Murasaki no Bara no Yume  - Glass no Kamen  * Il Grande Sogno di Maya * Anime, Manga, Drama, World e Fanwork

A Scarlet Rose (II Version)

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view post Posted on 3/6/2010, 19:01
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grande Laura , più leggo questa storia più mi piace per il dolore che i due sentono , però io sperò che adesso non ci si metti questa liz tra i piedi , credo che lei sia molto più sveglia di questi due messi insieme , non si chiariscono mai realmente sempre con le cose dette a metà , ci sono sempre incompressioni tra di loro , visto che adesso potrebberò stare insieme si comportano cosi !!!!aspetto con ansia di continuare a leggere il continuo io sperò che vada bene alla fine......
 
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view post Posted on 8/6/2010, 16:18
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Puff Puff, eccomi con un'altra, purgata versione del Masumi's Diary!
Una settimana ancora e finisco con la scuola...


I susini della Valle allungano le radici fino alla Città dei Neon.

Ho passato la notte al capezzale di Eysuke senza chiudere occhio neppure per un attimo.
Ho deterso la sua fronte, gli ho offerto da bere, gli ho tenuto la mano come un figlio devoto dovrebbe fare.
La mattina è giunta presto e Maya è tornata, come promesso, con la sensei Tsukikage.
Sembra davvero invecchiata, col suo volto intenso segnato dalla malattia da cui mai è guarita.
La saluto alzandomi dalla sedia.
Mentre mi tiro giù le maniche della camicia, Eysuke si sveglia.
“Grazie” prova a dire “di essere tornata…”
Mi rivolgo a Maya con sguardo interrogativo e capisco che non è la prima volta che Chigusa viene a Keyo per far visita a mio padre.
L’odio sembra essersi dissolto.
Arriva persino Genzo, che, pieno di sollecitudine, va a cambiare l’acqua ai fiori.
Sono ramoscelli di susino ed io rimango assai sorpreso.
Ricordo che, fuori della Valle, quello che mi regalò Maya perse subito i fiori.
Invece, la composizione adagiata sul comodino pare godere di ottima salute. Forse perché la dèa scarlatta e la sua diretta discendente, oggi, sono entrambe qui.
La signora Tsukikage si siede accanto al letto senza parlare.
Maya e Genzo vengono fuori dalla stanza ed io li seguo.
La vita è davvero strana.
Di fronte al mistero della morte è possibile cambiare così radicalmente?
Guardo l’unica donna che abbia mai amato e le domando se vuole venire a bere un caffè con me.
Mi segue docilmente, con lo stesso passo stanco della sera prima.
Ed io mi preoccupo della sua salute, come ai “tempi migliori”.
Mitzuki mi ha detto che Eysuke non fa avvicinare nessuno al suo letto, a parte lei.
Non deve essere semplice assistere un vecchio in quelle condizioni.
Non capisco neppure perché lo faccia.
Allora, come sempre con la massima naturalezza, chiedo spiegazioni.
Davanti a una tazza fumante di tea, che sembra nascondere il suo piccolo viso, Maya dice che è felice di stare accanto ad Eysuke, per quanto sia difficile conciliare l’assistenza col lavoro a teatro.
Mi racconta del loro primo incontro, alla stazione della metro di Shibuya, dei suoi commenti entusiastici dopo Lande Dimenticate, del suo prezioso aiuto riguardo a Yaoya Oshichi,
Maya non ha mai visto malevolenza in lui e, anche davanti alla mia versione della storia con Shiori, resta impassibile.
Mi dice addirittura che è normale che un genitore desideri il meglio per il proprio figlio.
E Shiori Takamiya era il meglio per Masumi Hayami della Daito Art Productions.
Beve piano il tea, i suoi occhi sono pensierosi ed umidi.
“Mia madre, per esempio,” racconta “riteneva che la cosa migliore fosse conservare un lavoro fisso, che mi garantisse almeno un pasto caldo al giorno. Non pensava davvero che vivere per l’arte potesse costituire una alternativa. Comunque, aveva ragione nel dire che non è semplice. In teatro, guadagni se lavori. Non è come la TV, in cui vivi di immagine e pubblicità.”
Ascolto con attenzione le sue riflessioni, scorgendovi una maturità prima neppure intravista.
Sei consapevole, Maya, della vita che stai vivendo.
Non è più come prima, come al tempo in cui vivevi senza pensare dove avresti dormito, cosa avresti mangiato.
Cosa è cambiato?
“Sto per sposarmi anche io.” confessi dopo una pausa di silenzio che mi è sembrata interminabile.
Avverto un piccolo sussulto a livello muscolare, mentre il cuore sembra liquefarsi in un istante.
“Con Sakurakoji, immagino.” dico schiarendomi la voce.
Annuisci, mentre io mi passo una mano dietro il collo.
“Pensi che sia la persona giusta per te?” ti domando cercando di leggerti nel profondo.
“E’ la persona che, parafrasando una tua frase del passato, rende la dimensione relazionale meno faticosa.”
Nascondo un sospiro in una risata.
“Sarà sufficiente?” chiedo con una punta di ironia.
Cogli al volo l’allusione e, smaliziata come sei (grazie anche a me), dici che andare a letto con un uomo che non sono io è stato tutto sommato piacevole. Non saranno state scintille, ma, in fondo, non è poi così importante.
La tua filosofia di vita è diventata insolitamente pratica, ragazzina, e te lo dico senza mezzi termini.
Poi, quando ti domando se verresti ancora con me, mi pianti i tuoi occhi di bragia addosso e, priva di remore, rispondi di sì.
Sento mancare il terreno sotto i piedi. Le tue parole mi hanno dato i brividi.
Perché prendermi in giro, Maya?
Guardi la tazza vuota.
“Non mentivo,” affermi “quella notte, quando ti dicevo che mi sento persa senza di te e vorrei stordirmi tra le tue braccia non una, ma cento, mille volte ancora e in qualsiasi momento tu me lo chieda.”
Cerco di razionalizzare, ma invano.
Tiri nuovamente in ballo tua madre, mentre io ribadisco che mi hai lasciato proprio per colpa di quella ossessione.
“Non c’è futuro, ma solo distruzione, se non ti lasci alle spalle i sensi di colpa.” urlo alzandomi dal tavolino, incapace di reggere ancora quegli occhi adoranti.
“Masumi!”
Chiami il mio nome col tono perentorio di chi sa di avere già vinto.
“Ti aspetto! Vivo ancora nell’appartamento sopra la panetteria Aoyagi.”

Passo il resto della giornata come in trance, in attesa che giunga la sera, il momento in cui potrò rivederti.
Ho ancora addosso i brividi che mi hai procurato.
Ho spento il telefono lasciandolo sul comodino della stanza in cui mio padre riposa.
Ho detto solo a Mitzuki dove sarei andato, nel caso in cui Eysuke si fosse aggravato all’improvviso.
Passo dalla signora Kaibara, carico in auto un mazzo enorme di rose scarlatte e mi presento sotto casa tua puntuale come un orologio svizzero.

Cosa diavolo sto facendo?
Sono proprio impazzito.
Ho accanto una donna e Maya sta per sposarsi.
E non vuole una vita con mee per colpa di se stessa, dei suoi fantasmi, dei suoi complessi.
Sono come un uomo privo di dignità che viene a chiedere la sua “razione” di felicità senza pensare ad altro.
Il mio raziocinio è andato a farsi fottere, pensando che quella razione, per quanto amara alla fine, sarà assai abbondante!
Salgo facendo le scale a due a due, mentre sento la signora della panetteria urlare di far piano, ché il legno dei gradini è marcio.
Apro la porta scorrevole, mentre tu mi investi come un uragano, coprendomi di baci, accarezzandomi ovunque.
Non capisco più nulla.
Mi guidi nella tua camera, ti sdrai sul letto con indosso i vestiti.
E mi chiedi di amarti.
Sono sopraffatto dalla tua passione, che, sommandosi alla mia, porta ad un delirio estremo.
“Tu mi appartieni” dico “e, da adesso in poi, sarò io a condurre i giochi”
Non cogli neppure il senso delle mie parole.
Ti ridesterai quando sarò già lontano, Maya.
Contemplo il tuo viso appagato e dormiente mentre, stavolta, sono io a chiudermi la porta alle spalle.


Il ristorante dal cuore infranto, parte seconda.
(la vita è un eterno ritorno).

Ho invitato Liz a pranzo per confessarle il mio tradimento.
Sono certo della sua comprensione.
Sa che cosa ha rappresentato – e rappresenta tuttora - Maya Kitajima per me.
E anche se il pensiero della ragazzina è ben lungi dall’essere cacciato a calci nel sedere, so che la spunterò, dovessi andare in capo al mondo.

La salverò.

Così come lei ha salvato me dalla miseria dello spirito, anni fa.
Liz siede di fronte a me col volto un po’ teso, ma non sofferente.
“Masumi,” afferma “so cosa stai per dire, ma fingerò di non udirlo.”
Bevo il brandy.
“Me ne andrò solo quando sarò certa che non porterà all’altare quel ragazzino imberbe.” dice la donna guardando fuori dalla vetrata con un guizzo improvviso di rancore negli occhi blu.
Lodo inconsciamente la sua perspicacia.
Liz ha capito che Maya non ha ancora preso una decisione e, secondo lei, se la assecondo, sarò io a subirla ancora una volta.
“No,” dico perentorio “anche se dovesse arrivarci, all’altare, sarò io a vincere!”
“E come?” chiede ironica Liz “Solo perché puoi averla quando vuoi, credi di poter sopportare che lei si sposi?!”

Dèi, come somiglia a Shiori Takamiya!

“Questa tua relazione non è una condanna per me.”
“Aspetta.” la blocco “Stai dicendo che continueresti a stare con me pur sapendo che, appena mi fa un cenno, scappo da lei?”
Liz annuisce.
“Lei non è per te.” dice con tono arcano “E’ come un cancro, mentre io sono l’unica donna che possa renderti sereno.”
Rido sfacciatamente, come se quel che afferma fosse privo di ogni logica.
Le donne sono strane.
Puntano in alto, ma poi, davanti all’evidenza della realtà, aggiustano il tiro barattando il meglio col meno peggio.
In questo non sono dissimili dagli uomini e, se io sto con Liz, è proprio perché, finora, è stata una donna di comodo, non impegnativa, piacevole dentro il letto e fuori.
Ora mi infastidisce come una qualsiasi amante che vuole di più.
Forse, lo ammetto, non ha torto.
Mi sono comportato allo stesso modo con Shiori Takamiya.
L’ho sedotta e viziata come avrei voluto fare con Maya e ho finito per farla diventare esigente.
Ma ora non posso pensare a lei.
E’ Maya il mio imperativo.
Dico a Liz che è finita, che non voglio ricordare il passato trascorso insieme a lei con cattiva disposizione di spirito, anche perché molti sono stati gli eventi piacevoli, ma ella, stranamente, prende a puntare i piedi.
“Non mi scaricherai così facilmente!” urla “Io non sono Shiori!”


Il Generale Millepiedi ritira le truppe.

Ho ricevuto una chiamata inattesa, che speravo di non ricevere.
Mentre pranzavo con Liz, Eysuke Hayami si è aggravato.
Col cuore stretto in una morsa di angoscia, ho raggiunto l’ospedale di Keyo, ma è tardi per qualsiasi parola, tardi per ogni richiesta di perdono o di spiegazione.
Nella stanza ci sono Maya, la signora Tsukikage e Genzo.
Non è permesso a nessun altro di entrare: in corridoio ho intravisto Mitzuki, Asakura e alcuni dirigenti.
E, poi, Hijiri, defilato per ovvie ragioni, e Coichiro Gin.
Quando faccio il mio ingresso in camera è già tardi.
Vedo la ragazzina commossa ed io, mio malgrado, sciolgo in lacrime il nodo di che mi ha oppresso fin dal rientro in Giappone.
La signora in nero scuote leggermente il capo, accennando al modo originale in cui Eysuke ha concluso la sua vita terrena.
Dice che gli ha tenuto la mano fino all’ultimo e che è morto nell’illusione di avere ottenuto l’amore e il perdono della sua dèa scarlatta.
Poi mi porge una busta che, prevedibilmente, dovrebbe contenere le sue ultime volontà.
Chiedo a Genzo-san di portarla all’avvocato Yamashita, il mio legale di fiducia, che siede qui fuori, circondato dai parenti avvoltoi.
Mi avvicino a Maya, ancora accanto al letto di mio padre, e, insieme a lei, tiro su il lenzuolo per coprirne il volto.
Le nostre mani si stringono forte.

E’ tipico, nelle famiglie in vista, non tirare troppo per le lunghe momenti di legittima tristezza, specie se, sul piatto della bilancia, c’è un succulento boccone, un patrimonio da milioni di dollari in beni mobili ed immobili accumulato in quarant’anni di attività.
Ce n’è per mantenere abbondantemente mezza dozzina di allargatissime famiglie per i prossimi duecento anni, ma, come accade in questi casi, qualcuno, in virtù di un legame di sangue senza valore, vuole accaparrarsi ogni cosa.
Penso che quei cuginastri odiosi sarebbero capaci di dilapidare l’eredità in un decimo di secondo e se lo meriterebbero!
Ma perché regalare loro anche il frutto delle mie fatiche?
La Daito di oggi è mia di diritto.
E’ il mio volto a rappresentarla in ogni parte del mondo!
Questo lo sanno i dirigenti, che mi stimano e mi temono, e lo sa anche la famiglia Hayami.
Quando l’avvocato Yamashita mi convoca nella sala ovale del palazzo di Shibuya, sede preferita del vecchio Presidente, constato, con mia grande sorpresa che, a parte i cugini, sono presenti anche Hijiri, Maya e la signora Tsukikage.
Mitzuki mi raggiunge e prende posto accanto a me.
Finalmente il legale, tagliacarte in mano, apre il testamento di Eysuke.
Le sue mani tremano un poco, leggendo evidentemente qualcosa di insolito già dalle prime righe.
“Signori,” afferma “questo non è lo scritto depositato presso il notaio dieci anni fa, al tempo della prima malattia del Presidente.”
Si tratta di una lettera, regolarmente firmata e datata, e, quindi, di indiscutibile valore legale.

“Io, Eysuke Hayami, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, dispongo che i beni di famiglia vengano distribuiti nel seguente modo: a Chigusa Tsukikage la proprietà esclusiva dell’Actor’s Studio e della Compagnia Ondine, che, passando sotto la sua gestione, cambierà il suo nome in Compagnia Oozachi. A Maya Kitajima la proprietà esclusiva del teatro Shuttle X e della Sala Ugetsu. Al mio unico, legittimo figlio, Masumi Hayami, la Daito Art Production, i teatri di Shinjuku, Shibuya e Yokohama, la villa di famiglia a Tokyo, tutti gli appartamenti della capitale, la villa di Nagano e quella al mare, nonché ogni altro bene mobile o immobile a me intestato, fatta eccezione delle ville di Hokkaido e Kyushu, che andranno agli eredi dei miei due fratelli, Ryoko e Takeshi, ai quali sarà versata una rendita vitalizia che mio figlio Masumi, a suo piacere, disporrà. Prefettura di Keyo, 18 novembre 2008.”

Terminata la lettura, i parenti saltano sulla sedia accampando scuse, tirando fuori i prevedibili “j’accuse” relativi al legame di sangue con Eysuke che io non ho.
E poi chiedono all’avvocato come sia possibile che un uomo colpito da ictus e immobilizzato lungo tutto il lato destro possa firmare in modo leggibile.
L’avvocato sorride, fingendo di stupirsi che dei “parenti stretti” non fossero a conoscenza del fatto che Eysuke era mancino.

Abbasso il capo, accorgendomi di essere senza fiato.
Pare impossibile che abbia lasciato parte del suo patrimonio persino alla signora in nero; e a Maya, poi, che aveva provato a distruggere, prima di soccombere anche lui al sentimento di stima e di “affetto” che un talento come il suo inevitabilmente suscita in chi ama davvero il teatro.
Io ho ottenuto più di quanto pensassi.
Chiamo Mitzuki, che ha verbalizzato l’evento, e mi occupo della “prassi spicciola” che situazioni come questa comportano.
Poi, stanco, ma soddisfatto, raggiungo Maya e la signora Tsukikage.
“Sono lieto abbia accettato l’eredità di Eysuke.” affermo convinto.
L’anziana attrice precisa che non si è lasciata comperare dal denaro, ma dal cuore di un uomo che, nell’ultimo istante della sua vita, ha dato una brusca virata alla nave. Il vento di tempesta è divenuto bonaccia, anche perché il perdono viene dagli dèi e questo, ella, lo sa bene.
“Ragazzina,” chiamo col tono un po’ ironico “e così anche tu hai avuto la tua parte!”
Maya si avvicina incerta a me.
Provo il desiderio di stringerla forte, ma mi trattengo.
I miei istinti tutti “occidentali” non vanno bene in un ambiente come questo, per di più in occasione della lettura di un testamento.

Sono felice! Eysuke ha riscattato il suo marchio di infamia e, finalmente, ha fatto quel che doveva.
La Daito, la mia Daito!
E poi Maya, coerede con me.
Dèi, nel giorno in cui mi è stato tolto il padre, mi avete concesso tutto.
“Signor Hayami,” dici sospirando “non posso accettare l’eredità di suo padre e l’ho appena comunicato all’avvocato Yamashita.”
Sei una attrice, non sai nulla di economia e gestione di patrimoni.
E poi tiri in ballo il tuo futuro marito, che devi consultare, non essendo del tutto convinta che egli sia d’accordo!
“Non costituisce un problema per me.” dico sbrigativo, chiudendo un poco gli occhi e fingendo di cambiare il soggetto della sua allusione.
Mi guardi scossa.
“Ma Sakurakoji…”
“Sakurakoji?” ripeto “Cosa ha a che fare con la mia futura sposa?”
Le persone intorno a noi, che sembravano impegnate a fare altro, tacciono all’improvviso.
Vedo Mitzuki sorridere sorniona.
“Io non sono fidanzata con lei!” urli come presa dal panico.
Mi accendo una sigaretta.
“Questo è un particolare cui si può subito porre rimedio!”
Mi appoggio ad una sedia, imperturbabile come sempre, mentre tu seguiti a osservarmi con un misto di rancore e paura dipinto negli occhi.
“Non voglio sposarla!”
“Quello che tu credi di volere non è affar mio.” affermo categorico “Ciò che conta è la verità dei fatti e, come tu stessa mi hai confessato, di me non puoi fare a meno.”
I parenti urlano allo scandalo.
Tu corri verso la porta, rossa di vergogna e collera, ma non ti fermo.

Oggi è il giorno della vittoria.

Ho avuto tutto quel che volevo: il mio cognome, la mia società e te.
E dovrai fartene una ragione, perché, stavolta, non farai di me un burattino. Sono stato fin troppo indulgente, concedendoti in lusso di massacrare me e te per colpa di qualcosa che non esiste, ma adesso è finita.
Ed io mi prendo tutto, anche te, che ti piaccia oppure no.
In fin dei conti, è questo che ci si aspetta da Masumi Hayami!


Legami di sangue ed eredità dell’anima.

Conoscendo Maya Kitajima, mi sono convinto che certe cose non possono esser date per ovvie, anche perché sono suscettibili di repentine trasformazioni.
E’ l’andamento del genio o, semplicemente, la paura di calarsi in un ruolo ufficiale e definito che imprigiona un’anima nata libera e che tale vuol conservarsi.
La ragazzina è cresciuta con l’immagine sfocata di un padre inesistente, con il peso della personalità ossessiva di sua madre sulle esili spalle e la consapevolezza di valere qualcosa solo su un palco.
Una consapevolezza faticosamente conquistata, ma pur sempre in bilico, a dispetto del successo di cui ha goduto e gode tuttora.
Neppure il mio sostegno come devoto ammiratore è riuscito a sollevarla dalle estenuanti paranoie di chi si ritiene poco più di un nulla.
Lo spirito di sua madre, lasciata troppo tardi (benché Maya, di anni, ne avesse appena tredici), aleggia ancora – nefasto – su di lei.
Mi sono sempre domandato come due persone tanto diverse potessero essere legate dallo stesso sangue.
Maya non ha nulla che ricordi Haru e, a ben vedere, non somiglia neppure a suo padre, se non in altezza.
Ha gli occhi chiari, che nascondono ovvie discendenze non nipponiche, ma lei ha sempre detto di non sapere nulla di eventuali parenti all’estero.
I suoi genitori erano entrambi orfani da diversi anni, quando si sono sposati.
Sì, forse Maya non possiede una bellezza “canonica” – per quanto io straveda per lei – non ha il portamento, lo stile e il fascino della signora Tsukikage, ma le somiglia molto.
Me ne sono avveduto durante la rappresentazione de La dèa scarlatta.
Non era solo una questione di trucco.
Le due donne si somigliano davvero e molto anche!
Per non parlare della passionalità che le anima entrambe.
Anche Chigusa Tsukikage, da ragazza, amò – riamata - Ichiren Oozachi, un uomo più vecchio di lei di vent’anni e con famiglia per giunta!
Insieme avevano messo in scena un copione che parlava delle loro anime, realmente gemelle, realmente indivise.

E Maya?

Sul <vascello delle fate> non ha mostrato esitazione: è stata mia con piena cognizione e senza rimpianto. E, poi, dopo la nostra separazione, quando è tornata a chiedermi di amarla, ha mostrato una determinazione non comune, insolita per una ragazzina nata e cresciuta nel quartiere di Yokohama.
Se ci penso, mi manca ancora il respiro.
La sua sincerità, i suoi impeti non sono quelli della figlia repressa di Haru Kitajima.

E’ uguale a lei, a Chigusa.

Dietro inconsapevole suggerimento di mio padre, Maya ha interpretato addirittura Yaoya Oshichi, lo stesso monologo in cui si cimentò la signora in nero per palesare ad Ichiren i suoi sentimenti.
Tutto accomuna queste donne.
Il legame tra Maya e la signora in nero va aldilà della banale trasmissione del codice genetico e, pur tuttavia, è più forte di una semplice eredità spirituale.

Telefono ad Hijiri.


Amore imposto o amore ritrovato?

Vado alla panetteria per cercare Maya, ma ella non c’è.
Sembra sparita nel nulla, mi dice la signora Aoyagi, ma io non mi preoccupo più di tanto perché la troverò, prima o poi.
Squilla il telefono.
Mentre parlo con Hijiri, che mi comunica interessanti sviluppi della faccenda di cui gli avevo chiesto di occuparsi, ricevo anche una chiamata da parte di Maya.
Mi infilo in macchina e vado un po’ fuori città, verso la villa che la signora in nero ha abbandonato quando, ancora vicepresidente della Daito, ho fatto fallire la sua compagnia.
Il sole picchia forte, lottando col gelo tipico dei primi di dicembre.
Ti trovo in giardino, stretta nel cappotto di pelliccia che indossavi il giorno in cui mi desti un passaggio al Plaza Hotel sotto il tuo ombrello con le fragole.
Chissà se, mettendotelo sulle spalle, hai rammentato quell’episodio e hai riso, magari, pensando all’ubriaco che, senza saper nulla, ci scambiò per amanti.
“Hai intenzione di nasconderti per sempre?” ti chiedo alzando il bavero del mio impermeabile chiaro.
“Non voglio sposarti.” ribadisci senza guardarmi negli occhi.
Sorrido beffardo e mi accendo una sigaretta.
“Smettila,” dici tu “mi da fastidio!”
Getto a malincuore l’amata senza filtro che finirà per ammazzarmi prima di arrivare al traguardo dei cinquanta (ammesso che non sia Maya a infliggermi il colpo letale!).
“Allora, mia futura signora, andiamo in macchina o preferisce fare un giretto nella villa? Ricordiamo i vecchi tempi, che ne dice.?”
Camminiamo fianco a fianco lungo i viali: circondati da alberi senza foglie, coi ciottoli malmessi sotto i piedi e l’immancabile vento gelido che accompagna ogni nostro incontro “privato”.
“Masumi,” mi dici mentre chiudo il pesante portone “devi lasciarmi in pace.”
“Impossibile.” le rispondo con voce secca “Dall’ultima volta, che tu te ne sia resa conto o no, sono stato io a chiudermi la porta alle spalle. Ho giurato, quella notte, a Londra, che non ti avrei più consentito di guidare questo gioco al massacro e così è stato.”
Mi fermo per riprendere fiato.
“Nessun fidanzamento ufficiale fermerà Masumi Hayami! Esattamente come nessun fidanzamento ha impedito a te di venire a cercarmi. Come vedi, siamo uguali.”
Mi sono avvicinato al grande camino del salone. Le tende in panno pesante di colore scarlatto fanno filtrare un po’ di luce, rivelando un ambiente arredato con gusto.
“E’ strano” dico per rompere il silenzio “che nessuno abbia coperto i mobili, prima di lasciare la villa.”
Vedo che passi la mano sulla poltrona di pelle su cui la Tsukikage si è seduta molte volte, anche in mia presenza.
Maya non mi risponde.
Sta guardando fisso un ritratto della signora in nero appeso alla parete.
E’ una tela enorme, dipinta da uno dei più grandi artisti del dopoguerra, un regalo di mio padre, l’unico forse che abbia mai accettato.
“Hai intenzione di non parlarmi per sempre?” domando provando a metterti una mano sulla spalla.
“Non sarò mai felice con te, Masumi. Non riesco a dimenticare le mie origini né il torto fatto a mia madre.”
Ti sento singhiozzare piano e provo ad abbracciarti.
So che è inutile, ma ti ricordo che tua madre è morta dentro un cinema nel quale veniva dato un film di cui tu eri protagonista e si stringeva orgogliosa al petto un logoro ritaglio di giornale con la tua foto!
Ella ha lasciato la vita consapevole di aver fatto bene a lasciarti andare!
Perché non cogli quel che per me è evidente, Maya!
Non rammentare soltanto le parole cattive, quelle che qualunque persona sola al mondo, per quanto buona, direbbe, se abbandonata dall’unico affetto che le resta!
Mi guardi stizzita, ricordandomi che il matrimonio con Sakurakoji non lo cancellerai solo perché sono io ad ordinartelo.
Certo, so che ne saresti capace, cocciuta come sei, ma stavolta sono io a chiederti di amarmi, curioso di sentire se avrai il coraggio di negarti a me e, con lo stesso coraggio, correre all’altare con la menzogna nel cuore.
“Sai bene che non posso resisterti in nessun modo.”
“E non è sufficiente?” chiedo sorridendo.
“Posso fare l’amore con te centinaia di volte in un giorno, stordirmi quanto vuoi, ma, prima o poi, dovrò risvegliarmi alla luce della verità.”
Allora ti dico che sono pronto a stordirti per tutta la vita pur di salvarti da una realtà distorta.
Ti lasci andare ad una sonora risata.
Sai che ne sarei capace.
Avanti, ragazzina, lasciati andare!
Lascia che il tuo donatore di rose scarlatte venga a salvarti su un bianco destriero per portarti nel mondo dell’Arcobaleno, di cui sei stella, e nel suo regno, di cui sei incontrastata regina.

Madre.

Abbiamo lasciato la villa in silenzio, così come siamo arrivati.
Mi sento un po’ mogio, ma non domo.
Anche se non ti sei lasciata andare, posso ritenermi parzialmente soddisfatto del mio insuccesso.
Se non altro, negli ultimi dieci minuti, non hai più negato di volermi sposare.
Appena arrivato in ufficio, Mitzuki mi annuncia una visita.
So che Hijiri mi sta aspettando nella sala privata e le chiedo se si può posticipare l’inatteso incontro.
La segretaria dice che, pur avendo insistito in tal senso, la “persona” in questione ha fatto di testa propria ed io capisco che si tratta di Liz.
Sospiro profondamente ed entro in ufficio.
Mi accoglie con un sorriso radioso, che nulla di buono sembrerebbe preannunciare, visto che al ristorante il commiato non era stato dei migliori.
“Devo darti una notizia.” dice “Ho trovato lavoro in uno studio legale di Tokyo ed anche un appartamento tutto mio.”
“Ne sono lieto.” commento “Ma pensavo preferissi fare ritorno in patria.”
Ella mi guarda seriamente, dicendo che la doppia cittadinanza, se si ha la fortuna di averla, va sempre sfruttata.
I suoi fini sono culturali, ovviamente, ma anche economici: Liz è un’esperta di diritto internazionale.
Quando la conobbi, mi colpì la sua determinazione nel perseguire obiettivi difficili con le sue sole forze, cosa inconsueta per una ragazza occidentale che viene da una famiglia economicamente florida.
Suo padre è stato ambasciatore ed ella ha viaggiato in tutto il mondo fin dalla più tenera età.
“Non voglio tornare a casa” afferma “finché non ti avrò visto capitolare.”
Mi lascio andare stancamente sulla poltrona, dicendo che, dovessi campare mill’anni ancora, non potrò mai lasciarmi alle spalle Maya e la nostra storia.
“Quando si sposerà?” mi chiede.
“E’ una domanda inutile.” rispondo.
Allora mi fa una proposta strana - al limite del grottesco, a parer mio - ma non del tutto trascurabile.
“E perché lo faresti?” le domando con tono sconcertato.
“Perché io ti amo davvero” dice “e saprò mettermi il cuore in pace solo se avrò la certezza che non ti molli come uno straccio vecchio per l’ennesima volta.”




Continua…



 
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Emer Kenobi
view post Posted on 8/6/2010, 21:58




Wow!! laura come fai? riesci sempre a stupirci con delle trame assai imprevedibili, ma sempre emozionanti! mi stavo già disperando alla notizia del matrimonio di Maya col polpo e quando masumi si è chiuso la porta alle spalle credevo avrebbe lasciato maya per sempre... e invece l'eredità, Masumi che DECIDE sposerà lui Maya! grandioso! Il Masumi dei vecchi tempi.

Maya poverina, sarà anche diventata disinibita da un lato nel concedersi a Masumi, ma resta sempre stordita e complessata... ha la fortuna che le sorride e non la vuole cogliere?

Mi preoccupa invece Liz... oddio ma possibile che tutte le cozze attaccate allo scoglio se le trova Masumi?
 
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Yayoi
view post Posted on 8/6/2010, 22:32




Splendido il tuo Masumi che finalmente riprende in mano la sua vita (e anche quella di Maya) come ai vecchi tempi. :pollice:

Mi rendo conto che per riprendere in mano la tua ff stai facendo gli straordinari.....
grazie 1000 che ci dai la possibilità di rileggerla, sempre e con infinito piacere.

Baci.
 
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view post Posted on 9/6/2010, 09:47
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Eh, ragazze, sono più di duemila pagine (perché ho scritto praticamente i pdv di tutti i personaggi di GnK (TRANNE quelli delle ragazze della COMPAGNIA Tsukikage).
Stasera posto il finale di questa parte, se non è troppo lungo, così, da domani, metterò altro. Per gli inediti, come scrivevo, aspettate fino al quattordici...giorno di scrutini a ripetizione....HELP!
 
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~*Floriana*~
view post Posted on 9/6/2010, 09:52




...mmazza che lavorone! Ma tutto sotto lo stesso titolo o sono tante ff diverse?
Aspettiamo il finale di questa parte, allora!
Ciao!
 
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view post Posted on 9/6/2010, 16:15
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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E' stato un anno intenso e ho sempre detto che Garasu ha costituito per me una formidabile palestra di scrittura, oltre che un motivo di introspezione...
Brutte notizie...i caratteri son troppi. Metto il finale domani...


Ritratto di donna.

Ho raggiunto Hijiri nella saletta privata per ascoltare le ultime notizie in merito all’inchiesta che gli ho affidato.
Già sulle prime resto sconcertato.
I risultati delle analisi parlano chiaramente di DNA compatibile.
“Ma come è possibile?” chiedo leggendo la perizia “Lei ha ottant’anni!”
“Non ho mai detto” chiarisce Hijiri “che Maya e Chigusa Tsukikage siano madre e figlia.”
Guardo il mio collaboratore come se brancolassi nel buio.
Allora egli mi dice che ha trovato una cosa interessante e me la mostra.
“E’ una cornice funebre…” constato “Con il ritratto di una donna…giovane, credo.”
Hijiri afferma che si sta occupando personalmente di rielaborare l’immagine deteriorata.
Non comprendendo perché, con tanta solerzia, desideri recuperare una foto vecchia di vent’anni, gli chiedo dove ha trovato l’oggetto ed egli mi risponde che era nella soffitta della villa abbandonata.
“Molto interessante, ma potrebbe essere una qualsiasi attrice del teatro Gekko.”
“Forse,” mormora Hijiri “ma la foto, per quanto datata, è a colori e ciò significa che risale almeno a venti, trent’anni fa, quando il teatro Gekko non esisteva più.”
Sospiro profondamente.
“Pensi” gli propongo “sia il caso di andare a riempirsi di polvere insieme, domani mattina?”
Hijiri annuisce.
L’inchiesta deve restare segreta, non possiamo permettere che nulla trapeli, anche perché la presunta parentela che unisce Maya alla signora in nero potrebbe risultare infondata.
Mezz’ora dopo, quando sto per lasciare l’ufficio, Karato mi chiama dalla saletta privata per mostrarmi il frutto delle sue fatiche: è rimasto chiuso a lavorare diverse ore ed io sono ansioso di vedere che cosa è riuscito ad ottenere da una foto in condizioni precarie.
Il risultato è notevole: si tratta di una bella donna.
Non appariscente, ma piacevole, con lunghi capelli castani e gli occhi azzurri.
Il mio collaboratore mi chiede se noto qualcosa in particolare, ma io nego, anche se non posso negare abbia qualcosa di familiare.
Proprio mentre sta per ribattere, ricevo una chiamata di Liz, che mi comunica di aver visto Maya e Sakurakoji insieme al Queen’s.
Mi scuso con Hijiri e scappo via, preso dal panico.
Se il ragazzo l’ha invitata in un ristorante di lusso può essere solo per un motivo.
Testarda!
Non ha ancora rotto il fidanzamento.
Ma gliele chiarirò io le idee, questa volta!




Valzer.

Arrivo al ristorante e, come una furia, raggiungo il tavolo dei due piccioncini.
“Andiamo via” intimo a Maya prendendola per un polso.
“Signor Hayami…” ribatte ella debolmente.
“Signor Hayami un corno! Tu stai con me e questa storia, stasera, sarà chiara per tutti, soprattutto per te, Sakurakoji!”
Il giovane attore si alza dalla sedia con volto accigliato.
“Sta dando spettacolo…” sibila “deve essere ubriaco.”
Lo guardo sfidandolo apertamente:
“Masumi Hayami” dico “può permettersi di andare in società anche ubriaco e nessuno, men che mai tu, è legittimato ad esprimere commenti di sorta.”
Cerca di colpirmi, ma io, più rapido, lo afferro per un braccio e lo trascino fuori.
Questa scena l’abbiamo già recitata.
E’ quella che mi è venuta peggio, ché, pur avendo schivato ogni suo colpo, quella volta, egli è riuscito a prendersi ciò che è mio di diritto, ferendomi nel profondo.
Non potrò mai perdonargli di avere approfittato della debolezza di Maya, seducendola coi suoi modi da signorino beneducato.
“Masumi, smettila!” urla la ragazzina cercando di mettersi in mezzo.
Finisce per terra, strattonata malamente dal sottoscritto, impegnato a darle di santa ragione al mio rivale in amore.
E’ diventato più forte e qualche buon colpo lo incasso anche.
Ma sono io ad avere la meglio.
La mia sfuriata costa a Sakurakoji un vistoso livido nero intorno all’occhio destro e un labbro sanguinante, fors’anche un paio di costole incrinate.
“E adesso” dico col respiro mozzato dalla fatica “vuoi toglierti definitivamente dai piedi??!”
Chiama debolmente Maya, chiedendole cosa vuole che faccia. E’ disposto a continuare a lottare, ma solo se i suoi sentimenti sono sinceri.
“Non sono innamorata di te…” risponde lei “…eri a conoscenza di questo, ma, ciò nonostante…”
Sakurakoji si passa una mano fra i capelli e, andandosene, ci manda gentilmente al diavolo.
Porto Maya in macchina, fingendo di non avvertire i doloretti che la colluttazione mi ha lasciato addosso.
“Stasera sono stanco.” le dico “Di’ tu dove vuoi che ti porti, ma non voglio più sentir parlare di quel ragazzo.”
“Dove vuoi.” risponde ella vaga, guardando un punto indefinito al di fuori del finestrino.
Sorrido con bonaria ironia:
“Allora, andiamo a casa.”
Giungiamo a villa Hayami a notte inoltrata.
Accendo le luci del salone principale e ti chiedo se desideri che ti faccia preparare una stanza per te sola.
Non mi rispondi neppure e ti dirigi verso il pianoforte a coda sistemato accanto alla vetrata. Osservi con attenzione le foto racchiuse in preziose cornici d’argento ed io noto che, stasera, sei incredibilmente bella, nel tuo abito da sera blu.
Tiro un sospiro e mi verso da bere.
“Che bella donna.” dici rivolgendoti a me “E’ tua madre?”
Mentre mi mostri la foto ed io nego con un semplice cenno della testa, sento un gran senso di pace invadermi da capo a piedi.
Dèi! Non ho più bisogno di altro, adesso!
Trascorriamo svariati minuti l’uno nelle braccia dell’altra. Le sue sensazioni si fondono coi miei ricordi sfocati.
Per un attimo, ho la sensazione che la donna che stringo a me non sia neppure Maya e ne ho paura.



La verità bussa alla porta
(prima o poi, chiederà di uscire).

Non riesco a prendere sonno.
Preda di una strana, irrazionale angoscia, ho lasciato Maya a riposare in camera mia e sono ritornato nel salone.
La cornice che ella teneva in mano racchiude una foto “familiare”.
Erroneamente, Maya ha pensato fosse un ritratto di mia madre, ma non lo è.
E’ beffarda, la sensazione che provo.
Per tutta la vita ho avuto sott’occhio quel viso e non ho mai chiesto spiegazioni ad Eysuke.
Quante volte ho suonato Chopin e Mozart a quel pianoforte e quegli occhi azzurri hanno continuato a seguirmi condiscendenti, senza che io sapessi a chi appartenessero.
La spiegazione può essere solo una: sapevo chi è la donna della foto.
Lo sapevo.
Ma la familiarità è una cosa, la conoscenza è un’altra.
E provo sconcerto, quando, guardando bene quel volto, vi scorgo la stessa donna di cui mi ha parlato Hijiri.
“Masumi!”
Mi giro di scatto ed ho un sussulto mentre brividi freddi salgono lungo la schiena senza che io possa in alcun modo controllarli.
Che sguardo ha Maya?!
I suoi capelli lunghi, gli occhi scintillanti, la pelle chiara. Persino il tono di voce mi pare diverso.
“Mi hai spaventato…” dico passandomi una mano tra i capelli.
Ella si avvicina, prendendo il ritratto dalle mie mani.
“Ancora quella foto?” mi domanda sorridendo.
Devo avere la faccia stravolta quando le confesso che quella donna non so proprio chi sia, sebbene sia proprio <uguale> alla mia ragazzina!
“Ma cosa dici?” mi prende in giro “E’ troppo graziosa per somigliarmi. Io credevo fosse la signora Fujimura.”
Mi verso un po’ di caffè nella tazza, cercando di riprendermi dallo spavento. Ho le mani che mi tremano e, senza volerlo, ne verso un poco sul tavolino.
“Devo andare, scusami.” le dico in fretta “Ho un appuntamento importante con Hijiri. Non ci rivedremo prima di stasera.”
Mi blocca una mano chiedendomi di abbracciarla.
E’ invitante, ma devo andare.
Prima di uscire, passando per il salone, la scorgo seduta al piano, mentre abbozza una melodia.
“Ti troverò qui?” domando serio “Oppure devo venire a riprenderti alla panetteria Aoyagi?”
Mi guarda comprendendo in pieno l’espressione volutamente acida appena proferita.
“E’ questa, la mia casa, adesso.” mormora piano.

Hijiri mi aspetta davanti al cancello della villa abbandonata, puntuale come convenuto.
Mi saluta chiedendomi come sta Maya ed io, pur essendo preda di un’ansia strana, gli dico che va tutto benissimo, finalmente.
Karato sorride come se la felicità che mi tocca fosse anche la sua.
La sua devozione è commovente ed io sono grato agli dèi di avere un amico simile.
Saliamo fino alla soffitta.
C’è una confusione a dir poco esasperante.
Cosa potremmo trovare, anche dedicandoci un giorno intero, in quel marasma irrazionale?
Suggerisce di partire dal luogo del ritrovamento della foto, ma Hijiri obietta che era appesa alla parete.
Sospiro sconfitto, ma, prima ancora di metter mano al caos, intravedo un grande baule nero sotto l’abbaino.
Decidiamo di aprirlo, anche se non c’è chiave e saremo costretti a forzarlo. In maniche di camicia, Hijiri ed io lo portiamo al centro della stanza.
Ci sono delle iniziali dorate sul coperchio: C. T.
Saranno quelle di Chigusa Tsukikage, fuor di dubbio.
Con l’aiuto di un piede di porco - non senza fatica ché alcune parti marce hanno finito per sigillare l’apertura – riusciamo nell’intento.
Non c’è nulla di particolare, penso subito, affondando con un certo ribrezzo la mano per scostare delicatamente i vecchi abiti e cercare indizi concreti più in fondo.
“Si è accorto” dice Hijiri “che sono i costumi di scena de La dèa scarlatta?”
Paleso perplessità, essendo convinto che ogni attrezzatura appartenuta alla signora in nero durante il periodo in cui si esibiva al Gekko si trovino nella saletta privata della stanza di Eysuke.
“Eppure,” continua il mio uomo di fiducia “non sembrano esserci dubbi. Guardi i ricami sul velo da sposa. Fiori scarlatti si susino!”
Annuisco stranito.
Deponiamo le vesti sul pavimento e scorgiamo qualcosa di interessante: un album e, forse, un vecchio diario.
Ci siamo!
Io e Hijiri ci guardiamo complici negli occhi.
Comincio dalle foto, mentre il mio amico opta per il quaderno.
Sulla copertina dell’album ci sono le stesse iniziali del baule.
All’interno, una dedica: alla signora in nero, con amore, C.
“Cosa significherà?” mi domanda Hijiri.
Le iniziali di Oozachi sono diverse.
Magari, azzardo io, nel passato della Tsukikage c’è qualcuno che, non desiderando nuocerle, è rimasto anonimo.
Hijiri ride, dicendomi che quella è la mia storia ed io, appurando che è vero, sorrido a mia volta.
“Avremmo dovuto chiedere il permesso alla signora.” dice Hijiri all’improvviso, ispezionando con cura l’esterno del vecchio diario, che reca anch’esso le iniziali C. T.
“E, secondo te,” ribatto io “ci avrebbe risposto?”
Karato mi guarda non del tutto convinto.
“E, poi,” aggiungo “quel che riguarda Maya è affar mio e non devo render conto a nessuno!”
Di primo acchito, mi pare di sfogliare un album di foto di scena. Trovo un’istantanea con la Tsukikage che, sul palcoscenico, istruisce una giovane donna, purtroppo di spalle.
A giudicare dagli abiti, mi pare che la ragazza stia impersonando Akoya.
“Impossibile…” dice Hijiri “…nessuno spettacolo teatrale de La dèa scarlatta è stato in cartellone se non quelli della stessa Tsukikage, di Maya e di Ayumi Himekawa!”
Ne deduco che la signora abbia provato ad istruire qualche sua allieva nel ruolo della dèa.
In fondo, all’epoca in cui conobbe Maya, non era nuova a simili esperimenti.
E tutti erano, per qualche motivo, falliti.
Questa attrice, però, doveva essere particolarmente vicina alla vecchia signora. Le ha fatto dono delle sue foto di scena, le ha scritto una dedica amorevole.
“Guardi,” dice Hijiri “questa ragazza è quella della mia rielaborazione!”
Mi alzo dal parquet in preda al panico.
Non è possibile, non quella donna!
“Perché è così scettico?” mi domanda Hijiri.
“Perché” dico di rimando “mi chiedi perché? Ma non noti che è uguale a Maya!”
Il mio collaboratore resta senza fiato.
Hijiri apre il diario.
Altre vecchie foto emergono dalle pagine ingiallite.
C’è una bambina piccola in braccio a Genzo e, poi, una foto da cornice con la signora Tsukikage e una ragazzina di dieci anni circa accanto.
Troviamo un appunto interessante:
“Oggi Chira ha indossato per la prima volta il costume di scena di Akoya. Nonostante sia appesantita, le sta d’incanto.”
“E’ solo un biglietto e la grafia è diversa da quella del diario.” dice Hijiri, continuando a sfogliare il quaderno “Però Chira inizia per C, come Chigusa e Chizu”
La donna defunta della foto - quella che somiglia a Maya - si chiama Chira e, presumibilmente, potrebbe avere le iniziali della Tsukikage.
Hijiri mi invita ad osservare l’ultima data del diario che reca annotazioni ed io mi sento svenire.
E’ il giorno in cui è nata Maya.
Quando lasciamo la villa è sera inoltrata.
Siamo distrutti dalla stanchezza.
Hijiri si è portato dietro l’album e il diario, mentre io, per quanto inquieto, ho l’unico desiderio di stringermi al petto la ragazzina e tornare ad amarla.





L’edera sulla lapide cela destini infelici.
Sono tornato a casa, ma Maya non c’è.
Sul biglietto che mi ha lasciato, dice che, facendo sicuramente tardi a causa delle prove, preferisce dormire alla panetteria.
Paleso delusione, ma, forse, questo tempo morto non andrà sprecato. Ora che sono solo, potrò spulciare indisturbato tra le carte private di mio padre, andare alla ricerca di eventuali indizi.
Comincio col tirar fuori la foto di Chira dalla cornice e trovo una interessante dedica per Eysuke:
“Da parte di C. T., con affetto e gratitudine.”
La donna che somiglia a Maya, evidentemente, non ha odiato mio padre quanto la signora Tsukikage ed è legata ad entrambi.

Ma in che modo?

Vado nella stanza di Eysuke con passo veloce.
Non ci metto piede da un anno.
E nella saletta privata - quella specie di museo noir con gli oggetti appartenuti alla signora in nero - non entro da quando di anni ne avevo tredici.

Un ricordo indelebile.

Guardo dentro i cassetti dello scrittoio, alla ricerca di qualsiasi oggetto possa aiutarmi a sciogliere questo enigma che cambierebbe per sempre la vita di Maya e la sua visione distorta delle cose.
Mio padre non teneva un diario, ma conservava un organizer accurato per ogni anno commerciale.
Ci scriveva di tutto, dagli appuntamenti di lavoro agli incontri galanti.
Prendo senza chiedermi perché il volume relativo all’anno in cui è nata Maya. La data, quella del 24 agosto, non reca annotazioni particolari.
Però, il mese successivo, quello di settembre, riporta l’ora di un appuntamento con Chira.
Tiro un sospiro di sollievo, pensando che il diario della donna, interrotto in quella data così particolare, non è associabile alla sua morte.
Poi, nel mese di dicembre, trovo, in una postilla scritta a caratteri minuscoli, un codice bancario.
Verifico on line se quel conto è ancora attivo e, con mio grande stupore, scopro che è intestato a mio padre, ma il beneficiario è anonimo.
Seguendo gli organizer, constato che i rapporti con Chira si interrompono misteriosamente il giorno del terzo compleanno di Maya. Disseccato, tra le pagine ingiallite, c’è un fiore di susino scarlatto.
Ho un sussulto.
Penso automaticamente che la donna sia morta quel giorno.
Nel frattempo, è arrivata l’alba.
Oggi è il giorno in cui si commemorano i defunti e, per quanto sia ancora presto, mi preparo per andare al cimitero.
Eysuke è morto già da un mese e la mia vita, da quel giorno, è in continuo fermento.
Vorrei che Maya venisse con me, ma preferisco non disturbarla. Il prossimo spettacolo sarà impegnativo, per lei, che vestirà i panni di Aida.
E, comunque, le mie indagini, finché non arriveranno a verità, dovranno restare segrete.
Cammino nella luce delle prime ore del mattino, appena accennata a causa di una copertura nuvolosa che non presagisce nulla di buono.
Arrivo al simulacro di famiglia e comincio ad accendere l’incenso, a sistemare i fiori freschi, a liberare i marmi dalle foglie secche.
Tolgo con fatica l’edera rampicante che cresce su una lapide vicina e rischia di coprire la foto di mia madre.
Quel che vedono i miei occhi, in quel momento, mi sconvolge, ché le ceneri della donna seppellita sotto questa lapide abbandonata non possono che essere di Chira!
Lei!
E’ la stessa foto che mio padre ha sistemato sul piano!
La stessa che Hijiri ha rielaborato!
Riposa accanto alla tomba degli Hayami, accanto a mio padre!
Che legame può mai avere con lui?
Le ha addirittura intestato un conto, la vedeva a cadenza mensile e, poi, cosa ha a che fare tutto questo con la nascita di Maya?
Se lei è la sua vera madre, come è morta? Chi è suo padre?
Nel groviglio degli eventi senza senso, trovo una sola certezza, che, in un certo senso, mi conforta: Eysuke era completamente sterile, quindi Chira non poteva essere sua figlia carnale.
Lascio il cimitero e chiamo Hijiri per domandargli se ha scoperto qualcosa.
Non risponde al telefono e la cosa mi inquieta.
Poi, prima di entrare in macchina, da lontano, vedo arrivare Genzo col secchio delle abluzioni e ramoscelli con fiori di susino non schiusi in mano.
Decido di seguirlo in incognito.
So già dove andrà.
Quando arriva davanti al simulacro di Chira, lo vedo palesemente impallidire.
Si guarda intorno come se lo braccassero, gli cade il secchio.
Decido di palesarmi ed egli si piega sulle ginocchia.
“Che cosa ci fa qui?” mi domanda con voce tremante.
“Ugualmente,” dico di rimando “potrei chiederlo a lei, visto che si trova nella parte del cimitero riservata alla mia famiglia.”
Genzo sorride debolmente.
Ha portato dei fiori per mio padre, si giustifica, ma io so che non è così.
“Lei conosce, Genzo-san, la donna che giace laggiù, accanto a mia madre?”
Egli nega con tutto il peso della testa, mentendo con evidenza.
“Non conosco nessuno!” urla “Sono qui per commemorare suo padre!”
La mia conversazione col vecchio domestico è interrotta dallo squillo del telefono.
E’ la linea di Hijiri e tiro un sospiro di sollievo.
“Dove diavolo sei stato?” chiedo ansioso.
Mi risponde che è tornato alla villa per verificare delle cose, ma il suo tono è decisamente mogio.
“Signor Hayami,” dice “mi raggiunga, la prego.”




Deja-vu o sogno?

Entro nella grande casa come una furia, sbattendo il portone e chiamando il mio collaboratore a squarciagola.
Mi risponde che è in soffitta e lo raggiungo in un attimo.
Gli racconto di avere scoperto dove si trova la tomba della donna misteriosa e di avere incontrato Genzo: sono convinto che egli conosca la verità.
Ma Hijiri non reagisce come pensavo.
“Allora?” esordisco ansioso di sapere “Cosa ti ha turbato al punto di non rispondere neppure alle mie chiamate?”
Mi mostra la foto di una bimba, di tre anni al massimo, molto minuta, e mi dice che gli ricorda qualcosa.
“Che cosa?” chiedo con crescente stupore.
Mi guarda con volto indifeso:
“E’ mia sorella…” confessa “…io ho questa stessa foto, tutto ciò che mi resta della mia famiglia.”
Sento un peso improvviso all’altezza del cuore.
“Non ci capisco più nulla.” dico passandomi una mano fra i capelli.
Un tuono squarcia il buio quieto e silenzioso di questa strana mattina.
E dopo la deflagrazione arriva anche una voce cristallina, che sembra ricordarmi quella di una fanciulla ancora piccola.
“Masumi, Masumi!”
“E’ Maya!” dice Hijiri “Cosa fa qui?”
Non me lo aspettavo neanche io e, mentre le vado incontro, chiedo al mio amico di starsene chiuso in soffitta.
Scendo dabbasso, ma non trovo nessuno.
Guardo il ritratto della signora in nero appeso alla parete e sento una morsa di angoscia all’altezza del petto.
“Maya!” chiamo “Dove diavolo sei finita?!”
Dopo un attimo di silenzio sento lei che urla:
“Sono nella mia stanza!”
“Dove?” chiedo di rimando.
“Al piano di sopra, in fondo al corridoio con la finestra all’inglese!”
Mentre rifaccio le scale, col passo incerto e una sorta di orrore negli occhi, ho la netta sensazione di farmela davvero sotto.
Sembra che questa casa sia popolata di spiriti inquieti e che io sia lì per turbare equilibri faticosamente conquistati.
Apro la porta della camera e trovo Maya con in mano una bambola di pezza.
Tiro un sospiro di sollievo:
“E’ qui che dormivi quando eri a convitto dalla signora Tsukikage?”
“Ma no,” risponde lei “io stavo nel dormitorio con le altre attrici”
“E allora perché mi hai detto che eri nella tua stanza?!”
Ella si ferma a riflettere.
Dice che non sa come, ma, automaticamente, mossa dal semplice desiderio di vedere qualcosa che non visitava da tempo, ha cercato questa stanza.
Ed ha trovato quel che voleva!
Mi copro gli occhi con una mano, lasciandomi andare stancamente sul letto.
Per la ragazzina seguire l’istinto è normale.
Irrazionale com’è, non se ne chiede neppure spiegazione.
Lei agisce e basta.
Arriva una mail di Hijiri sul portatile: scrive che sta correndo all’anagrafe.
“Masumi,” dice Maya all’improvviso “siamo soli, vero?”
Annuisco guardandola negli occhi.
“E’ strano” continua “che io conosca qualcosa che non ho mai visto. Trovo una bambola vecchia e penso che sia mia.”
Mi alzo sui gomiti e le chiedo di avvicinarsi.
“Sei una ragazza strana,” affermo con tono scherzoso “ma io sono avvezzo alla tua particolarità”
Mi si butta tra le braccia e mi bacia con passione.
Rispondo senza remore, come sempre.
Mi è impossibile resistere ad un simile invito.
“Masumi,” mormora titubante “devo dirti una cosa…”
Si è come rannicchiata a ridosso del mio petto, la sento tremare.
“Cosa?” chiedo debolmente.
“Ho saltato il ciclo.” confessa.
Sento la stanchezza lasciarmi all’improvviso, mi metto a sedere sul letto.
“Era prevedibile…” dico “vista l’incoscienza con cui ci siamo amati ultimamente.”
Maya mi guarda perplessa ed io capisco che non era la risposta che si aspettava.
“Non sei felice?” mi domanda.
“E’ una certezza?” le domando a mia volta.
Ella mi dice di non sapere nulla di preciso ed io, allora, rimando malamente le congratulazioni a data da destinarsi.

Perché sono così freddo?

La storia della presunta madre di Maya e del suo legame con Eysuke mi priva della serenità a tal punto da non riuscire ad apprezzare un evento di tale portata?

Eppure potrebbe essere un figlio.
Un figlio mio, di Masumi Hayami!
“Non voglio illudermi, tutto qui.” cerco di giustificarmi.
Ma neppure io riesco a giustificare me stesso, come pretendere che lo faccia lei?
Mi alzo dal letto e le dico che devo tornare con urgenza in ufficio, ma che provvederò affinché, già in mattinata, faccia un serio test di gravidanza in clinica.
Ella annuisce mogia e riprende in mano la bambola.





La verità affiora piano.

C’è Hijiri ad attendermi in ufficio.
“Non so ancora” chiarisce subito “perché la foto di mia sorella si trovasse dentro l’album di Chira, ma su Maya ho avuto conferma di qualcosa che sospettavo da tempo.”
Depone un certificato di adozione sul tavolo.

Adottata!

Secondo quel documento, Maya sarebbe stata adottata il giorno del suo terzo compleanno da Tochiro e Haru Kitajima.
Hijiri mi chiede di leggere un altro foglio.
“Maya non è figlia di ignoti.” preannuncia “Abbiamo il nome della madre. Vuole sapere qual è?”
“Chira?” chiedo pur sapendo di avere carpito la verità.
Hijiri annuisce.
Gli chiedo del cognome, ma il documento reca solo l’iniziale: “T”.
“Accidenti…” sbraito “allora questa Chira era una figlia illegittima. Che mi dici del padre presunto di Maya?”
Hijiri sospira.
“Pare che dieci anni fa ci sia stato un incendio e che l’archivio anagrafico abbia subito perdite ingenti di informazioni. E, per ironia della sorte, sono andate perdute tutte le dichiarazioni riguardanti il padre, che, però, secondo l’addetto, ha sposato regolarmente Chira.”
“Come può esserne certo?”
“E’ sull’atto di nascita. Se Maya, come sua madre, fosse stata un’illegittima, l’ufficio avrebbe omesso entrambi i nomi dei genitori.
Mi accendo una sigaretta visibilmente scosso.
“E di questa Chira” torno a chiedere “hai trovato qualcosa?”
Hijiri nega col capo.
Picchietto con la penna sul tavolo, guardando attentamente il certificato di nascita di Maya.
Decido di andare a parlare con la signora Tsukikage ed Hijiri si offre di accompagnarmi.
“In qualche modo,” mi dice “sono legato a questa faccenda anch’io. La prego gentilmente di portarmi con sé”
Annuisco poggiandogli una mano sulla spalla e ci avviamo all’Actor’s Studio.




L’amore colpevole.

Troviamo l’anziana attrice seduta in giardino, intenta a leggere.
Genzo, poco lontano, pota una pianta di geranio senza perderla di vista un attimo.
La sua devozione è straordinaria. Ama la Tsukikage da sempre, è ovvio, ma dubito abbiano mai avuto rapporti carnali.
Mi siedo accanto alla donna e, senza tergiversare, vado subito al dunque, narrando la storia dall’inizio.
Hijiri è in piedi accanto a me, teso come una corda di violino.
“Dunque,” racconto “le risparmio il motivo – che lei riterrà del tutto aleatorio – che mi ha spinto a cercare informazioni sulle origini di Maya. Ho trovato una cornice funebre nella soffitta della sua vecchia casa. La foto, martoriata in più punti, è stata rimessa abilmente in sesto dal mio collaboratore. La stessa foto, per qualche strano motivo, si trova sul pianoforte a coda di Villa Hayami, bellamente incorniciata e con tanto di dedica affettuosa ad Eysuke. Soprassiedo su come, in certi momenti, l’immagine di quella donna di nome Chira T. mi rimandi, per qualche arcano motivo, a Maya. Hanno occhi di ugual colore. Forse la differenza d’altezza è rilevante, ma hanno il medesimo volto. Nella stessa soffitta ritroviamo, all’interno di un baule con le sue iniziali - che sono anche quelle della donna misteriosa - un costume di scena della dèa scarlatta, un diario e un album di foto. Su questo c’è una dedica per lei, signora, sempre da parte di Chira T. Lei ha cresciuto questa bambina, come attestano le numerose foto, e l’ha addirittura istruita ne La dèa scarlatta. Non solo: ella incontra regolarmente ogni mese mio padre, che le ha intestato un conto in banca e, presumibilmente, ha dato disposizione affinché il mausoleo funebre degli Hayami sorgesse accanto alla tomba di Chira. Oggi, dopo varie peripezie, ho scoperto che Maya è stata adottata dai suoi genitori a tre anni di età e che la sua vera madre è proprio Chira, mentre nulla si sa del padre.”
Mi fermo per ascoltare la replica della signora Tsukikage. Ella sospira, ma appare visibilmente scossa.
“Maya è…la figlia di Chira?” mi domanda.
Appoggia la schiena alla sedia come se le forze la stessero abbandonando. Genzo corre verso di lei, chiedendole se ha bisogno di qualcosa.
“Io non sapevo,” dice l’attrice “non potevo sapere che la figlia di Chira fosse Maya. Pensavo fossero morte insieme!”
Singhiozza piano.
Genzo, stravolto, le aggiusta lo scialle.
“Maya è sua nipote…” ripete “E’ incredibile”
“Eppure tutto, il suo talento straordinario, la sua sensibilità, i suoi occhi, tutto la accomuna a Chira! Ho affidato La dèa scarlatta al mio stesso sangue ed io non lo sapevo.”
Sospiro, passandomi una mano sul viso.
“Chira, sua figlia,” continuo “è figlia di Ichiren Oozachi, è così?”
La signora Tsukikage mi guarda con semplicità:
“Lo ha dedotto dal nome, che rimanda tanto al suo quanto al mio?”
Annuisco.
“E del padre di Maya cosa mi dice?” chiedo stancamente dopo un momento interminabile di pausa.
“E’ morto, quel cane, che il diavolo se lo porti!” afferma la donna con rabbia evidente.
Chiedo spiegazioni.
“Era un commercialista squattrinato, lavorava per una multinazionale del settore petrolifero. Mia figlia lo amava perdutamente. Ebbero un primo figlio fuori del matrimonio, quando Chira non aveva ancora sedici anni. Poi, quand’egli fece carriera, si sposarono e, dopo qualche anno, nacque Maya…Chira, nel frattempo, continuava a studiare per diventare attrice. Speravo di farla debuttare con l’opera di suo padre. Ci vedevamo di nascosto e senza i bambini, ché quel maledetto le negava di avere contatti con me.”
“Che cosa è accaduto?” chiede Hijiri pallido in volto.
La signora Tsukikage racconta che, in seguito al fallimento della società in cui il marito di Chira lavorava, egli si suicidò con tutta la famiglia.
“Quel bastardo” mormora la Tsukikage “mi ha privato di tutto ciò che mi legava fisicamente al mio Ichiren. Nessuno scampò a quell’abominio. Non la mia preziosa figlia, non mio nipote e, fino a qualche attimo fa, pensavo lo stesso di Maya.”
Vedo Hijiri piangere silenziosamente.
“Signora,” dice “quell’uomo non è morto in seguito alla fuga di gas da lui stesso provocata. E’ vissuto molto a lungo, suo malgrado, e anche suo figlio...”
La signora Tsukikage si porta una mano al cuore ed anche io rimango sconvolto: Karato Hijiri è il figlio maggiore di Chira!
Il mio collaboratore racconta la sua storia e poi spiega anche che, occupandosi per mio conto di Maya, aveva sviluppato per lei un affetto che va al di là della semplice simpatia fra conoscenti. Ella era la stessa bambina che giocava sulle sue ginocchia ossute. Dividevano il futon, costruivano insieme bambole di carta.

Sua sorella!

Poi accenna a Eysuke, al fatto che, con abnegazione, si fosse occupato di suo padre e di lui, proteggendoli dallo scandalo. Probabilmente, lo stesso incendio all’anagrafe è stato indotto da lui.
“Hayami” dice la signora in nero “amava molto mia figlia Chira ed era ricambiato. Tanto spregevole fu con me quanto amorevole fu con lei. Io non sopportavo che mia figlia passasse del tempo con lui, ma non potevo impedirglielo. Arrivai a pensare che, dietro l’intenzione di sposarsi con quell’uomo di bassa lega, ci fosse proprio Eysuke!”
Si alza dalla sedia e, con passo lento, va ad abbracciare Hijiri, che, credo, non si capaciti ancora di aver ritrovato la sua famiglia!

Continua…

Si tratta di una raccolta, Flo e va tutta sotto l'unico nome di A Scarlet Rose...ma non tutto posterò...
 
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~*Floriana*~
view post Posted on 9/6/2010, 16:48




wow che capitoli Laura...e che colpi di scena! Carramba!! :sorrisone:
 
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view post Posted on 9/6/2010, 18:09
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che emozione maya ed hijiri sono fratelli , e per di più la loro nonna è la tzuzikage . che colpi di scena .........fantastica come sempre Laura ....
 
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Emer Kenobi
view post Posted on 9/6/2010, 20:57




WOW!!!!

Laura sei geniale! hai creato un vero giallo e una vera saga familiare... rendendo tutto plausibile!!

Mi paice questa cosa di Hijiri e Maya fratelli!! e Nonna Tsuky!

comunque ho adorato la scena in cui Masumi va a riprendersi Maya e gonfia Sak come una zampogna! ehehe!

La fine? beh doveva pur arrivare... ma spero di leggere presto altri tuoi capolavori!

 
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Leyla Sayn
view post Posted on 10/6/2010, 12:33




Il racconto "A scarlet rose" di Laura è meraviglioso, tanto da renderlo più verosimile di quello che la Sig.ra Miuchi ha proposto da qualche mese a questa parte. Credo che Laura abbia un futuro come scrittrice. Complimenti Laura! La tua storia mi ha fatto tanto sognare che quasi spero che il finale tardi ancora un pò per essere pubblicato.
Leyla
 
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view post Posted on 10/6/2010, 16:14
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Figlio.

Ho lasciato Hijiri e la signora Tsukikage da soli perché potessero chiarirsi e raccontarsi le reciproche storie. Devono recuperare trent’anni, condividere ricordi di vita spezzati tragicamente, creare dal nulla affetti familiari neppure sognati.
Ed ora urge che sia io a dire a Maya la verità.
Mi sovviene, non senza angoscia, il pensiero che lei, adesso, si trovi in ospedale, da sola, a fare il test di accertamento della gravidanza.
Sono stato duro e mi sento in colpa.
Dovrei esserle accanto e non lo sono.
Come ammiratore delle rose scarlatte non ho mai mollato la presa un attimo ed ora che sono semplicemente io, Masumi Hayami, suo compagno di vita, la lascio da sola.
Quanto è successo è colpa mia, della cieca passione che mi spinge inesorabilmente verso di lei e non mi fa pensare con lucidità.
Un figlio mio!
Potrei diventare padre.
Mentre guido l’auto, immagino scene di vita del probabile futuro.
Come cambierà la mia vita di manager? Come si regolerà Maya col teatro?
Forse porterà il bambino con sé, gli racconterà storie che parlano del mondo dell’arcobaleno ed egli se ne innamorerà così come ha fatto lei.
Un figlio!
So già che non reggerei la delusione di non averlo.
La paura che fino a qualche minuto fa mi attanagliava è alle spalle, sostituita dal disperato desiderio che quel semplice sospetto di gravidanza si tramuti in realtà.
Arrivo alla clinica universitaria con l’immancabile mazzo di rose. Chiudendo la portiera, mi accorgo di avere parcheggiato in modo pietoso, ma non mi importa.
Scappo in direzione del reparto che mi hanno indicato, ma, prima di entrare, vedo Maya seduta sui gradini, stretta nel cappotto di pelliccia,con le braccia intorno alle ginocchia.
Mi guarda tranquilla e mi sorride: per raggiungerla nel più breve tempo possibile, mi son fatto venire il fiatone.
E riesce persino a buttarla sul ridere, dicendomi che, alla mia età, devo fare attenzione al cuore e alle emozioni forti.
Appoggio il mazzo di rose scarlatte sui gradini e, piegandomi verso di lei, domando:
“Allora?”
A dispetto della corsa, devo essere pallido come un cencio.
Maya mi accarezza la guancia.
Le catturo la mano e la bacio con trasporto senza smettere di guardarla negli occhi.
“Aspetto un bambino.” dice alla fine lei.
Cado in ginocchio, come indotto da una vertigine, e mi accorgo di piangere.
Dèi, vi ringrazio!
Non credevo di vedere mai l’alba di questo giorno!
Mi mostra l’ecografia.
E’ un piccoletto di quattro centimetri, con delle escrescenze appena abbozzate che forse diventeranno le sue braccia.
E poi la colonna vertebrale, il suo piccolo cuore…tutto è perfetto.
Rido come uno sciocco, continuando a piangere, mentre pongo a Maya l’assurda domanda che ogni padre che si rispetti fa ispezionando con cura le foto del figlio in arrivo:
“Pensi che sia maschio?”
Prima che lei possa rispondere, aggiungo:
“Non importa! Ciò che conta è che sia sano…ed erediti il tuo talento.”
Maya mi guarda scioccata.
Dato il modo in cui ci siamo lasciati, non pensava, forse, ad una reazione positiva.
Mi ricordo della signora Tsukikage.
La aiuto ad alzarsi e le chiedo se è disposta ad andare ad incontrare l’anziana attrice.
Mi risponde che è molto stanca e preferisce andare a casa.
Io inizio a preoccuparmi. So già che attendere sette mesi sarà dura.
Diventerò ansioso e insopportabile.
Forse dovrei andare in ufficio solo per mezza giornata così da “controllare” adeguatamente Maya.
Quando glielo propongo, ella impallidisce:
“No,” dice “tu continuerai a lavorare e anche io, se la salute me lo consentirà.”
Ha il tono divertito di chi mi prende in giro.
Non posso credere che sia successo a me.
Un piccolo Hayami!
Mio figlio!
Arriviamo alla villa a sera inoltrata, dopo avere girato senza meta in auto e parlato sino allo sfinimento.
“Questa casa” dico chiudendo l’uscio “tornerà ad essere piena di vita.”
Maya mi abbraccia con trasporto.
“Grazie.” mi sussurra sulle labbra.
La prendo in braccio e la porto su per le scale.
Quando arriviamo in quella che è diventata la nostra camera, le domando se ha voglia di mangiare qualcosa, ma ella nega, accarezzandomi il viso con mano gentile.

La verità viene con le tenebre della notte.

Ci limitiamo a contemplare, distesi sul letto e in silenzio, una misteriosa falce di luna.
Nella nostra mente si affollano pensieri di ogni sorta.
Quelli di lei, credo, riguardano solo il bambino.
I miei, invece, vanno alla signora Tsukikage e alla vera madre di Maya.
Sono lieto del fatto di essere riuscito, solo col mio amore, a guarirla dal complesso di colpa che la legava al ricordo di Haru, ma adesso è giunto il momento di svelarle tutta la verità.
Perché è giusto che ella sappia che il suo stesso sangue l’ha richiamata al tipo di vita per cui è nata e nessun peccato di tracotanza ha accompagnato la sua scelta di lasciare per sempre la donna che l’ha cresciuta.
Questa certezza la libererà del tutto dai sensi di colpa.
Prima di parlarle di Chira, però, decido di darle qualcosa che tengo nascosto tra le mie carte più segrete dal giorno della prima de La dèa scarlatta.
Si potrebbe pensare che io l’abbia acquistato mentre ero al culmine della felicità, quando, appena scoperti i suoi sentimenti, ho giurato a me stesso che le sarei stato accanto per tutta la vita.
Invece, questo oggetto è stato comprato molto tempo prima, in un pomeriggio di ubriachezza disperata, quando mi si spezzarono le reni all’udire che stava col ragazzino dagli occhi chiari, quel Sakurakoji, i cui pugni mi han sempre procurato più un fastidioso solletico che male.
Di certo, il tuo odio, Maya, me ne ha fatto tanto di più.
Mi alzo dal letto e mi dirigo alla piccola cassaforte che raccoglie i miei ricordi più cari.
Dentro un astuccio piccolo di velluto scarlatto è racchiuso un cristallo prezioso quanto il dolore degli anni dell’incomprensione.
E’ trasparente come la mia anima, nuda e vulnerabile solo davanti a te, che la completi, la comprendi e la penetri senza difficoltà.

Tra noi non c’è mai stata menzogna.

Per questo, tornando sul letto, accanto a te, tolgo il prezioso dalla scatola e te lo mostro come se ti aprissi lo sterno e ti palesassi il mio cuore.
Butto l’astuccio scarlatto dentro la fiamma del camino e ti chiedo se, questa notte, vuoi accettare il simbolo del mio vissuto e, con esso, un avvenire insieme a me.
Guardi il semplice anello con aria sorpresa.
Non pensavi che potessi arrivare a comprare un oggetto simile in un momento tanto disperato per entrambi.
E, invece, è andata proprio così.
E questo può significare solo una cosa: che, qualunque situazione io abbia attraversato, non ho mai perso la certezza di ritrovarti, prima o poi.
E di riconquistarti.
“Detto questo,” aggiungo con tono solenne, ma un po’ vibrato a causa dell’emozione “ti chiedo di concedermi l’onore di sposarmi”
“E’ incredibile” rispondi “che tu possa domandarmelo ancora…”
Sorrido un poco, pensando ai tentativi - tutti falliti - di rifarci una vita lontano l‘uno dall‘altra: tu con Sakurakoji; io con Shiori e, poi, Liz.
E’ stata una inutile perdita di tempo o forse no, considerato che, comunque, siamo ancora insieme e più convinti e uniti che mai in virtù del figlio in arrivo.
Mi porgi la piccola mano ed io, tremante, ti infilo il solitario all’anulare della mano sinistra.
E’ un oggetto discreto, che nulla ha a che fare col pacchiano zaffiro ostentato da Shiori Takamiya ai tempi del nostro fidanzamento.
Forse, come Masumi Hayami, avrei potuto spendere una cifra molto più alta, ma non sarebbe stato lo specchio della mia anima.
Tutto ciò che è vero e prezioso è racchiuso qui, in una piccola pietra trasparente e te la dono con gioia, ché nulla di superfluo è in essa.
Mi commuovo un poco e penso che sto diventando vecchio.
Stavolta sei tu a prendermi la mano e a portarla sulle tue labbra morbide.
Mi ringrazi per averti aspettata, nonostante tutto e nonostante Sakurakoji.
Sai di essere stata tu a spingermi tra le braccia invitanti di Liz e mi domandi perdono per avermi recato offesa, facendomi credere di esserti concessa a Yuu.

Dunque non era vero!

Mi hai “consegnato” ad un’altra donna mentendo, col solo proposito di ferirmi nel profondo.
Tu, allora, mi dici, che, anche durante la nostra separazione, non avevi dubbi sul fatto che sarei tornato da te.
E che vedi diversamente le cose riguardo a Liz.
Tiro un sospiro di sollievo, sebbene sia io, stavolta, a pensare di averti “tradita”, seppur senza volerlo.
Il mio turbamento dura appena un attimo, ché mi ricatturi tra le tue braccia.

E’ l’alba.
Ed io non sono riuscito a dirti alcunché.
Adesso sto pensando ad Eysuke, al suo amore paterno nei riguardi di Chira. Comprendo il suo desiderio di paternità, che, con me, purtroppo, non è venuto allo scoperto.
L’amore non corrisposto per la signora Tsukikage e la morte di Chira sono stati per lui un duro colpo.
Non posso dimenticare la sua freddezza nei confronti della mamma, e, tuttavia, comincio a nutrire una sorta di compassione nei suoi riguardi.
E’ incredibile come un bambino di pochi centimetri stia cambiando la mia vita e in modo tanto radicale!
Maya si sveglia e cerca la mia mano.
Con gli occhi mi chiede a cosa penso: deve aver capito che non ho riposato per nulla.
“Maya,” dico “devo parlarti di una cosa che ti riguarda.”
Mi chiede se preferisco farlo davanti a una tazza di caffè, ma io nego, invitandola a starmi a sentire, ché quel che ho da dire non è facile da comprendere.
Sospira un poco, pallida in volto.
“Vada per il caffè…” affermo allora io, preoccupato.
Scendiamo lentamente al piano di sotto.
La signora della cucina, abituata ai miei orari d’ufficio, ha servito in tavola cornetti e croissant; i giornali di economia sono sul tavolino accanto alla mia poltrona.
Ci sediamo vicini, io e Maya.
E penso che, al tempo in cui dividevo questa grande casa con Eysuke, sedevamo sempre a capotavola, uno di fronte all’altro, come se stessimo muovendo le pedine di un estenuante gioco di ruolo.
“Si tratta di tua madre.” dico all’improvviso, sorbendo una tazza di tea.
Mi copro gli occhi con la mano.
“Sarò franco con te:” continuo “Haru Kitajima non è la tua vera madre.”
Mi guarda come se fossi uscito fuori di senno.
Il tremore manifesto attraverso le mani la porta a rovesciare la tazza col caffè.
“Che dici, Masumi?” domanda col respiro affannato.
Impallidisco.
Penso che, nelle sue condizioni, una notizia del genere equivalga a una notte di bagordi.
Se non peggio.
“Mi spiace di esser stato così diretto, ma non potevo più nascondere la verità.”
Le spiego che sono a conoscenza dei fatti già da qualche settimana e che la conferma è arrivata solo ieri.
“Come è possibile!?” mi chiede prendendomi per mano.
La stringo forte.
Poi ha una nausea improvvisa e fugge in direzione del bagno.
La seguo.
Non è che la prima di una lunga serie, penso, ma mi preoccupo ugualmente.
Forse non è stato un bene che io le confessassi la verità in un momento tanto delicato.

Fragilità.

Le racconto la storia dall’inizio, partendo dal fatto che ad indurmi a sospettare sia stato proprio il suo “casuale” incontro con la Tsukikage, una sorta di folgorazione artistica.
Per non parlare di mio padre, che, senza sapere chi fosse e nonostante il proposito di distruggerla, nutriva per lei una simpatia istintiva.
Parlando del talento di Maya, Eysuke sembrava commuoversi, come avesse dei deja-vu.
Non poteva sapere, però, che quella ragazzina fosse la figlia di Chira.
Quando il signor Hijiri tentò il suicidio con la famiglia, fu solo la figlia di Ichiren Oozachi a perdere la vita.
A quel punto, mio padre, che aveva a cuore il benessere di entrambi i bambini, lo convocò per chiedergli come aveva intenzione di provvedervi. Tashiro Hijiri, allora, decise di dare una sistemazione adeguata almeno alla piccola, una famiglia solida all’interno della quale potesse crescere serenamente.
Non prese in considerazione neppure per un attimo la probabilità di far allevare Maya alla vecchia attrice.
Eysuke giurò di non interferire in nessun modo nella vita della bambina: non volle sapere neppure chi l’avesse presa in adozione.
L’incendio all’archivio anagrafico distrusse per sempre le prove di una paternità che, se non fosse stato per la mia ostinazione, non sarebbe più venuta allo scoperto.
Vedo Maya commuoversi un poco e provo a stringerla a me.
“Non voglio sapere nulla di più…” mi dice allontanandomi.
“Perché fai così?” le chiedo turbato.
“Io sono la figlia di Tochiro e Haru Kitajima, non dimenticarlo.”
Mi guarda come se volesse sfidarmi.
“Perché mi confessi queste cose?! Quello che tu dici essere il mio vero padre ha deciso di farmi adottare e si è tenuto vicino mio fratello, condannandolo al suo stesso anonimato! E’ un mostro! Ha ucciso sua moglie, ha tentato di uccidere i suoi figli, ha impedito alla signora Tsukikage di vedere i suoi nipoti!”
Si divincola ancora di più, ma io ho il sopravvento e, finalmente, i suoi singhiozzi si placano tra le mie braccia.
So che non è semplice accettare una realtà così pesante.
A dispetto dei complessi che ha sviluppato crescendo, ha avuto la fortuna di andare a far parte di una famiglia sana, con due genitori che la desideravano davvero e si amavano.
In questo senso, è stata più fortunata di me.
Penso che scoperchiare quel baule, forse, sia stato un errore.
Davvero, pensavo fosse nel tuo interesse farti capire che sei nata per il teatro e nel teatro e, quindi, razionalizzare il perché della tua scelta di vita, ma è stato inutile: ha creato semplicemente dolore.
“Ti chiedo scusa.” dico fissando la pioggia battere sui vetri.
Cerchi la mia mano.
Suonano alla porta.
La signora Dojima introduce Chigusa Tsukikage e Karato Hijiri.
“E’ davvero un giorno meteorologicamente disgraziato per uscire di casa, ma non riuscivo più ad aspettare.” afferma la Tsukikage entrando nel salone.
Si avvicina a Maya reggendosi al bastone.
Sembra che la sua aria perennemente sofferente sia svanita come per magia.
“E così tu sei la mia adorata nipote.” dice squadrandola da capo a piedi.
Non ha perso la sua ironia.
Non dimentica che è Maya la persona con cui sta interagendo: una ragazza che ha bisogno di misure “drastiche” per dare il meglio di sé, una ragazza che non sarà trattata diversamente solo perché è sangue del suo sangue.
Maya sorride, ringraziandola di non essere cambiata.
“Sono lieta” aggiunge la Tsukikage “di aver ritrovato i miei nipoti, ma nulla sarà mutato.”
“Maya…” dice Hijiri avvicinandosi.
Stavolta, l’affetto di due fratelli che si ritrovano è più potente della formalità: si abbracciano stretti ed io constato come siano somiglianti l’uno all’altra.
“Visto che siamo tutti qui,” annuncio schiarendomi la voce “penso sia il caso che dica a tutti quello che sta succedendo.”
La signora Tsukikage si gira verso di me sgranando gli occhi:
“Ancora?!” domanda spaventata.
Rosso in viso e un po’ affaticato nel parlare, racconto di aver chiesto la mano di Maya e che siamo in attesa di un figlio.
L’uditorio resta senza parole.
“Gli dèi si beffano davvero degli uomini!” è il commento della vecchia attrice “Ed è destino che le mie creature, mia figlia e ora mia nipote, vadano in spose a uomini discutibili, che non suscitano simpatia – come si dice? – a pelle.”

Non credo che Chigusa Tsukikage non sapesse della mia relazione con Maya, ma ha sempre finto di non vedere, ritenendo forse che ogni tipo di esperienza debba entrare nell’armadio di un attore.
Non è bello che mi consideri ancora un uomo senza scrupoli, ma non mi importa.
E’ con Maya che devo vivere.
La mia famiglia.
Noi due e il nostro bambino.


Ritorno alla Valle dei Susini.

Dopo la formale registrazione del nostro matrimonio, Maya mi ha chiesto di poter fare ritorno a Nara, paese natale di suo nonno, Ichiren Oozachi.
Desidera che nostro figlio nasca laggiù, circondato dalla natura incontaminata, fra gente che, un giorno, riconoscerà come “la sua gente” e, soprattutto, lontano da intrighi commerciali e luci al neon.
Ho finto di lagnarmene, poiché, avendo una società da dirigere, io faccio comunque parte del “mercato” che ella odia tanto.
Mi spiace non poter esserle accanto ogni giorno.
Mi spiace non averla fra i piedi, quando torno a casa.
Ma lo stress di questi giorni è stato tale che il medico le ha consigliato di tralasciare il lavoro e pensare solo al piccolo in arrivo.
Mi inquieta che ella vada da sola, ma non posso oppormi.
Genzo deve occuparsi della signora in nero, la quale, a sua volta, continua a tenere le sue lezioni all’Actor’s Studio.
Hijiri, per quanto sia un uomo-ombra, è divenuto praticamente il mio braccio destro e mi è necessario a Tokyo o dovunque abbia necessità di inviarlo.
Mi tengo in contatto costante con Maya grazie alla rete, ma la preoccupazione è grande.

Così, oggi, ho deciso di andare da lei.
Non la vedo da settimane e, visto che è entrata felicemente nel settimo mese, ho ritenuto opportuno farle una sorpresa.
E’ una giornata calda.
Appena sceso dallo Shinkansen, mi sono liberato della giacca, tirando su le maniche della camicia.
Una piacevole brezza estiva si insinua fra i miei capelli, mentre, con l’immancabile mazzo di rose scarlatte in mano, percorro la strada che porta fino al tempio abbandonato, il posto nel quale Maya vive in attesa di nostro figlio.
Non ero mai stato nella Valle dei Susini in questa stagione.
La natura è davvero brillante.
Il cielo blu ha un indice di polarizzazione notevole ed io pregusto già le serate che passerò con lei a rimirare la “vera volta celeste”.
La trovo di spalle, china su un vaso di fiori.
Indossa un vestito un po’ largo, che non le segna i fianchi, ma constato con stupore che non è ingrassata granché; i capelli, invece, li tiene raccolti in una semplice coda.
Prima che ella possa sollevare il vaso, paleso la mia presenza.
La vedo trasalire, ma non spaventarsi.
Probabilmente il suo cuore già le aveva suggerito che sarei arrivato.
E’ davvero raggiante, col viso abbronzato e gli occhi scintillanti.
Alzo una mano verso di lei, incerto se abbracciarla, ma lei mi previene.
Stringendola a me, torno a chiedermi come ho potuto resistere lontano da lei tanto a lungo.
Sebbene “l‘abbia vista” attraverso uno schermo, non si può certo dire sia stata la stessa cosa.
“Non guardarmi così.” mi dice lei arrossendo “Sono più simile a una balena che a una donna.”
Io la attiro ancora di più a me per baciarla, mentre le sussurro in un orecchio di non aver mai veduto creatura più incantevole in tutta la mia vita.
Sono inebriato dalla sua trasformazione.
La sua pelle, al tatto, mi da una strana sensazione.
“Guarda qui.” dico quella sera mentre, sotto il futon, le carezzo il pancione “Non senti come è strano? La tua pelle non è morbida, ha un che di ruvido. Mi dà i brividi.”
Tutto è una sorpresa.
Cerco di dare spiegazioni “scientifiche” ai cambiamenti di un corpo che mi pare così bello da essere – fosse possibile – ancora più desiderabile di quanto non lo sia in “condizioni normali”.
So che sto celando malamente il mio desiderio e, vergognandomi di apparire ridicolo, lo dico a Maya senza mezzi termini.
Con tanto di rassegnato sospiro.
Poggio piano la mia testa appena sotto il pancione, proprio nella zona che mi è proibita e sento che, "di sopra", una piccola rivoluzione è in corso.
“E’ un terremoto?” chiedo ridendo.
Il bambino è in fase di protesta o, forse, sta cercando di stiracchiarsi un poco.
Dal pancione si levano escrescenze sospette - gomiti o ginocchia - che, evidentemente, trovano stretto quel pur accogliente rifugio.
Piazzo un bacio appena sotto l’ombelico e mi sento sferrare un calcio sul naso.
Maya dice che, con questo giochetto, l’anarchico la sveglia in qualsiasi ora della notte.
Promette bene, penso tra me e me.
Mi commuovo come solo un ragazzo di trentadue anni che nulla desidera più dalla vita può fare.
Poi torno ad essere distratto da lei, la mia anima gemella.
Le confesso per l’ennesima volta che l’amo e desidero averla al mio fianco per sempre: ma, in quel momento, vedo il volto di Maya cambiare d’improvviso aspetto.
Non mi ci vuole molto per capire che non è piacere.
Lamenta dolori lancinanti; il futon si è impregnato di liquido grigiastro.
Ho il panico, sto per svenire.
Devo calmarmi, chiamare i soccorsi.
Ma non sarà tardi?
Dov’è il mio telefono?
Mi alzo per andare alla sua ricerca, ma la piccola mano di Maya mi blocca.
Mi implora di non lasciarla, dice che sta per nascere.
Ma non è troppo presto?
La natura esige di fare il suo corso e non chiede il permesso, penso mentre cerco di aiutare come posso mia moglie.
“Non sono un medico, cazzo!” urlo a squarciagola. E mentre lo dico, sento Maya urlare con me.
Sono le contrazioni o cosa?
Le dico di assecondare i ritmi del suo corpo e di spingere con tutta la forza che ha.
Mi sento angosciato, sempre incerto se svenire o sbattere la testa al muro.
Mi accorgo di una piccola testa che fuoriesce.
“E’ senza capelli…” dico sentendomi ridicolo.
Urlo a Maya di metterci più forza.
Finalmente, dopo svariati minuti accompagnati da urla strazianti, l’anarchico fa il suo ingresso nel mondo per unire la sua voce tonante al coro dell’umanità.
Cado all’indietro, sedendomi.
Sono sudato come fossi rimasto in sauna per ore.
Le mie mani sono lorde di sangue.
Mentre Maya prova a porgermi il bambino, prima di avere il tempo di chiedere se è maschio o femmina, alla vista del cordone ombelicale, perdo i sensi.


Verso la storia.


E’ passato un po’ di tempo da quando il mio piccolo anarchico è venuto al mondo.
E’ un maschio – doveva esserlo per forza - e gli abbiamo imposto un nome corto, forse bizzarro, ma che rimanda, inevitabilmente, alle origini materne.
Ren Hayami, adesso, ha cinque mesi e vive ancora nel tempio della Valle dei Susini.
E’ un bambino sveglio: a giudicare da come gattona, credo camminerà presto. Ha i capelli biondi e, a parte gli occhi azzurri dal taglio a mandorla, sembra avere, al momento, i miei tratti occidentali.
Per il resto, è molto simile a Maya: piccoletto, chiacchierone, sbadato come non mai.
L’unico modo per farlo stare in silenzio è piazzarlo davanti a una TV.
Ma, l’altro giorno, l’abbiamo sorpreso a gorgheggiare davanti allo schermo spento.
Sembrava davvero stesse recitando!
Come molti padri manager, riesco a vederlo solo il fine settimana.
Mi sto abituando piano, anche perché non credo che Maya vorrà fare ritorno a Tokyo, se non quando deciderà di rimettersi al lavoro.
Dice che vuole aprire una sorta di teatro a soggetto per rappresentarvi drammi in costume di ispirazione giapponese. Così ha contattato dei famosi drammaturghi che si stanno occupando della parte redazionale, mentre a me spetta quella “pratica”.
Sono molto felice.
E non pensavo certo, fino all’anno scorso, che l’epilogo di questa storia sarebbe stato così sereno.
Mi sembra di avere fatto un lungo sogno, un sogno che mi è costato sudore e lacrime, ma che, alla fine, mi ha soddisfatto, rendendomi un uomo appagato. Ho una famiglia mia.
Maya ha realizzato se stessa.

Mi alzo dal letto constatando che, al mio fianco, non c’è nessuno.
Adesso mi sembra quasi di avere vissuto una vita intera nell’arco di una notte.
Il lenzuolo è freddo ed io, a torso nudo, cerco qualcosa che mi copra.
Fuori c’è il sole.
E’ il due di gennaio.
Mi preparo per andare al lavoro.
E andare incontro al mio destino.



FINE PRIMA PARTE

Ringrazio, a margine, Leyla per il suo gentile commento.
Mi onorate, tutte quante.

Domani, inizierò un altro punto di vista.

 
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~*Floriana*~
view post Posted on 10/6/2010, 18:09




Clap clap clap clap! :batto:
Attendo con tanta curiosità gli altri punti di vista!
 
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Emer Kenobi
view post Posted on 10/6/2010, 19:47




Che bello Laura!!! non riesco ad immaginare un finale più bello!

Maya, Masumi, il loro bambino, e in piàù una famiglia d'origine tutta nuova.

Ho trovato davvero commovente sia masumi che, dopo aver saputo tutto, si ricorda della gravidanza e corre in ospedale sperando sia confermata, e poi l'abbraccio tra Hijiri e Maya!
sarebbe davvero bello che fossero fratelli anche nel manga (oppure Masumi e Hijiri fratelli sarebbe bello).

Divertente vedere un uomo tutto d'un pezzo come Masumi svenire dopo il parto ehehe!

Grazie del bel sogno Laura!
 
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Leyla Sayn
view post Posted on 11/6/2010, 13:09




Carissima Laura, la cosa straordinaria del tuo racconto è che la lettura è talmente piacevole da non farmi sentire l'ansia (che provavo fino a qualche tempo fa) di leggere il finale della Sig.ra Miuchi. Insomma, hai placato gli animi che vorrebbero prendere a bastonate la Miuchi, almeno per quanto riguarda me. Grazie a te, l'attesa dell'uscita dell'ultimo capitolo del manga è molto meno straziante.
Dirti grazie è davvero poco.
Leyla
 
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203 replies since 20/4/2010, 16:11   15490 views
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