labbra.
Era ovvio che cercasse una risposta precisa. Il collaboratore di Masumi comprese subito il perché dell’espressione al limite del corrucciato e sorrise:
“Il biglietto contenuto all’interno le svelerà un piccolo segreto.”
L’attrice, allora, con mani tremanti, mise mano all’interno del bouquet e trasse l’agognata <risposta>.
“Mi permette, signor Hijiri?” chiese emozionata.
“Naturalmente.” Rispose l’uomo soddisfatto.
Vedere Maya finalmente allegra era quanto recava sollievo al suo cuore in ansia.
Stava male tanto per Masumi quanto per la sua protetta: il suo superiore aveva accettato di incontrarla ad Izu, ma non era certo che avesse davvero deciso per il suo futuro.
Hayami appariva tutt’altro che convinto e il pensiero di Shiori gravemente ammalata costituiva un’incognita davvero oscura.
Maya Kitajima balzò letteralmente in aria, abbracciando il collaboratore ombra con foga.
Dunque, era deciso.
Anche la data, ben evidenziata sul biglietto, non lasciava dubbio alcuno.
“Sabato prossimo.” Disse emozionata “E sarà lei a venirmi a prendere, caro amico?”
Karato scosse la testa:
“Non mi chieda di arrivare a tanto. Ho del lavoro da sbrigare e, inoltre, non sono neppure convinto che il donatore di rose mi voglia nei paraggi.”
Maya divenne rossa sino alle orecchie.
“Sabato.” Pensò tra sé “Non si torna più indietro. Saremo onestamente l’uno davanti all’altra e faremo quel passo che non abbiamo avuto il coraggio di compiere sulla nave. Il signor Hayami si presenterà a me come il donatore di rose scarlatte.”
“Lei prenderà il treno alle quattro e tre quarti dalla stazione centrale di Tokyo.” Riferì professionalmente Hijiri “Giunta a destinazione, il guardiano della villa del mio principale si paleserà a lei. La condurrà dove deve.”
Maya congiunse le mani come fosse in preghiera:
“Dopo quanto accaduto, lo ritenevo impossibile.”
“Come le ho detto qualche giorno fa,” riprese l’uomo “si è trattato di una decisione assai sofferta. Non è un buon momento.”
L’attrice non poteva sapere che si riferisse a Shiori.
Come sempre accade nell’alta società, le famiglie agiate si spendono in ogni modo perché ogni scheletro nell’armadio rimanga tale.
“Posso sapere di cosa si tratta?” domandò preoccupata “Vede, io ho avuto una conversazione, qualche tempo fa, con quella persona.”
Hijiri divenne terreo.
“Sarebbe lungo - e doloroso, anche - spiegarle in pochi minuti quanto accaduto.” Iniziò Maya rossa sino alle orecchie “Lei è un uomo occupato e non voglio certo farle perdere tempo.”
Il collaboratore di Masumi, invero, era sorpreso che ella intendesse confidargli del viaggio in nave.
La ragazza si martoriava le dita incerta:
“Quando ho avuto quel momento di crisi, è stato perché ho visto un improvviso cambiamento, in lui. Mi aveva chiesto di aspettarlo. Sapevo – ne ero certa – che sarebbe tornato sui propri passi per me. Ma ho scoperto di recente che intende perseverare.”
“Non so a cosa si riferisca.” Balbettò imbarazzato Hijiri “Perseverare in che cosa?”
“Signore,” sorrise Maya “io credo che lei abbia compreso perfettamente cosa intendo. È per questo motivo che egli si è a lungo tormentato: lo so. Riesco a leggere nel suo cuore. Ha accettato di fare ciò che non voleva per andare incontro a suo padre. Un uomo che tema per il proprio futuro e per la propria posizione è un uomo destinato ad essere gravemente infelice.”
Hijiri sorrise bonario:
“Il denaro è l’ultima cosa di cui il signore si preoccupi. Ma è vero che ha accettato di compiere quel passo per non perdere i frutti del suo lavoro. E, se mi è permesso aggiungerlo, perché pensava, ormai, di aver perduto ogni speranza.”
“So di cosa parla.” Mormorò Maya con le lacrime agli occhi “La mia ostinazione ha portato a tutto questo. Per anni, mi sono ostinata a vedere tutto in maniera distorta. Eppure, lo sapevo. Non poteva essere diversamente.”
“Chiaritevi.” Fece Hijiri ponendo entrambe le mani sulle sue spalle “Cogliete insieme la felicità che entrambi meritate.”


CONTINUA!...

 
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Capitolo Sesto



Yuu Sakurakoji corse fuori dal teatro a passo spedito.
Nella sua testa, il proposito di fare ciò che non aveva mai osato. Era a conoscenza dei <rischi>: non aveva ancora abbastanza potere; attraverso l’interpretazione di Isshin passava la sua <promozione> ad attore di razza; ma era anche convinto del fatto che solo in quel modo avrebbe potuto dimostrare a Maya quanto tenesse a lei.
Doveva ancora una volta vedere Masumi Hayami e capire quali fossero le sue reali intenzioni.
A Villa Hayami non c’era: dietro la scusa di dovergli comunicare importanti notizie su La Dèa Scarlatta, era riuscito ad estorcere alla cameriera la location del Presidente della Daito Art Productions.
Trasecolò apprendendo che non viveva più con l’anziano padre, ma in un albergo a pochi passi dalla sede della società.
Un’altra corsa in taxi e giunse al Ritz.
Ripassò il <copione> sentendosi uno scolaretto: ma, stavolta, avrebbe saputo la verità e, soprattutto, avrebbe avuto in cambio la promessa che più gli premeva.
“Chi ti ha detto che stavo qui?” l’accolse Masumi senza troppa grazia.
Non si scostò dall’uscio, per nulla intenzionato a discutere o a farlo entrare.
“Sono stato a casa sua.” Rispose sinceramente l’attore “Mi premeva parlare con lei ancora una volta.”
“A che proposito?” chiese l’altro infastidito all’inverosimile. Questo perché aveva intuito che l’argomento era proprio Maya Kitajima.
Se già il pensiero di doverla incontrare il sabato seguente nella Villa di Izu lo rendeva nervoso parossisticamente, l’ennesimo dialogo con Sakurakoji riempiva di dubbi la sua testa.
“Dobbiamo restare qui e rischiare di essere intercettati da qualcuno?” fece Sakurakoji acido “E’ del tutto ovvio che noi si ha un unico argomento in comune.”
Masumi lo spinse dentro con un mezzo spintone, quindi richiuse la porta.
Un tanfo potente di alcool e fumo raggiunse le narici del giovane attore: c’erano bottiglie di superalcolici sparse un po’ dovunque.
“E’ così che si occupa di affari?” disse Yuu portando una mano alla bocca come a trattenere un conato di vomito.
“Pago l’equivalente di settecento dollari a notte, in questo buco.” Fu la risposta del giovane Presidente della Daito “Potrò farne pure ciò che voglio, no? Allora, di’ ciò che devi e vattene.”
“Lei è ancora fidanzato con la signorina Takamiya.” Iniziò Sakurakoji “Perché ha provato a sedurre Maya?”
“Non ho fatto nulla.” Tagliò Masumi spossato “Qualcuno non ti ha spiegato che, nel mondo degli affari, ci si accapiglia come dannati per assicurarsi il <miglior prodotto> sulla piazza.”
“Già.” Sottoscrisse Yuu “Maya è una delle tante uova d’oro della Daito. Ha già l’altra dèa. Averne due sarebbe il top. Ma io ho visto altro. Ho entrambe le gambe fratturate perché sono certo di quanto ho compreso, vedendovi.”
“E che cosa avresti visto?” chiese spazientito Hayami.
“Lei l’abbracciava con passione. E Maya la ricambiava. Si percepiva dal suo sguardo.”
“Maya Kitajima è solo una bambina. Cedere alle lusinghe di un uomo più vecchio, più potente e …piacente fa parte del copione.” Ridacchiò il figlio di Eysuke con un tono roco che pareva non lasciare dubbi.
“Allora, sarei contento se glielo dicesse in faccia.” Replicò Sakurakoji convinto.
Il cuore di Masumi si fermò un istante.
“Dirglielo sul serio. Definitivamente.” Ribadì il giovane.
“Mi pareva di avertela …caldamente consegnata. È tutta tua, ti ho detto…” sbuffò il Presidente della Daito come se la cosa non lo toccasse.
“Non mi basta.” Disse Yuu “Debbo vedere la sua faccia mentre glielo dice e voglio vedere quella di Maya.”
“Sei pazzo…?” chiese Masumi “Io ho un sacco di cose da fare! Figuriamoci incontrare la ragazzina, che, poi, è l’ultima cosa che mi preme fare al momento! E per che cosa? Per contentare il tuo egoismo e il suo? Te lo dico io cosa mi urlerà vedendomi: <io la odio!>. E’ quanto prova per me, stanne certo.”
Ma Sakurakoji non se ne andava e Hayami, esasperato, tentò l’ultima carta: ciò che lo avrebbe definitivamente convinto della sua buona fede.
“Vieni con me.”
Dopo due minuti erano in strada. L’auto aziendale della Daito attendeva di fianco alla fila dei taxi ed accolse entrambi.
L’attore non comprese dove stavano andando fino a che non si lasciarono la città alle spalle.
La Villa del magnate Takamiya, appena fuori Tokyo, era un gioiello dell’epoca dei samurai sprofondato in un mare di verde.
Non arrivarono al portone d’ingresso perché Masumi ordinò al suo autista di fermarsi a distanza di sicurezza, nel punto in cui egli stesso, inosservato, sostava spesso. Da lì era perfettamente visibile la stanza di Shiori.
“Questa casa è un bunker.” Disse – e Yuu non si spiegava il senso di quelle parole “Solo io conosco questa postazione e il Presidente Takamiya sa che solo io vengo qui.”
“Che senso ha?” chiese Sakurakoji sconcertato “Come fidanzato ufficiale della signorina, lei ha pieno diritto di farle visita in modo canonico.”
“E’ così.” Sottoscrisse il giovane figlio di Eysuke “Tuttavia, da qualche tempo, sono costretto a starmene qui.”
Attese qualche istante prima di confessargli la verità:
“Non sei l’unico ad essere andato fuori…di testa quel giorno…”
“Cos…?” fece Sakurakoji sconcertato.


Kusunoki ed Isshin si addentrarono insieme per la Valle.
Il generale ora fissava il giovane scultore come a carpirne le intenzioni ora cercava di imprimersi nella memoria il tragitto per la zona sacra.
“Hai detto che non sai come ti chiami.” Disse quando furono sul ponte.
“E’ qui che sono caduto.” Svicolò il giovane.
Kusunoki si sporse, provando autentici brividi: c’era l’equivalente di cinquanta metri di strapiombo, sotto di loro.
“Non so come sono sopravvisuto.” Spiegò Isshin “O, forse, sì: è stato grazie a lei, ad Akoya.”
“Capisco.” Fece il generale sconcertato “Ho sentito voci strane, su quella ragazza. In tutto il villaggio non si fa che parlare delle sue doti di guaritrice: animali, piante. Tutto <rinasce> in virtù del suo magico intervento.”
“Ne sono persuaso anche io.” sottoscrisse “Del resto, il fatto che io sia vivo, dopo un simile volo, ne è la dimostrazione. Ma non la chiamerei <magia>. I maghi sono dei filibustieri venditori d’almanacchi. Lei non predice nulla: ama e basta.”
Kusunoki annuì sempre più perplesso:
“Certo, mi pare di capire che sia una ragazza di un certo fascino. Un’altra voce piuttosto insistente vuole che siate…intimi.”
Isshin lo guardò torvo.
“E’ qui da poche ore e già sa così tante cose?” chiese “E’ vero: Akoya è la mia compagna. Non è un segreto: noi ci amiamo.”
“Non mi interessa il tuo privato.” Disse l’uomo “Ma io so chi sei ed è mio compito richiamarti all’ordine.”
“E perché avrebbe finto di non conoscermi?”
“Perché volevo capire se eri in buona fede.” Fu la risposta del generale “Sono contento che tu non sia un pusillanime.”
Isshin si accostò per un istante all’albero di susino che aveva innanzi.
“Che c’è?” fece Kusunoki “Ti sei ricordato di qualcosa?”
Lo scultore negò col capo, ma non era del tutto vero. Un flusso di forti emozioni, scaturito all’udire la parola <pusillanime>, prese a devastare l’equilibrio faticosamente raggiunto.
“Ha detto che è qui per condurmi via. Di quale onta mi sono macchiato?” domandò scettico.
“Sei lo scultore più esperto del Kanto. Nonostante la tua giovane età e le tue oscure origini, eri stato scelto per scolpire il portale di un tempio shintoista. Un grande onore per un cultore del Buddha.”
Isshin si stupì:
“Sicché…sarei buddhista. Qual è il mio nome?”
Kusunoki glielo disse, così come gli comunicò che il suo rifiuto stava causando non pochi disordini e scontri anche cruenti tra fazioni opposte.
“La religione è una beffa.” Disse il giovane scultore “Se gli uomini credessero davvero non si scontrerebbero per simili futilità. È tutta una questione di potere e lei lo sa bene, generale.”
Si sedettero sotto il susino.
“Probabilmente,” proseguì Isshin “gli dèi esistono davvero. Ci sono, a questo mondo, persone straordinarie, che ne sono il riflesso: Akoya ne è un esempio. L’amore degli dèi è gratuito, genuino, procura felicità. Quello degli uomini è egoista.”
Kusunoki alzò le spalle:
“Cosa ti piace di Akoya? E, se ti piace, non provi per lei gelosia all’idea che qualcuno possa avvicinarla?”
“Adoro tutto di le.” Fu la risposta del ragazzo “Solo al vederla, sento mancare la terra sotto i piedi. Ma non sono geloso perché lei ama me. Ha scelto me, uno sbandato, un uomo senza passato né futuro e mi ha dato tutto, a partire dalla vita. Perché dovrei esserne geloso?”
“Si è gelosi dei tesori e tu stai descrivendo un tesoro.” Disse Kusunoki ridendo della sua ingenuità.
“Akoya non è <una cosa>. Lei è l’altra metà della mia anima. Se lo ricordi bene.”

Il venerdì precedente all’incontro con il donatore di rose scarlatte le prove terminarono ad un orario accettabile.
Maya pensò di andare al centro commerciale per acquistare qualcosa di consono, magari sistemarsi i capelli.
Rei non c’era e, per la prima volta, avrebbe fatto tutto da sola.
Pregò gli dèi di non trovarsi inadeguata alla circostanza: Masumi era un uomo di classe, vestiva bene e senza fronzoli, mentre lei, sul piano del look, si considerava un autentico disastro.
Per tutta la vita aveva indossato felpe informi e gonne variopinte. Ma il tempo dei calzettoni, avendo ormai compiuto diciannove anni, poteva considerarsi archiviato, motivo per cui la prima cosa che fece fu comperare delle calze di nylon.
Quindi, anziché procedere all’acquisto dell’abito, pensò di affidarsi ad una estetista e al parrucchiere. Ripensò alla serata sulla nave, quand’era stato lo stesso Masumi a dare precise istruzioni perché ella apparisse splendente.
Ora era sola: avrebbe agito d’istinto pensando in modo autonomo a ciò che sarebbe potuto risultare apprezzabile agli occhi del donatore di rose.
Guardandosi allo specchio, non si trovava poi così inadeguata e spenta come le era capitato di pensare spesso da quando Masumi si era fidanzato con la signorina Takamiya.
“E’ lei?” fece una voce alle sue spalle.
Maya si girò di scatto, quindi la sua bocca si schiuse al sorriso:
“Signore! È bello rivederla!”
“Grazie.” Rispose Eysuke benevolo.
“L’ultima volta, abbiamo mangiato quel delizioso gelato, rammenta?” continuò l’attrice entusiasta.
Hayami, nel mentre, la squadrava da capo a piedi: era la stessa simpatica ragazza, ma qualcosa di diverso, di vibrante, ne sosteneva lo sguardo chiaro.
“Verrò a vederla.” Le disse subito “Spero mi riservi un buon posto, allo Shuttle X.”
Maya annuì entusiasta, prendendo a raccontargli delle prove, dell’incidente di Yuu, di Kuronuma.
Eysuke era piacevolmente frastornato, ma, più la guardava più la sensazione iniziale s’accresceva.
“Non mi sta dicendo tutto.” fece sornione “I suoi occhi nascondono qualcosa: e credo sia riconducibile al ragazzo che, da più parti, si indica come suo prossimo fidanzato…”
L’attrice arrossì violentemente:
“Che dice?...”
“Ogni appassionato di teatro lo sa.” Riprese il vecchio “E, del resto, non è ovvio, visto che interpretate i due amanti sacri?”
Maya era sbocciata all’improvviso anche ai suoi occhi.
Una sorta di inquietudine, al pensiero che Masumi fosse fuori casa e, quindi, incontrollabile, prese a tormentarlo.
“Non è forse vero ciò che dico?” incalzò curioso.
“No.” Rispose ferma Maya “Non sono innamorata di Sakurakoji.”
Eysuke arcuò le labbra:
“I suoi occhi, però, parlano chiaro.”
“Dicono anche il nome di chi amo?” chiese la giovane attrice con una punta di rammarico “Per tutta la vita, ho avuto l’aiuto di una persona che non si è mai manifestata. E, piano piano, ho scoperto di tenere a lui più di quanto non ammettessi.”


CONTINUA!...

 
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Capitolo settimo



Eysuke si mosse sulla sedia a rotelle visibilmente preoccupato.
Ancora una volta, aveva fatto in modo che l’incontro con la giovane attrice avvenisse in maniera casuale per non metterla in allarme.
Quasi se ne pentì.
Non solo Maya era mutata d’aspetto all’improvviso: persino il tono della sua voce, la saggezza amara che traspariva dagli occhi languenti la rendevano più brillante del solito.
Il Presidente emerito della Daito pensò che, finalmente, il temuto salto di qualità aveva avuto luogo.
Da sempre estimatore del suo talento, non aveva idea che esso potesse scoppiare prepotentemente in un lasso di tempo così breve.
Inoltre, Maya Kitajima non soltanto stava per ereditare lo spirito di Chigusa Tsukikage, ma, per certi versi, pareva incarnarlo già.
“Non credevo…” fece tra sé “potesse accadere, ma così è stato. Ora, sei del tutto simile a lei e questo mi fa guardare con occhi diversi tutto il contesto. Se, prima, temevo il futuro, oggi mi terrorizza rendermi conto che esso è già presente. E una banale propensione può essersi mutata in un fuoco inestinguibile.”
“Signore…?” chiese Maya del tutto ignara “Sono contenta di incontrarla. Ho qui con me dei biglietti per la rappresentazione che avrà luogo…”
“Le stelle lontane, per quanto fioche, non sono meno lucenti delle vicine. Basta avvicinarsi ad esse per restarne parimenti abbagliati.” Disse Eysuke pensando a Masumi.
“Non capisco.”
“L’amore genera l’odio e l’odio genera amore.” Spiegò l’anziano “Qualche filosofo di strada dice che, in fondo, sono la stessa cosa ed io <anche> ne sono persuaso. Maya-chan, il giovane Hayami le ha mai raccontato di suo padre?”
Ella arrossì:
“Non ne so molto. Ma, di certo, non dev’essere stato un uomo gentile neppure da giovane. Ha distrutto la carriera della mia adorata insegnante; ha provato a sottrarle i diritti di rappresentazione de La Dèa Scarlatta. Quando non ne ha più avuto la forza, ha istruito suo figlio, rovinando la di lui esistenza.”
Eysuke rise fragorosamente.
“Il generale millepiedi è un’anima dannata. Dall’amore atavico è passato all’odio ancestrale. Non potendo avere il susino millenario, ne ha divorato le radici sino a farlo avvizzire…”
“Conosco questa storia.” Confessò Maya inquieta “Me ne ha parlato proprio il signor Hayami. Ma credevo si trattasse di una metafora, non di una leggenda vera.”
“Eppure, come in tutte le storie, anche le più improbabili recano un fondo di verità.” Disse quietamente l’anziano, un’inflessione perfida nella voce “Lei è davvero una ragazza sincera e piena di buone qualità: il suo talento è così evidente da impressionare. Ma vive così presa dal teatro e dall’amore per i personaggi che interpreta da disinteressarsi del tutto al mondo che la circonda. Solo un vero amante dell’arte può ricambiarla pienamente, ché un uomo <normale>, al suo fianco, sarebbe condannato all’infelicità.”
“Che intende…” balbettò Maya “quando dice che mi disinteresso del mondo…”
Eysuke sospirò:
“Da quanto tempo ci conosciamo, signorina?”
L’attrice fece mente locale e calcolò circa otto mesi dall’ultima rappresentazione di Lande Dimenticate.
“E,” proseguì il vecchio “pur vedendomi salire su auto di gran lusso, pur accompagnandola in locali d’alto livello, non le è mai venuto in mente di chiedermi chi fossi e…quale lavoro svolgessi…?”
“Ho solo pensato che non fosse un indigente. Che frequentasse i teatri e ne conoscesse i grandi interpreti del passato” Rispose Maya con semplicità “Cos’altro?...”
Hayami strinse le labbra:
“Lei è una ragazza sincera. Non conosce menzogna. Ciò rende le cose più gravose di quanto non pensassi.”
Alla giovane si strinse il cuore.
“Neppure che io conoscessi l’interpretazione del fuoco di Chigusa Tsukikage le suggerisce qualcosa?”
“Non capisco dove intenda arrivare.” Disse la sua interlocutrice, il volto imperscrutabile come il ghiaccio.
Un varco si era finalmente aperto: Maya Kitajima iniziava a intuire chi avesse davanti.
“Signorina, vorrei che sapesse che, in qualche modo, sono stato molto colpito dalla sua schiettezza. E, checché si racconti di me, so apprezzare certe doti. Tuttavia, ciò che conta, ad oggi, è concludere un buon affare. Cercare in ogni modo di preservare un’attività costruita lungo tutta una vita. Nel mercato del mondo dello spettacolo, non basta rappresentare una piccola ditta: molti anni fa, cercai di far capire questo concetto ad Oozachi, ma lui si infuriò, dicendomi che non era giusto <mercificare> il suo capolavoro. Non è che io volessi <mercificarlo>: ritenevo, come lo ritengo oggi, necessario <sfruttare> il talento di Chigusa per assicurare un futuro a lei, al Maestro e a tutte le famiglie che ruotano intorno alla vecchia e nuova Daito.”
Una lacrima solitaria solcò il viso di Maya.
“Lei ha condizionato la vita di molte persone. Ha cercato di rendere suo figlio la sua esatta copia.” Mormorò sconcertata “Per non parlare della sensei Tsukikage, costretta a chiudere la propria scuola di teatro, a cercare finanziamenti per la propria attività quasi fosse una mendicante…”
“Non mi pento di niente.” Disse perentorio Eysuke “Il lato umano degli affari è che essi sostentano migliaia di famiglie. Se, domani, il gruppo Takamiya fallisse, ha idea di quanta gente finirebbe sulla strada?”
Maya strinse gli occhi, provando in tutti i modi a non piangere, ma era impresa ardua: la commozione si fondeva, ora, con la rabbia.
Sentiva come profondamente ingiusto e sbagliato ciò che le sue orecchie udivano:
“E, così, in nome degli affari, ha dato un erede a Takamiya perché la Daito Art Productions fosse protetta e s’ingrandisse.”
“Masumi non è stato messo con le spalle al muro: Shiori è una donna piacente e colta. Inoltre, a differenza di molte ragazze, non pretende tante attenzioni. Era così anche la madre di Masumi, sai? Sapeva stare al suo posto. Del resto, ha accettato di stare con me per amore di suo figlio…”
“Ma a che prezzo?” sbottò finalmente Maya “Che cosa c’è di sbagliato nel seguire il cuore?!”
“Prova per un istante a vederlo rifiutato, quel <cuore>.” L’interruppe Eysuke inviperito “Prova a metterti nei panni di Shiori, così innamorata e fragile! Tu hai il teatro e una carriera radiosa davanti. Se ti mettessi tra la signorina Takamiya e mio figlio, lei ne morirebbe perché non ha altri che lui.”


“Che cosa ti ha detto il generale?”
Akoya ed Isshin camminavano lungo il fiume, immersi in un tramonto che pareva infinito mano nella mano.
Tutt’intorno, come sempre, era armonia, ma nel cuore di entrambi un che di malinconico campeggiava, ché il destino dello scultore era tutt’altro che deciso: la guarnigione, ancora al Villaggio, sarebbe potuta rientrare in un momento qualsiasi, portandosi dietro il giovane Isshin.
“Non abbiamo conversato un granché.” Rispose quest’ultimo “Mi ha detto come mi chiamo, che cosa facevo prima di perdere la memoria. Pare non ci siano dubbi: sono colui che cercano. Uno…scultore buddhista miscredente che si è rifiutato di scolpire per una comunità shintoista.”
Akoya strinse le labbra:
“E te ne ha dato spiegazione?”
“Non ci vuole molto per arrivarci e credo ci sia arrivata anche tu, amor mio.” Replicò Isshin con semplicità “In fondo, di che cosa mai si è discusso, tra noi, se non del mio strano rapporto con…la fede e la religione in genere? Quando ci siamo conosciuti, mi hai rimbrottato più volte. Sono un empio.”
“Non la penso così da molto tempo, ormai.” Mugugnò la ragazza “Tu sei la persona più onesta che conosca, la più sincera. Sono virtù care agli dèi.”
“Sai anche questo?” si stupì Isshin “Per favore, domanda loro cosa pensano di me, allora.”
Akoya scosse la testa:
“Pensano ciò che penso io, ovvero tutto il bene possibile.”
Lo scultore le prese entrambe le mani, portandole alla bocca.
“Non devi confortarmi per forza. Qui non si parla di piante medicinali o di animali da salvare. Si discute di creature che non hanno nulla a che vedere con questo mondo corrotto e pieno di pregiudizi…Tua nonna mi odia…Tutti mi odiano. Solo tu hai iniziato a volermi bene…”
“Lei non è mia nonna!” replicò pronta la giovane “Non so di chi sia figlia. Nessuno lo sa. Dicono tutti che sono mandata dalla dèa perché so fare cose al limite del miracoloso.”
Isshin la guardò con affetto:
“Non mi stupirebbe se fossi la dèa in persona: la tua bellezza, la tua saggezza sono talmente evidenti da balzare all’occhio al primo sguardo. Una tua parola genera armonia, pacata serenità. Questo, per lo meno, è accaduto a me: assieme al mio corpo, pian piano, hai guarito anche il mio spirito.”
Akoya lo abbracciò con foga.
“Sai,” mormorò lo scultore trattenendo a stento l’impeto di baciarla “la prima volta che ci siamo incontrati, ho avuto la sensazione di trovarmi davanti ad uno di quegli splendidi alberi di susino che circondano il tempio. Indossavi un chimono scarlatto, i tuoi capelli avevano lo stesso riflesso e, quando mi sorreggevi col tuo braccio, mi ispiravi solidità.”
“Davvero?” chiese la ragazza con voce accorata “Sì, amo profondamente questi alberi. Il loro profumo mi inebria, il loro colore genera in me armonia, la loro possanza mi protegge. Da tutte queste cose io mi sento…intessuta. Vieni, amor mio, c’è una cosa che voglio farti vedere.”
Strinse la sua mano e, con una lieve spinta, lo invitò a seguirla.
Nel folto degli alberi di susino che popolavano il fondovalle, i due amanti, come sospinti da una forza sconosciuta, correvano come se abitassero quei luoghi da lungo tempo.
La neve sotto i piedi, un ghiaccio scarlatto e bianco insieme, strideva sotto le suole delle scarpe di juta.
Finalmente, i passi di Akoya si fermarono.
Isshin rimase senza fiato per un istante. Dopo aver lasciato la sua mano, la giovane si era approssimata ad un enorme e maestoso albero di susino.
“Ecco Mot, il susino millenario.” Disse accarezzandone il fusto rugoso “Esso è lo spirito più antico di questo Paese. Era qui ai tempi delle antiche armonie.”
“Mot? Che storia è mai questa?” chiese lo scultore interessatissimo “Non ne ho mai saputo nulla.”
Qualsiasi cosa uscisse dalla bocca della sua compagna, per quanto finissero per scherzarci su, rivestiva una importanza straordinaria: costituiva una finestra sull’universo intero.
“Gli uomini raccontano poco questa leggenda e, in un certo senso, hai ragione quando affermi che essi rammentano solo ciò che più gli fa comodo.”
Di nuovo, prese ad accarezzare l’albero:
“Gli alberi celano la vita, raccontano la storia di centinaia di uomini che sono stati testimoni di tempi più fausti. Quando gli dèi vivevano sulla terra e le creature erano loro grate per gli infiniti doni elargiti tutto era armonia. Non esistevano discordie.”
“Questo te lo ha raccontato Mot?” domandò di nuovo lo scultore, profondamente colpito dalla sincera convinzione di Akoya.
“Ascoltare una storia, credere in essa è come riviverla. Il ciclo di vite si ripete e l’universo è un perenne eterno ritorno. Gli dèi non sono mai <spariti> dal mondo. Non del tutto, almeno: hanno lasciato i loro guardiani. E questi, qualunque fattezza abbiano, non cessano mai di interrogare gli spiriti…”
Lo abbracciò con calore:
“Mot e io siamo la stessa cosa. I tuoi occhi ti hanno guidato bene: ciò che ti ha colpito di me è corretto, adorato Isshin.”
“La…stessa cosa?” ripeté scioccato quest’ultimo.
Udì un sospiro profondo:
“Siamo composti di cellule, di atomi. Ogni cosa è intessuta nella materia dell’universo, dall’uomo al più infimo granello di sabbia.”
“Che sollievo…” sorrise lo scultore “Temevo parlassi seriamente.”
“Ma io parlo <seriamente>.”

CONTINUA!...

 
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view post Posted on 9/1/2014, 15:08
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Capitolo ottavo



Sakurakoji contemplava ancora, scioccato, l’immagine di Shiori Takamiya, che, seduta su una poltrona a rotelle, faceva a pezzi l’ennesimo bouquet di rose scarlatte.
Il suo viso pareva trasfigurato, come assente.
"Che cosa è successo?" domandò con tono appena udibile.
Masumi parve incenerirlo con un solo sguardo:
"Cosa succede? Succede che l'amore è un sentimento dalla doppia faccia: subdolo e viscido come un serpente, che si insinua nella mente degli uomini fino a togliergli il respiro, la stessa vita. Questo è accaduto!..."
Hayami strinse i pugni con rabbia estrema, mentre Yuu deglutiva sconvolto.
"La signorina è..."
"E' del tutto uscita fuori di senno." troncò il figlio di Eysuke "Come sei uscito di senno tu, quel giorno che, con la moto, hai rischiato di perdere la vita sotto a un camion! Come sono uscito di senno io quando, nel modo più sciagurato, ho tentato di uccidere un uomo che mi ha dedicato la sua intera vita! Questo è l'amore! Un sentimento dolce e meschino insieme, quando esso non è ricambiato o viene...minacciato."
Sakurakoji sospirò:
"Solo gli animi puri o chi è profondamente artista riesce a sfuggire alle persecuzioni che da esso derivano."
Il pensiero corse a Maya.
"Voglio che me lo dica, signor Hayami." cominciò Yuu con gravità "Quali sono le sue intenzioni, riguardo a Maya? Ho bisogno di saperlo, perché, conoscendo il trasporto che lei ha nei suoi confronti, sarei automaticamente fuorigioco."
"Io la amo." rispose senza indugio Masumi "Ci sono momenti in cui il mio cuore e la mia mente sono così sicuri di volerla da rasentare l'euforia più sfacciata. Ma, quando vengo quassù e guardo Shiori, quando percepisco la sua fragilità, che è stata ed è anche la mia, tutta la mia sicurezza evapora, lasciando il posto all'unico pensiero possibile: starle vicino, farla felice per quel poco che posso."
Sakurakoji lo fissò sorpreso:
"Pensa, dunque, che ella possa guarire?"
Hayami scosse la testa.
"Temo di no. Shiori soffre di una sindrome isterica senza rimedio." spiegò "Quando, tempo addietro, si è ammalata, prima che lasciassi la casa di mio padre, sono andato a vivere dai Takamiya: a stento mi riconosce. Vive solo per deturpare i bouquet di rose scarlatte che suo nonno - altrettanto folle! - continua a comperarle per tenerla calma! E' completamente impazzita, capisci?"
"E pensa davvero che sacrificare la sua felicità per una persona compromessa mentalmente serva a qualcosa?" chiese allora Yuu "Poteva pensarci prima di agire in modo sconsiderato! Prima di coinvolgere anche Maya! La mia preziosa partner di lavoro è...innamorata di lei ed io sento dentro una rabbia tale che sarei capace di spazzar via il mondo in un sol colpo! E di incenerire lei."


Passarono i giorni: la guarnigione al comando di Kusunoki cominciava a interrogarsi con apprensione sul perché non decidesse di lasciare Nara con lo scultore sacro.
Non c’erano dubbi, ormai, sul fatto che si trattasse proprio del ricercato.
Invero, il generale era roso dai dubbi, ché le parole accorate di quel giovane per nulla pusillanime gli avevano toccato il cuore, invitandolo, tra l’altro, a riflettere sulla vita e sul suo senso più profondo.
Tuttavia, mentre vagabondava per la Valle incerto, fu raggiunto da una notizia che ebbe il potere di rasserenarlo e sconvolgerlo insieme.
Il messaggero parlava di un conflitto devastante tra Terefusa e un clan di samurai ribellatosi all’autorità costituita: gli dèi, quindi, stavano decidendo per la guerra totale e il caos.
Qualunque carta, a questo punto, andava giocata: Isshin <doveva> ad ogni costo tornare per compiere il suo dovere e mettere pace attraverso l’opera sua.
Se gli dèi avevano scelto lui un motivo doveva pur esserci: era nebuloso, agli occhi del generale, ma pur sempre un modo per concedersi un briciolo di speranza.
Mentre si muoveva per radunare l’intera guarnigione, il messaggero gli si avvicinò passandogli un messaggio riservato.
Si scusò per averlo fatto nel momento in cui i suoi diretti subalterni si erano allontanati, ma la questione era della massima urgenza.
Rimasto solo, Kusunoki lesse con avidità il contenuto della pergamena.
“La missione è cambiata. Gli dèi si sono espressi.” Riconobbe la grafia dello scriba di corte “I capi della comunità buddhista e di quella shintoista hanno interrogato separatamente i loro oracoli ed hanno dato unanime parere. Non è più necessario ricondurre qui lo scultore: è a Nara che serve, dove si trova la sua materia prima.”
Il rotolo ricadde sulle gambe del generale:
“Colui che possiede una verità è il prescelto. Chi possiede questo nome è l’unto. E non dovrà usare un legno qualsiasi, ma quello più sacro agli dèi: il legno che racchiude lo spirito della madre terra.”
Il generale uscì dalla casa che lo ospitava come un pazzo: si guardò a destra e a sinistra in cerca di Isshin o di Akoya, ma non vide nessuno. Pensò che fossero al tempio nella Valle sacra e scappò in quella direzione.
Non aveva capito una sola parola di quel messaggio, ma era persuaso che, leggendolo, Isshin ne avrebbe colto il senso.
D’altro canto, pensava di rendergli un favore, dal momento che non sarebbe stato costretto a seguirlo fino alla Capitale.
E davvero i due innamorati sedevano sotto le fronde di un salice, al tiepido sole di un mattino di tardo inverno: discorrevano a bassissima voce e, da lontano, pareva di cogliere, tra essi, armonia e tenerezza.
Kusunoki sospirò:
“Siete qui, grazie al cielo. Non c’è più tempo da perdere. È giunto un dispaccio reale: ci sono notizie buone e meno buone.”
Il viso dei due ragazzi si fece interrogativo.
“Lo scriba dice che il monaco si è espresso: Isshin, dovrài scolpire una statua della dèa madre. Non sarà necessario ricondurti a casa.”
“Se una statua servisse a placare l’ira degli dèi, avrei scolpito non uno, ma ben due portali del tempio shintoista. E avrei modellato l’oro e il granito, non il legno! Come pensi che gli dèi possano anche solo apprezzare la mia opera? Io sono un miscredente! Non saprei neppure che forma dargli!”
Akoya stava lontano, il cuore stretto dall’angoscia.
“No, no! Il tuo nome è scritto negli oracoli: sei tu il portatore di una verità. Dell’unica verità!”
Isshin appose entrambe le mani sulle sue spalle:
“Ascolta bene, generale: l’ultima cosa che ho fatto, uscendo dalla casa del mio maestro è stato negare l’esistenza degli dèi! Io non credo in essi! Non posso essere io, quello scultore.”
“Sei stato scelto perché la tua arte induce a commozione!” sbottò il generale “Se per te non ha valore, ne ha per chi apprende la fede per tuo tramite! L’arte è da sempre un potente mezzo nelle mani di chi istruisce! Ho…studiato approfonditamente il tuo <caso> e, dacché ti ho conosciuto, più ti parlo più mi persuado che sei l’unica persona a poter dare una svolta a tutto questo caos!”
“Ma te l’ho detto! Non saprei come fare!”
Kusunoki, allora, preda dell’esasperazione più atavica, gettò il rotolo col dispaccio ai suoi piedi.
“Leggilo, per gli dèi!” urlò “E prendi atto che nessun uomo al mondo, neppure il più pio, rappresenta qualcosa di superiore, agli occhi degli dèi. Se sei il prescelto, prendine atto e basta. Anche se ritieni te stesso l’ultimo uomo sulla terra!”
Si portò indietro i capelli con entrambe le mani:
“Dovresti essere felice! Non ti porto neppure lontano dalla tua donna! Potrai restare a Nara, purché porti a termine la statua richiesta dal bonzo! Dovrai solo trovare l’albero sacro agli dèi: c’è un solo legno in grado di soddisfare la loro richiesta.”
Vide Akoya impallidire, quindi si rivolse a lei:
“Dolce fanciulla, te ne prego, persuadilo ad essere ragionevole. Non c’è uomo più degno di colui che è chiamato a soddisfare la volontà degli dèi.”
“Quel legno di cui parli…” cominciò la ragazza con voce tremante “io so dov’è e anche Isshin lo conosce bene.”
Lo scultore si girò di scatto per guardarla in viso.
“Mot…” sussurrò quasi tra sé “Ma…”
Prese per la mano la ragazza e la condusse dietro al tempio, dove non potevano essere uditi:
“Dimmi che si tratta di un incubo! E che le parole che mi hai detto l’altro giorno erano solo delle metafore! Dimmelo, Akoya!”
Ella sorrise stancamente:
“Ti ho già detto che non è così, mio caro: Mot è il mio spirito. Io e lui siamo la stessa cosa e lo hai intuito anche tu: a lui debbo la mia saggezza. A lui debbo la mia aura colorata di scarlatto che tu, per primo, hai saputo cogliere. Perché sei la mia anima gemella e l’altra metà della mia anima.”
Gli prese la mano baciandola con passione.
“Non temporeggiare, amor mio! In questa e in tutte le vite che verranno, io e te saremo destinati all’amore e alla completezza. Siamo nati per questo e, se anche dovessimo venire al mondo ai due poli della terra, ci incontreremo ugualmente. È il nostro fato!”
“Quando ti ho conosciuta,” Fece Isshin con occhi commossi “per la prima volta, ho sentito amore e calore. Protezione. Le tue cure mi hanno restituito fiducia negli uomini. Non posso pensare, ora, di fare qualcosa che possa nuocerti!”

CONTINUA!...

 
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view post Posted on 16/8/2015, 01:18
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Quanto mi piacciono i punti di vista esterni, alternativi, offrono degli scorci insospettabili. Ho ritrovato la tua Scarlett Rose... come sai, alcune storie le avevo già lette sull'altro forum, qui ho scoperto il punto di vista di Masumi, e poi quello di Karato, e li ho trovati stupendi entrambi.
La tua storia è molto aderente al manga, almeno nella prima parte, ma vedere svelati i pensieri più segreti di Masumi dà al personaggio un fascino del tutto nuovo che mi ha conquistata; mi hai fatto sentire con forza la sua passionalità sotterranea che emerge in relazione a Maya (secondo me, nel manga si percepisce come latente, la Miuchi la rivela con forza solo a tratti, ma più spesso resta nascosta dietro la maschera di freddezza e distacco). Il racconto si fa imprevedibile nella seconda parte con le vicende che legano Maya e Masumi, e devo dire che al primo impatto, ho fatto un po' fatica a riconoscere Maya in questa fanciulla disinibita, ma piena di complessi e sensi di colpa... poi ho capito che in fondo, questa potrebbe essere una delle sue evoluzioni, o forse è più giusto parlare di involuzione: la Maya originale si è sempre sentita inadeguata ed è molto carente in autostima, e la tua pare incapace di risolvere questi nodi esistenziali, almeno finché l'ostinazione provvidenziale di Masumi non interviene. Una lettura un po' sofferta questa parte, per il dolore che i protagonisti sanno procurarsi da soli.
Insolita e originalissima tutta la vicenda legata alla "vera madre" di Maya, che la lega strettamente alla sua sensei, una Maya che non aveva nulla, né famiglia né affetti e si ritrova ad avere tutto ciò che dalla vita può desiderare... è un finale che dà pace, dove tutto si placa.
La storia di Karato è più sofferta, a non meno bella; anche lui innamorato di Maya, ma non corrisposto (a dire il vero, non ho ancora capito se nel manga lo è davvero, qualche volta mi viene il dubbio... per me Karato ha un fascino ambiguo, che non significa necessariamente negativo) in effetti, è il solo che può mettere Masumi alle strette, obbligandolo ad affrontare i suoi veri sentimenti. Mi è piaciuto come lo hai relazionato con Mizuki, soprattutto come hai "svelato" il loro rapporto; hai costruito una trama ambigua che mi ha fatto dubitare di ciò che leggevo, intuivo qualcosa e subito dopo pensavo di sbagliarmi, e alla fine mi hai presentato le due facce uguali e contrarie di una donna, quella alla luce e quella che resta nell'ombra.
Nonostante l'epilogo mi pare che questa storia non sia conclusa e mi piacerebbe sapere qualcosa in più su quel cuore che batte nel petto di Karato. Mi rimetto a te e alla tua bravura, come sempre.
 
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view post Posted on 16/8/2015, 19:44
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Grazie, ScarLett. Grazie davvero. Sì, ho da terminare e da sistemare tante storie pubblicate sia qui che su Le Streghe. Ne ho la testa piena, ma, come sai già, sto scrivendo al fine di pubblicare. Ciò non significa che abbandonerò il forum. E' solo che il tempo è molto limitato. Ciao, spero di non annoiarti mai!
 
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view post Posted on 26/8/2015, 09:11
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Tu non mi annoi mai, sappilo!
Puoi sorprendermi e sconvolgermi, farmi sorridere, esultare o molto soffrire - come con la lettura de "L'amore di Isshin" - ma non annoiare. Sto apprezzando tutto quello che scrivi, poi può essere che ci siano storie che sono più nelle mie corde, ma ciò non toglie nulla alla tua bravura, e te lo dico senza mezzi termini.
Sempre complimenti!!
 
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view post Posted on 26/8/2015, 10:27
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Grazie mille. Veramente gentile! :inchino:
 
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