Murasaki no Bara no Yume  - Glass no Kamen  * Il Grande Sogno di Maya * Anime, Manga, Drama, World e Fanwork

A Scarlet Rose (II Version)

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view post Posted on 11/6/2010, 16:21
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Oggi comincio un altro punto di vista. Non quello di Maya, che partirà - nuovo di zecca - ma quello di....non ve lo dico...scopritelo da sole!
Un abbraccio a Leyla, che mi onora e a tutte le mie lettrici: Flo, Emer, Angelo...tutte insomma!

A Scarlet Rose

- Behind Every Woman There’s a Scarlet Rose -

di Laura Heller




Prologo.

Molti potrebbero pensare, visto che frequento con profitto la Facoltà di Economia di Tokyo, che io sia una ragazza di buona famiglia e con solide prospettive per il futuro.
In effetti, solo il Preside della Facoltà e il mio tutor sono a conoscenza del fatto che mia madre, di professione, ha fatto il mestiere più vecchio del mondo ed ora, smessa l’arte, conduce un’esistenza dorata nella casa di un uomo altolocato, dove suo compito specifico è far da soprammobile.
Ho ventidue anni e il mio nome significa “Bella Luna”.
La mamma, che si chiama come me, ne ha solo diciassette di più.
Sono il frutto dell’inesperienza e, forse, dell’amore, ché quelle poche volte in cui le ho domandato chi fosse mio padre, ella mi ha risposto con occhi grandi, profondi, inequivocabilmente innamorati.
Non sono mai stata una sentimentale e, quindi, non ho mai sognato che il mio possibile genitore potesse essere il figlio più giovane e bello di un magnate invaghitosi di una geisha altrettanto giovane ed inesperta.
E poiché, nel profondo del mio cuore, ho sempre disprezzato il mestiere di chi vende il corpo con la scusa di tirare a campare, la “fantasia” si è adoperata a che costruissi l’altrettanto classica figura del vecchio bavoso e adultero, in odore di yakuza, che gode nell’approfittare delle ragazzine.
Ho “deciso” che quello è mio padre.
Del resto, uno che va a puttane può essere solo un uomo di malaffare.
Eppure, come in ogni gioco delle parti, ferma restando la mia indole “precisina” e manichea, ho sempre trovato piacere nell’osservare gli umani comportamenti, così come nell’ immaginare moti interiori e vite segrete.
Ultimamente, con l’approssimarsi dell’esame di laurea, sono stata scelta fra cinquecento candidate per uno stage alla Daito Art Production, una famosa casa di produzione che si occupa di spettacolo.
La cosa più bella è che, se corrisponderò alle aspettative del nuovo Presidente, verrò assunta in via definitiva.
Il mio imperativo, adesso, è diventargli indispensabile.
Una posizione come quella mi consentirà di cambiare vita per sempre e, previo consenso, di riscattare quella di mia madre.
Il mio compito è piuttosto semplice e, se non fosse per la paga eccellente, potrebbe anche definirsi “frustrante”: svolgo della semplice contabilità (per quella seria ci sono i ragionieri), faccio partire le telefonate, nascondo nell’armadio le amanti dei dirigenti, verso il caffè nel bricco del capo.
A cosa gli serva un laureato non so.
Saranno le manie di grandezza degli imprenditori di successo, che amano circondarsi solo di merce di valore.
Il Presidente della Daito è un uomo anziano sui settant’anni, che, di recente, ha abdicato in favore del figlio a causa di una malattia degenerativa.
Il “delfino” si chiama Masumi ed ha ventiquattro anni appena.
E’ stato adottato dal vecchio Hayami quando era bambino, ma, a dispetto del particolare genetico, sembrano davvero padre e figlio.
Calcolatori, cinici, spietati, malevoli nei confronti del prossimo.
In nome del dio denaro farebbero carte false.
In compenso, è un uomo di aspetto appariscente.
E’ persino più alto dei miei vistosi – e per nulla nipponici – centottanta centimetri.
E’ biondo, con grandi occhi azzurri che si ostina, quando non inforca gli occhiali, a ridurre a fessure come se soffrisse di fotofobia.
Non ride mai, sebbene sia naturalmente dotato di una bellissima bocca, che apre solo per salutare e dare ordini.
La voce è roca, ma forse la colpa di quell’inclinazione sensuale è del fumo.
Comunque, a dispetto della freddezza che lo contraddistingue, non è mai tronfio o irrispettoso perché sopra di lui c’è solo suo padre e sotto di lui solo noi, poveri dipendenti.
Beve mediamente otto caffè nell’arco di una mattina lavorativa.
Incommensurabile è il numero di cicche di sigarette impietosamente lasciato sul posacenere di cristallo boemo: pare un cimitero di guerra e, un giorno, ne sono certa, ci troverò dentro anche un polmone carbonizzato.
Ho preso a cuore il suo stato di salute, anche perché non c’è segretaria senza vicepresidente e, pertanto, dopo il terzo caffè del mattino, ho preso a servirgli una “variante”.
Non si accorge neppure della differenza, preso com’è dagli affari.
Mi sono accorta che qualcosa stava cambiando quando mi ha domandato se uso una spezia particolare per esaltare il gusto del caffè.
Credo di aver sgranato gli occhi e che la cosa si sia vista in tutta chiarezza, a dispetto delle spesse lenti che indosso.
No che non uso una spezia.
E, se gli dico che ho preso a servirgli bevande più leggere, abitudinario qual è, rischio il posto.
Le soluzioni sono due: mentire o buttarla sull’ironico.
Decido di dirglielo, sfidando l’indole del “divino” e, per la prima volta da quando sono alla Daito, l’ho visto inarcare le labbra e non per una smorfia di insofferenza.
“Acuta osservazione” ha detto “ma non si prenda troppe libertà”
Il mio laconico commento:
“Ovviamente, signore”
Era un sorriso, quello?
Ritengo di aver gettato le basi per un rapporto meno freddo e formale, anche se so che non saremo mai amici.
Io stessa non vorrei: sono, per natura, contraria a complicazioni personali nell’ambiente lavorativo.
Quest’uomo si è rivelato diverso da come lo immaginavo all' inizio.
Stando a stretto contatto con lui, mi sono accorta di quanto sia di indole opposta rispetto ad Eysuke Hayami.
E’ privo di scrupoli in tutto quel che concerne gli affari, fuor di dubbio, ma ha anche un che di tormentato.
Assomiglia alla statua di Prometeo incatenato, ma anche a certi capolavori del Michelangelo poco noti a chi non è esperto d’arte: si chiamano “prigioni” e rappresentano corpi celati all’interno di blocchi di marmo grezzo.
Questo è Masumi Hayami: la sua anima mi appare ben più grande ed ampia di quello splendido involucro che la racchiude.
Sembra si estenda al di fuori di se stessa come fosse in ricerca.
La mia sensibilità mi dice anche che il suo peregrinare ha avuto fine, ma non quella che egli avrebbe sperato. E, allora, quando casualmente lo scorgo mentre fissa il vuoto attraverso la grande vetrata, comprendo che si tratta di una donna.
E non deve essere una persona comune.
Sarà una intoccabile oppure una derelitta.
Qualcuno cui persino il divino Hayami non può arrivare.
Sono rosa dalla curiosità, pensando a “come potrebbe essere”.
Certamente bellissima e colta, soprattutto.
Quando Masumi parla – persino mentre impartisce degli ordini – si esprime con un vocabolario stupefacente, degno di uno studioso di lingua giapponese. Ha una dizione perfetta e non c’è citazione dotta che non trovi effettivo riscontro.
Come sarà, dunque, questa donna?
Una letterata, forse una scrittrice di sceneggiature o, magari, una interprete sensibile e romantica.
Vorrei tanto conoscerla e, magari, aiutarlo.

Poco fa è entrato in ufficio con un diavolo per capello.
Che l’abbia vista?
“Mitzuki” dice chiamandomi sulla linea interna “mi faccia il favore di portarmi una camicia pulita”
Annuisco.
“Sta bene?” chiedo entrando dopo qualche minuto nel suo ufficio, ironicamente denominato il santuario.
“Grazie del suo interessamento” risponde col tono freddo mentre si spoglia davanti a me “mi serve solo uno dei suoi caffè speciali”
E’ magrissimo, sebbene i suoi muscoli siano notevoli, penso raccogliendo l’indumento sporco di sangue.
Il colore del suo torace è talmente bianco da sembrare diafano. Non si vede l’ombra di un pelo, ma ipotizzo che un tipo del genere, per quanto impeccabile, non perda tempo dall’estetista.
Mi prende per un polso delicatamente.
“Lasci, mi occupo io stesso di portarla in lavanderia”
Lo guardo perplessa ed egli se ne avvede.
“Lei è una segretaria, non una cameriera” si giustifica.
“Le sono grata per l’attestato di stima” dico riconoscente “non vuole neppure del disinfettante?”
Ci pensa su, mentre un sorriso radioso affiora sulle sue labbra: credo stia ricordando qualcosa di molto piacevole.
“Ha forse un rimedio contro la malinconia?” mi chiede all’improvviso.
Piego la camicia macchiata senza rispondere.
“Rosso scarlatto” dico piano, come se parlassi tra me e me “non è il suo sangue, vero?”
Scommetto che è quello di una donna.
Il sangue di “quella” donna
Masumi Hayami ride divertito.
“Allora” afferma “non è solo una efficiente segretaria. Dica la verità, si è divertita ad osservarmi”
Arrossisco.
Ovvio che ti ho guardato, deficiente, ti sei spogliato davanti a me senza pudore alcuno!
“Unicamente” puntualizzo “perché mi curo della sua salute”
Continua a prendermi in giro imperterrito.
“La mia salute è di ferro” dice sornione “per fortuna i cani da guardia del custode della Ondine sono vaccinati contro la rabbia”
“E’ stato aggredito dai pit bull?” domando scioccata.
Non mi risponde.
Prende il pacchetto di sigarette e, con la camicia ancora aperta, si avvia verso la vetrata, improvvisamente pensieroso.
Decido di non insistere e, mentre depongo l’indumento sporco di sangue sulla poltrona, Masumi mi chiede:
“Non trova, signorina Mitzuki, che quella macchia abbia la forma di una rosa?”
Lo guardo negli occhi per capire se parla sul serio.
E’ serio.
Lo è anche quando dice che gli piacerebbe andare al party della Daito con quella addosso.
Sta parlando un uomo che, se non è innamorato, è vicino per diventarlo.
“Potrebbe sempre portarla” propongo ambiguamente.
Stavolta è Masumi a fissarmi.
“Mi riferisco alla camicia, non alla persona che l’ha macchiata” rispondo.
Vedo affiorare dai suoi limpidi occhi azzurri qualcosa che somiglia ad un rimprovero.

Masumi’s Liking.

La mia stanza al pensionato degli universitari è spoglia come quella di qualunque altra ragazza coi piedi ben piantati per terra che non vive relazioni compromettenti.
L’unico vezzo è costituito da un vecchio poster dei Beatles – che ho acquistato durante il mio primo viaggio a Londra – e da una foto del primo anno di Liceo assieme a “lui”.
Mi accendo una sigaretta, mentre, con l’altra mano, apro la finestra che dà sul cortile.
E’ sera inoltrata.
Le stelle splendono opache, nel cielo di Tokyo.
Anche oggi ho fatto tardi a causa di Masumi Hayami e, stavolta, la colpa è delle sue strampalate divagazioni romantiche.
E’ stato divertente constatare che non si è per nulla dimenticato del “prezioso” indumento, che ha infilato alla meno peggio dentro la cartella portadocumenti: un lembo di manica azzurra è rimasto impietosamente incastrato alla cerniera.
Mi chiedo cosa ne farà.
La metterà in cornice o, forse, la indosserà per andarsene a letto pensando alla sua donna impossibile.
Ultimamente, il signor Masumi ha moltiplicato le uscite.
La settimana scorsa, ad esempio, oltre agli impegni ufficiali con la Daito, si è dedicato con solerzia anche a quel che rappresenta il suo secondo interesse dopo la società: distruggere una compagnia teatrale ostile alla Ondine, gestita da una notissima attrice caduta in disgrazia.
Chigusa Tsukikage, a causa delle precarie condizioni di salute, dimostra più delle sue cinquantasei primavere e molti dei suoi affanni è stato proprio il vecchio presidente Hayami a procurarglieli.
Da quanto letto sui dossier del caso, Eysuke avrebbe prima distrutto e poi rilevato il teatro Gekko, fondato da un uomo di nome Oozachi, di cui l’attrice è stata la compagna per un breve periodo.
E qui è l’inghippo: questo stesso uomo – morto suicida - ha scritto un dramma teatrale che ha spopolato nel trentennio successivo alla fine della guerra.
La dèa scarlatta è diventato il simbolo di un’epoca, oltre che la fonte di enormi guadagni.
Il vecchio Hayami ha sempre sognato di mettere le mani sui diritti di rappresentazione di quell’opera, ma non vi è riuscito neppure con l’aiuto della yakuza.
Non ho compreso a fondo il motivo di tanto interesse fino a che non ho visto un vecchio 8 mm del 1975, quello che contiene la scena del drammatico incidente della Tsukikage.
La sceneggiatura è complessa, i personaggi esaltanti.
Vivono in bilico tra la dimensione umana e il mito e questa loro fragilità esalta la tensione emotiva.
La signora in nero è stata una interprete eccezionale ed ora - a giudicare da come si sono moltiplicate le preoccupazioni del signor Masumi - avrebbe trovato una erede.
Pensavo, all’inizio, ad una persona di forte impatto visivo quale è lei.
E, invece, con mio grande sconcerto, ho constatato che così non è.
Ho incontrato la “futura dèa” alla prima del Re Lear: contemplava in lacrime la locandina piazzata all’ingresso del nuovo teatro della Daito con addosso un vestito assurdo e una sciarpetta da bambina delle elementari.
In effetti, non deve avere più di tredici anni.
Il signor Masumi, forse mosso a pietà, mi ha domandato di farle avere un biglietto e una rosa scarlatta.
Diavolo di un uomo!
Si prende gioco persino di una adolescente plagiata da una vecchia attrice pazzoide!
Certo, la rosa scarlatta, ovvio riferimento alla dèa cui aspira, poteva pure risparmiarsela.
Però…
I miei pensieri sono interrotti dal trillo del telefono.
“Ciao”
Riconosco immediatamente la voce.
“Ciao” rispondo chiudendo la finestra, come se temessi di veder volare via quelle parole al primo soffio di vento.
“Come andiamo?”
Mi siedo sul letto a gambe incrociate.
“Sono molto stanca ed è tutta colpa del capo!”
Ride sommessamente:
“Già. Questa settimana mi ha spedito a New York due volte. Non è proprio dietro l’angolo!”
Taccio, pensando a Masumi e alla sua meticolosità nel condurre gli affari.
“E cos’hai ottenuto?” chiedo.
“Quel che voleva!” racconta con finta aria spossata “ho braccato il presidente Aoyagi fino al suo hotel. Era con la sua giovane amante…”
Sorrido a labbra strette.
“Così” continua “addio finanziamenti…”
Penso alla signora Tsukikage.
Se pensava di trarre sollievo dall’avvicendamento di poltrone alla guida della Daito si sbagliava. Masumi Hayami è uguale a suo padre e sta mostrando di non voler mollare di un millimetro.
“Dove sei adesso?” chiedo giocherellando col cavo telefonico.
“Nella cabina davanti al campus” mi risponde scioccandomi.
“Potevi dirmelo subito” mormoro.
“Aspettavo che me lo domandassi” dice lui con tono incerto.
Sale nella mia camera ed io, prima ancora che lui abbia chiuso l’uscio, gli salto al collo baciandolo sulle labbra.
Facciamo l’amore con ansia, quasi di fretta, come se ci trovassimo ancora dentro gli spogliatoi della scuola.
Vivo per questi momenti, anche se, dentro di me, ho cominciato a nutrire l’illusione che la nostra divenga una relazione vera e propria, presto o tardi.
In fondo, Daito a parte, siamo tutti e due liberi da impegni sentimentali.
“Sei una donna incredibile” afferma ad un tratto, come se mi leggesse dentro “libera di pensiero e terribilmente sexy. Io ti ho sempre amata e così sarà per sempre”
Osservo il suo petto abbronzato che si solleva ritmicamente: stiamo insieme da sette anni ed è stato il primo amore per entrambi.
“Sai” mi dice stringendomi a sé “credo che il capo sappia di noi”
Mi divincolo un po’ sorpresa:
“Cosa te lo fa pensare?”
“Ha chiesto a un altro collaboratore di occuparsi di un affare molto delicato!”
Lo fisso sempre più inquieta:
“Siete amici da quando eravate bambini” obietto “come è possibile che abbia dato un incarico di tal fatta ad un altro?”
Sorride sensualmente, mentre mi accarezza le spalle nude.
“E’ colpa tua” spiega “sei un’impicciona!”
Mi basta guardarlo bene negli occhi per capire che sta scherzando, anche se non del tutto.
Si tratta di una donna, di quella donna!
“Ah” sbotto stupefatta “finalmente viene allo scoperto”
L’uomo ammicca.
“Siamo andati a bere, l’altra sera” racconta “e mi ha detto che stai diventando insistente, che hai una visione troppo sentimentale di lui”
Mi caccio le coperte in testa e, nel mentre, ripenso alle “confidenze” che, negli ultimi tempi, si è preso da solo.
Non io, ma Masumi stesso ha sentito l’esigenza di parlare con qualcuno dei suoi “problemi”.
E, anche se non di confidenze vere e proprie si è trattato, ho visto davvero il suo volto perennemente cupo aprirsi verso di me.
“Mitzuki” dice l’ uomo “va bene così. Ho già troppi grattacapi con la parte commerciale de La dèa scarlatta per occuparmi anche degli amori di Masumi”
Comincio a sentir caldo, ma non riemergo.
“Dimmi solo chi è lei” chiedo “puoi fidarti. Ci tengo a conservare il mio lavoro”
Mi toglie delicatamente le coperte dal viso.
“Si chiama Maya Kitajima ed ha affidato l’incarico di seguirla ad un uomo morto”
“Capisco” sospiro “non si smentisce. Il suo cuore deve restare ben nascosto e così si affida a qualcuno che non potrà mai nuocergli”
Dovevo immaginarlo, penso accendendomi una sigaretta, la futura dèa è anche la ragazza che lo fa sospirare!
“Non essere così dura, Mitzuki” mi rimprovera “sai bene che si fida di me. E, in questo caso, il problema sei stata tu a causarlo”
Ha cercato di buttarla sul ridere, come suo solito, per non farmi preoccupare.
Cerco le sue labbra ed egli mi sorride malinconico:
“Devo andare. Ho appuntamento con Masumi a mezzanotte al nostro chiosco preferito”
“E scommetto” lo interrompo “che nel frattempo vi godrete lo spettacolo delle passeggiatrici”
Fingo di cercare il pacchetto di sigarette per non guardarlo negli occhi, ma lui ferma la mia mano con delicatezza.
“Sì” confessa “guarderemo qualche sedere, ma temo che i nostri cuori saranno altrove. Almeno, io saprò dov’è il mio”
Il mattino seguente arrivo in ufficio con dieci minuti di ritardo e mi sento una furia.
Non sono riuscita a stirare a dovere la camicetta né a sistemare la frangia.
Ho un solo obiettivo.
Cerco nell’archivio informatico privato di Masumi notizie sulla compagnia Tsukikage.
“Maya Kitajima è la candidata prescelta per La dèa scarlatta e, al momento, a parte Utako Himekawa, nessun altro è in lizza” leggo a labbra strette contemplando la foto sullo schermo.
Sento un vago senso di nausea.
Mi chiedo come una semplice ragazzina possa interessare il capo “al di là” del fatto che, un domani, potrebbe vestire i panni di Akoya.
Non può essere amore sensuale!
Masumi Hayami non è un pervertito, me ne sarei accorta.
Trovo su Youtube i filmati delle opere in cui la ragazza ha recitato.
Piccole donne, Gina, Takekurabe.
“…interessanti, queste interpretazioni sono interessanti…”
Capisco al volo che il talento di Maya Kitajima è tutt’altro che nascosto.
Sul palcoscenico è davvero brava e anche il suo aspetto dimesso, per non dire inutile, sparisce come d’incanto.
E, incredibilmente, oltre ad essere “accattivante”, possiede anche qualcosa di sensuale: la pianista ammalata Beth, con quella sua mano languida adagiata sul pavimento, e poi l’esuberante Midori, fresca nel suo approccio con l’altro sesso, ma non per questo sciocca o banale.
Cerco di convincermi che sia un fatto commerciale e che Hayami abbia interessi esclusivamente lavorativi nei riguardi di Maya.
Ma poi ripenso alla macchia di sangue sulla camicia e i dubbi tornano a far capolino.
Che sguardo dolce aveva, mentre raccontava dell’incidente alla Ondine.
Mentre sorseggio il mio tea, lo sguardo cade sulla cartella delle spese personali del capo.
Ci sono delle consistenti ordinazioni presso il negozio della signora Kaibara (il nome di una fiorista non poteva essere più azzeccato!): Masumi ha l’abitudine di acquistare delle rose scarlatte. Controllo le date e, per intuito, le accosto a quelle degli spettacoli in cui ha recitato la Kitajima. Come sospettavo, sono perfettamente coincidenti.
Ha iniziato ad inviarle dei fiori sin dal giorno del suo debutto!
Quando Masumi mi chiama sulla linea interna, ho un sussulto.
Entro nel suo ufficio con i documenti da visionare entro mezzogiorno e l’immancabile caffè.
“C’è la spezia, vero?” mi domanda di buon’umore portando la tazzina alle labbra.
“Veramente no” rispondo “la spezia, come la chiama lei, arriva insieme al quarto caffè del mattino”
Finge di essere esasperato:
“Allora, questo è il numero quattro”
Chino il capo in segno d’assenso e ritorno verso la macchinetta.
“Che è successo?” chiede Lucy, la responsabile della mensa aziendale.
“Incredibile” rispondo abbandonando la tazza di caffè normale sul tavolino “vuole il deca”
Sono curiosa come una bertuccia.
Quando torno in ufficio, lo trovo che armeggia dentro la cabina armadio.
“La signora Harada ci ha invitato alla conferenza stampa per Onnagawa” dice ilare “non ha visto la mia agenda? È alle undici”
Mi mostra due cravatte, una blu e una di colore rosso scuro:
“Quale cappio indosso?”
E’ anche spiritoso.
“La prima sarà domani” dico io studiando attentamente i tessuti delle cravatte.
Annuisce.
“E’ così” dice “e pare siano coinvolti attori…interessanti”
Lo guardo attraverso le lenti ambrate.
“Attori?” chiedo “o attrici?”
Non ribatte e si sfila la giacca.
Sono tentata di domandargli se ha intenzione di ripetere lo spogliarello dell’altro giorno.
In fondo, non sarebbe male.
“Allora? Blu o rossa?”
“Sarebbe più appropriata una cravatta di colore scarlatto” affermo togliendogli la giacca dalle mani e sistemandola sull’appendiabiti.
Prendo commiato, mentre egli, serio come ieri, mastica un “a dopo” non troppo convinto.
E’ rimasto in silenzio per tutto il tragitto, ma non credo sia arrabbiato con me.
Penso, piuttosto, che stia pensando alla sua dèa.
La signora Harada ci ha accolto con calore: merito dell’avvenenza di Masumi Hayami e del suo ruolo, ovviamente!
Le due Himekawa, star del teatro in forza alla Daito Art Production, presenziano anch’esse al party.
La bellissima Ayumi ha tagliato i capelli per calarsi al meglio nel suo nuovo ruolo.
Il Principe e il Povero non è un copione semplice per una attrice che ha appena compiuto tredici anni, ma lei è già una veterana e la signora Harada scherza sul fatto che, presto, Utako avrà un’altra rivale per La dèa scarlatta.
“Anche se” aggiunge “ pare ci sia una terza aspirante”
Guardo Masumi di sottecchi perché so già dove l’attrice andrà a parare e voglio studiare ogni sua reazione.
“La signora Tsukikage tiene molto a lei” racconta la Harada “ed io sono convinta del fatto che abbia ragione”
Come mi aspettavo, il giovane Hayami ha chiesto il nome dell’attrice di cui si sta parlando.
“Maya Kitajima” ha risposto la donna “ed ha la stessa età di Ayumi”
Rimasti soli, Masumi, col bicchiere panciuto nella mano, fissa il vuoto soddisfatto.
“Mi chiedo” gli dico “come possa una ragazza così ordinaria essere candidata al ruolo principale del capolavoro scomparso”
L’uomo mi fissa sorpreso, ma non è me che sta contemplando.
Socchiude gli occhi come suo solito, mentre con un sorriso dolcissimo, risponde:
“Immagino che un motivo ci sarà”
Resto scioccata.
Sono trascorsi due mesi da allora.
Maya Kitajima ha ottenuto un ruolo importante in Cime Tempestose.
Veste i panni di Catherine adolescente e il suo partner è un grazioso attore di diciassette anni, un tale che si chiama Ryo Majima ed è nelle mire della Ondine da qualche tempo.
Scorro le immagini delle prove sullo schermo del mio computer personale.
“Che graziosi” commento mentre Masumi, in maniche di camicia, viene fuori dall’ufficio per chiedermi aiuto.
“C’è un problema” dice “non riesco ad aprire la mia e-mail privata. Lei ha la password, provi dal suo terminale”
Guardo Masumi non senza imbarazzo:
“Stavo giusto visualizzando i documenti che il signor Kappa le ha inviato. Volevo stamparli”
“Da quando si occupa anche del benessere della mia vista, oltre che dei caffè?” mi domanda astioso e va a chiudersi in ufficio sbattendo la porta.
Abbasso il capo sentendomi come chi è stato colto in flagranza di reato.
Masumi non mi aveva mai trattato in questo modo e ipotizzo che la risposta sia nelle stesse foto che stavo visualizzando sul pc.
Torno a guardarle.
Maya e Ryo appaiono molto affiatati.
La conferma ai miei sospetti viene quella stessa sera.
Il giovane Hayami ha riservato per sé un posto per assistere alla prima!
In piccionaia!
Masumi, Masumi, stai diventando trasparente persino per una semplice segretaria come me.
Non è solo grazie al tuo amico che ti leggo così bene nel cuore.
A cosa ti serve un posto S se sai che Maya e quel ragazzo daranno vita ad un amore così grande e feroce da provocarti incommensurabile fastidio?
Non è a questo che hai pensato, quando hai scelto un posto lontano e solitario dentro il tuo stesso teatro?
Forse potrei prendere posto accanto a te, lassù in piccionaia, ed assistere ad un altro miracolo recitativo della ragazzina insignificante.
Ma stasera preferisco lasciarti solo.
Non voglio essere io a farti riflettere su quel che ti sta accadendo.
La tua gelosia sta affiorando piano e neppure l’ironia che ti contraddistingue riesce, ormai, a celarla.
Io lo so, lo vedo.
Un po’ mi fai pena, perché ipotizzo già ciò che questo sentimento ancora latente diventerà, tra non molto.
E’ il tuo primo amore.
E ti entra dentro.
Tu, che il tuo sangue l’hai mescolato con quello di un altro centinaio di donne, che, con Maya Kitajima, nulla hanno a che vedere, sei confuso come un adolescente.
Sarebbe sciocco, se non fosse triste.
Stai lavorando per annientare la sua sensei e, di ripiego, anche la tua protetta.
L’odio di Maya cresce in proporzione al suo talento acerbo, ma già urlante.
Cosa pensi di fare, Masumi Hayami?
Credi che, quando ella ti presenterà il conto delle trame che hai ordito, ti basterà inviarle le solite rose scarlatte?
Non sarà sufficiente tutto il tuo sangue per placarne il risentimento.
Mentre giro in auto, tristemente, in attesa che la prima di Cime Tempestose termini, incrocio lui, il mio uomo, appostato poco distante dal Teatro.
Ha la fascia del press agent al braccio.
“Ha bisogno di qualcosa?” domando abbassando il vetro del finestrino.
Mi sorride senza muoversi di un pollice.
“Ho bisogno di tutto” risponde con voce roca.
Scrive un bigliettino e me lo porge.
“Ok” dico dopo averlo letto e accartocciato “mi occupo dei cocci del cuore del capo e ti raggiungo”


continua!
 
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Emer Kenobi
view post Posted on 11/6/2010, 16:42




Evviva!! il punto di vista di Mizuki!!!

adoro quel personaggio , non potevi fare scelta più azzeccata. Intanto perchè è bello rivivere la storia dal punto di vista di colei cheè insieme grillo parlante e tavolta anche cupido dei bradipi ,,m a anche perchè di lei in effetti non si sa nulla di privato ed è bello crearle un background.

ma il suo amante è Coichiro vero?
 
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~*Floriana*~
view post Posted on 11/6/2010, 16:43




SIIIIIII!!! Ho letto solo tre righe ma ho già capito che è la mia eroina preferita! Adesso mi leggo il resto!!!!Grande Laura!
 
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view post Posted on 11/6/2010, 16:57
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grande Laura , questa volta è dal punto di vista di Mizuki , fantastico personaggio , possiamo vedere il suo punto di vista che bello. ma il suo amore segreto e hijiri.....che bello sono perfetti insieme.....attendo di leggere il seguito.......
 
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view post Posted on 12/6/2010, 16:13
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Grazie, ragazze...sì, il primo uomo di Mitzuki è proprio Coichiro...il primo, però, eh...


Distractions.


Lo trovo fuori dal teatro - presumibilmente vuoto da un bel pezzo - e con l’immancabile senza filtro stretta tra le dita inguantate.
“Che cosa fa qui?” mi domanda sorpreso.
Sorrido come mio solito, sebbene stavolta abbia cura di evitare che egli gusti, oltre al dramma che lo sta attraversando, anche lo smacco della presa in giro.
“Sono venuta a prenderla perché sta per mettersi a piovere!” rispondo vaga.
Masumi osserva la volta celeste:
“Ma che cosa sta dicendo?”
Mi affaccio un poco dal finestrino e constato, con grande vergogna, che il cielo è perfettamente limpido:
“Beh, in un certo senso sta piovendo, no?”
Mi sono salvata in corner, anche se, purtroppo, ho dovuto far riferimento alla sua condizione esistenziale.
Masumi sale in auto ridendo piano e, per la prima volta da quando lo accompagno, si siede accanto a me.
“Com’era lo spettacolo?” gli domando.
Cerco di mostrarmi disinteressata, ma senza molto successo.
“Direi bene” risponde giocherellando col bottone dei guanti.
Decido per un affondo diretto:
“Erano realistici i giovani amanti?”
Stavolta il Presidente si lascia andare ad una sonora risata.
Mi pare sincera e capisco che deve essersi aggrappato a una qualche speranza con tutto se stesso. Quel che mi dice, infatti, è la conferma a ciò che ho intuito:
“Amanti, dice? Quella ragazza non conosce ancora il vero amore. Ha trattato il suo compagno come fosse il suo giocattolo preferito…un grazioso trastullo da torturare”
Sta parlando di Heathcliff o di se stesso?
“Deduco” commento “che deve essere stato un gran successo”
Masumi si accende una sigaretta.
“Una passione adolescenziale e sciocca” rimugina senza curarsi del fatto che io stia ascoltando “l’amore è un’altra cosa”
Parla ancora di se stesso.
Tiro indietro la frangetta, sospirando.
“Non mi accompagni a casa” mi ordina ad un tratto “va bene qui!”
“Ma siamo a Shinjuku!” protesto.
Scende dall’auto e, appoggiandosi al finestrino, mi augura buonanotte. Non mi è difficile capire che cosa farà stanotte.

Il mattino seguente, arrivo in ufficio con un’ora di anticipo. Trovo la signora delle pulizie davanti all’ufficio di Masumi con un’espressione perplessa sul volto.
“Che succede?” chiedo preoccupata.
“Una cosa inspiegabile” racconta la donna “non si riesce ad aprire la porta”
Una smorfia di disappunto di dipinge sul mio volto, mentre con la mente vado alla sera precedente.
“Ha provato a bussare?”
La donna arrossisce in modo vistoso e nega col capo.
La congedo e, quando è fuori dalla mia vista, inizio a bussare alla porta del presidente con insistenza feroce.
“Signor Masumi!!!” chiamo a gran voce “apra la porta!!!”
Poiché non mi risponde, decido di insistere:
“Se non obbedisce, sarò costretta ad usare la mia chiave!”
Neanche cinque secondi e si odono le mandate del chiavistello.
Resisto alla tentazione di tapparmi il naso con due dita: l’ufficio è una camera a gas; la scrivania è diventata il bancone improvvisato di un bar.
Masumi Hayami mi accoglie nudo fino alla cintola con un sorriso spavaldo.
“La discrezione non è il suo forte” dice, mentre col dito davanti alla bocca, mi ordina di fare silenzio.
Ho uno scatto d’ira involontario.
“Signore” sibilo a bassa voce “devo ricordarle che suo padre potrebbe arrivare da un momento all’altro?”
Il giovane si guarda intorno fingendo terrore, poi mi prende per mano e mi porta fino al divano.
“Per favore, mi aiuti” mi chiede implorante.
Socchiudo gli occhi reprimendo sconcerto ed imbarazzo: una ragazza completamente svestita dorme sulla moquette, circondata da bottiglie e abiti sgualciti.
“Non so” mi lamento “se lei sia ancora sotto l’effetto dell’alcool, ma ha bisogno di una immediata doccia fredda”
Masumi obbedisce e corre verso il bagno.
Quindici minuti dopo, quando ne esce, la ragazza è sparita insieme alle bottiglie vuote, la finestra dell’ufficio è stata aperta e una tazza di caffè nero bollente è adagiata sulla scrivania.
“Laverà il suo stomaco” dico “e profumerà questa stanza puzzolente”
Masumi si passa una mano tra i capelli bagnati.
“Le sono grato” afferma di buon’umore.
“Ha bisogno di altro?” chiedo porgendogli la bevanda.
Nega col capo, fissandomi negli occhi.
“Sembra ce l’abbia con me” osserva.
Non muovo obiezioni e, limitandomi a salutarlo con un cenno del capo, esco dall’ufficio.
Per ora ti basta questo, giovane Hayami ma presto ti diverrà insufficiente e scoprirai una forma di impotenza amara. E sbagliare non ti servirà a diventare più saggio.
Il tuo declino è appena iniziato, temo.
Rientro in ufficio dopo un’ora, portando il solito fascicolo coi documenti urgenti.
Mentre ero via, Masumi si è sbarbato e ha fatto colazione. Ha indossato il vestito beige e una camicia marrone scuro.
Con l’aria del gentiluomo di campagna, mi ringrazia ancora dell’aiuto prestatogli e mi domanda del programma per la serata.
“C’è la prima di Muenzakura” dico con tono formale.
“Bene” commenta “mi metta in contatto con Gin, voglio sapere degli ultimi sviluppi di un certo affare”
Si riferisce alla Tsukikage, ma è come se stesse cercando di scacciare altri pensieri, più molesti.
“Signore” lo informo “ho visto che è arrivata una mail del signor Kappa”
Non vado oltre, sapendo che, l’ultima volta, si è risentito della mia ingerenza.
“L’ha letta?”
Nego col capo.
“Che cosa aspetta?” chiede come se avesse appena udito una bestemmia “giorni fa si è persino curata di stamparla e adesso tergiversa?”
Divertente.
Molto divertente.
“Usi il terminale nel salottino e mi dica subito cosa ha scritto” ordina perentorio.
“Sì, signore” replico mettendomi a sedere nella postazione defilata.
Apro il documento con prontezza, mentre Masumi scorre le carte che gli ho messo sulla scrivania con grande attenzione.
“Dice che la ditta M è rimasta a secco…” leggo fingendo di stupirmi del linguaggio astruso “dopo l’incidente alle cave di pietra non ha più richieste di lavoro e versa in condizioni disperate”
Vedo Masumi impallidire.
“Le cave di pietra…” commenta riprendendo subito il controllo “non vedo cosa possa farci io”
“La ditta M è una affiliata della Daito?” chiedo.
“Solo un grattacapo, al momento” risponde sorseggiando il caffè.
Sospiro profondamente.
“Allora potrebbe liberarsene” propongo mentre stampo il foglio.
Continuo a guardarlo di sottecchi: sebbene la sua freddezza sia come una corazza, non riesco a non leggergli dentro
Masumi Hayami è assolutamente trasparente per me.
Ed è fragile, più di quanto non voglia egli stesso ammettere.
“Potrei” dice “se servisse a qualcosa”
Gli porgo il foglio:
“Che ne dice di iniziare a disinteressarsene e lasciarla al suo destino?” mormoro “oppure lasciare che esso si intrecci al suo”
Masumi appallottola la mail e, nel mentre, mi fissa ironicamente.
“Come fa Coichiro a sopportarla da tanti anni?” chiede.
“Non si sfugge al fato” rispondo alzando le sopracciglia “sarò anche molesta, in certi frangenti, ma gli sono indispensabile, signore”
Mi riferisco a me stessa, ma anche al presidente Hayami e credo che egli se ne avveda.

Quando, quella sera, arriviamo al Daito Plaza, tutta la sicurezza che pareva aver accumulato nel corso della giornata, si dissipa in un istante.
Sta piovendo a dirotto e, sotto quell’acqua impietosa, rannicchiata in un angolo poco distante dall’ingresso principale del teatro, c’è lei, la futura dèa.
Masumi si precipita a sentire cosa le è accaduto incurante di tutto il resto.
La mia richiesta di prendere un ombrello cade ovviamente nel vuoto.
“Finirà per morire di polmonite” sbraita come fosse fuori di sé “non esistono parapioggia e impermeabili, dentro il suo armadio?”
Osservo la scena con sconcerto.
“Se ne vada” urla lei.
E’ disperata, oltre che zuppa fino alle ossa. Non ha nulla della bambola che ha magistralmente interpretato, a parte le stesse lacrime che ne hanno decretato il fallimento.
Masumi obietta che una ragazza piangente nuoce all’immagine del suo teatro e non ha torto.
Poi la costringe ad entrare e, con grande stupore del registra Oda, la ingabbia in un nuovo esperimento recitativo.
Per puro caso, una delle attrici è assente per malattia e il presidente propone a Maya di sostituirla.
Chie, in Muenzakura, è la cugina di Tsukiyo, interpretata da Ayumi Himekawa: non è un personaggio di grande rilievo, ma la sua apparizione, nella scena quarta del terzo atto, segna una svolta nelle vicende della famiglia Kaydoji.
Osservo Maya che, dopo aver indossato il kimono, ripassa le battute della sfortunata ragazza che interpreterà.
Masumi veglia su di lei.
Ha uno sguardo trasognato, un misto di tenerezza e orgoglio.
A quanto pare, la candidata a La dèa scarlatta è perfettamente in grado di imparare a memoria un copione in pochissime ore. E, con le battute, anche le esatte posizioni che la scena prevede.
E’ davvero una ragazza fuori dal comune: avesse avuto la fortuna di Ayumi Himekawa, sarebbe già una stella di prima grandezza.
Il pensiero corre a mia madre.
Anche io, se avessi avuto una famiglia con una posizione solida, non sarei stata costretta a tenermi un lavoro che prevede, come mansione principale, curare le ferite esistenziali del capo e servirgli caffè speziati.
Le grane, però, non vengono mai sole.
Mentre penso alla mia situazione, si consuma un altro piccolo dramma.
“Che succede?” domando all’assistente di regia.
Qualche benpensante ha sostituito il copione di Maya per ripicca o, forse, per invidia, ed ora ella deve entrare in scena senza sapere come si evolverà la vicenda.
Masumi è sconvolto.
La trattiene per un braccio, ma ho il sospetto che la sua preoccupazione non riguardi lo spettacolo, bensì lei medesima: se fallisce ancora, sarà difficile che riesca ad ottenere altre scritture.
Maya fa il suo ingresso sul palco come un automa, nonostante il capo provi disperatamente a fermarla.
“Cerchi di calmarsi” dico sottovoce “non può far nulla. Chie, copione o non copione, deve entrare ora”
Sì, la candidata al ruolo di protagonista del capolavoro scomparso è davvero una personcina fuori dal comune.
Poco importa che sia poco più di una bambina.
Quando calca le scene non è lei ed io scommetto che, sotto quelle sembianze, Masumi ci vede già l’incantevole Akoya.
Con grande sollievo di tutti, riesce a recitare la sua parte nonostante le difficoltà.
Ayumi Himekawa è stata brava a sollecitarne la reazione e Maya altrettanto brava a farsi guidare.
“Non male per una rovina spettacoli” mugugno incrociando lo sguardo rischiarato del presidente Hayami, che mi sorride come se io stessa contassi qualcosa per lui.
Mi ha fatto firmare l’assegno per Maya e, di seguito, mi ha invitato a prendere qualcosa al bar del Daito Plaza.
Vuol essere consolato, lo so.
Non da una che lo compatisce, ma da chi gli sa dire come stanno le cose ormai senza temere neppure di perdere il posto.
Quando Maya ha lasciato il teatro, ha preso l’assegno e, in cambio, ha lasciato una montagna di ingiurie all’indirizzo del presidente.
Non che abbia raccontato ciarle: Masumi ha rovinato davvero la compagnia Tsukikage, mostrando la stessa fredda e spietata determinazione di Eysuke.
Ma adesso quest’uomo mi fa pena.
E’ partito in quarta, come in tutti i suoi affari, ma non ha fatto i conti col suo cuore.
E’ troppo giovane ancora per resistere agli assalti dei sentimenti: arrivano inaspettati, come una pioggia passeggera, ma, talvolta, sono devastanti come un uragano.
Questa giovane - chiamata stage storm nell’ambiente dei mediocri - ha avuto la capacità di rivoluzionare per sempre la sua vita, signor Masumi.
“Una ragazza insensata…” mormoro girando con le dita il bicchiere panciuto che contiene il mio brandy “e poi lei, presidente, insensato allo stesso modo”
“Cosa intende?” chiede.
Mi sento uno strizzacervelli.
“Le consiglio” mi limito a dire “di mantenere il controllo davanti a gente che potrebbe rivelarsi curiosa”
Poi gli porgo il palmare:
“Il signor Kappa le ha inviato una e-mail, mentre era in corso lo spettacolo” spiego “dice che i documenti per il recupero della ditta M sono stati inoltrati”
“Bene” commenta Masumi scorrendo il testo sul piccolo schermo.
“C’è solo un problema. Il Preside dell’Istituto sollecita un colloquio privato con il tutore”
Solo dopo aver parlato mi accorgo di non aver fatto uso del bizzarro linguaggio in codice del collaboratore ombra e me ne scuso.
Masumi solleva lo sguardo senza protestare:
“Kappa ha ragione, non può andare egli personalmente”
Annuisco.
“E sia” dice Masumi “domattina mi occuperò della cosa prima di venire in ufficio”
E’ generoso, da parte sua occuparsi dell’istruzione di Maya, ora che la sensei Tsukikage non può più garantirle il mantenimento.
Ha scelto l’istituto Itotsuboshi, dove crescono i talenti della Ondine, e non mi ci vuole molto per capire che vorrebbe portare Maya alla Daito.
Per sempre.
La giovane attrice, se supererà la prossima audizione, potrebbe essere diretta da quel bifolco di Ajime Onodera in Anna dei Miracoli.
Masumi trama alle spalle di Maya per favorirla. Dietro le mentite spoglie del donatore, riesce ad avere quel ruolo che sogna nella realtà.
La vizia anche troppo, a suon di rose e regali e denaro.
Penso che, alla fine di questa storia, Maya sarà perdutamente innamorata, ma non di Masumi medesimo, bensì del suo benefattore.

I giorni passano veloci e, dalle ultime nuove, prontamente riferite dal signor Kappa, la candidata a La dèa scarlatta sta dispensando interpretazioni varie e per nulla convincenti di Helen.
Dulcis in fundo, la signora Tsukikage, che la stava preparando, è tornata in ospedale a causa di una ricaduta.
“Questo è un lavoro per superMasumi” ironizzo accendendomi una sigaretta.
La mia segretaria mi guarda scossa.
“Non dirlo al capo” affermo ammiccando “se mi pesca a fumare in ufficio, rischio il posto”
Mentre tiro la prima boccata, squilla il telefono.
“Sono Yamashita” dicono all’altro capo del filo “il custode della casa di Nagano del signor Hayami. Potrebbe riferirgli che abbiamo provveduto al frigorifero? Noi siamo pronti”
“Certo” mormoro spiazzata “ma a che proposito?”
“La visita della signorina” chiarisce l’uomo “il signor Masumi ci ha chiesto di accogliere una giovane attrice”
Riattacca.

SuperMasumi strikes back.

Entro nel suo ufficio con delle carte inutili in mano, incapace di tenere a freno la lingua:
“Ha chiamato il signor Yamashita” racconto “e, mi dica, ci andrà anche lei?”
“Si goda la serata” mi rimbrotta Masumi tergiversando “l’ho data libera anche al suo fidanzato”
Inarco le labbra:
“Oh, sì, certo…anche lei va a Nagano?”
Cerca di nascondere l’evidenza:
“Non vedo perché debba andare fuori Tokyo e a Nagano, poi…”
“Magari per godersela…finalmente” rispondo senza pudore alcuno.

E’ sera inoltrata quando mi preparo a lasciare l’ufficio.
Masumi Hayami è scappato in campagna, com’era prevedibile che fosse.
Sento bussare alla porta.
“Ciao” dice Coichiro Gin brandendo un mazzo di rose rosse.
Corro ad abbracciarlo.
“Finalmente” mormoro “il cerbero è in catene e noi liberi!”
Ci pensa su:
“Credi sia in catene?” domanda baciandomi “io penso che stasera dovrà far ricorso a tutto il suo raziocinio per non lasciarsi andare…”
“Addirittura” gli faccio eco mentre gli sfilo la cravatta.
Mi blocca.
“Noi non dobbiamo frenarci come lui, ma evitiamo l’ufficio, te ne prego” mormora con tono appassionato, mentre io dirotto la sua mano altrove.
“Se credi di poter resistere…”

Continua…






 
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view post Posted on 12/6/2010, 17:15
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Grane Laura che ridere quando mizuki dice è compito di Supermasumi hahaha immagino la scena...........
 
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Emer Kenobi
view post Posted on 12/6/2010, 20:26




Mizuki mi è sempre piaciuta, è uno dei miei personaggi prerferiti... ma la tua Mizuki è davvero strepitosa! identica all'originale, ma anche con qualcosa in più.

PS: se Coichiro è solo il primo sono curiosissima di sapere chi sarà l'altro... o gli altri!
Hai capito Mizuki' ehehe
 
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view post Posted on 13/6/2010, 15:20
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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.

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Thinking (with Masumi’s Eyes)

L’ha abbracciata, vero?
E’ andato in quella casa con la testa piena di assurde speranze e di “visioni”.
Ha lasciato la festa – coi bicchieri vuoti che più non si contavano - perché Yamashita le ha riferito che la ragazzina è diventata “strana” e le sue “stranezze” l’hanno preoccupata non poco.
Ma io sapevo che sarebbe andato ugualmente, incapace di resistere, desideroso di dare a se stesso l’ennesima prova della sua debolezza.
E’ diventato un masochista.
E’ diventato un debole.
Sì, lei è solo una bambina.
Anche se a quindici anni, le liceali di oggi sono già smaliziate e brave a letto.
La ragazza che si è portato in ufficio l’altra notte l’ha raccattata vicino alla scuola S del distretto di Kio: era una studentessa in cerca di extra e l’autista, dopo averla depositata nel luogo in cui era stata “pescata”, mi ha raccontato che si era rimessa l’uniforme della scuola in macchina, senza alcun pudore.
Tutto ciò che la frena è il suo sguardo ardente; la sua passione per tutto ciò che non è lei, signor Masumi.
Lei ama le maschere e Masumi Hayami non ne ha che una sola.
Lei ama la sincerità e Masumi Hayami conosce solo il sotterfugio.
Alzare una mano in sua direzione: forse potrebbe.
Sicuramente potrebbe.
Ma i suoi occhi, gli occhi di Maya, spengono un desiderio che non appartiene all’oggi, ma al lontano futuro.
Ciò nonostante, si è stretto al petto qualcosa che, intimamente, disperatamente, le appartiene quanto le ossa, il sangue, la pelle.
Si rammarica, signor Masumi, di un pensiero già tanto ansioso da galoppare.
Cerca di avvicinarsi al cuore di Maya con l’espediente di una rosa scarlatta, nella speranza che la sua mente, ancora così “giovane” e protesa all’oggi, non dimentichi che il futuro non appartiene a sciocche distrazioni sentimentali, ma a lui!
Baciarla?
Come avrebbe solo potuto pensare di farlo?
Maya non ha labbra ancora e le sue, signor Masumi, sono già tanto consunte da far ribrezzo a se medesimo.
Toccarla?
Maya è un boccio così acerbo che le sue mani, signor Masumi – finora usate con una leggerezza paurosa – rischierebbero di comprometterne la completa fioritura.
Entrare dentro di lei?
Forse sarebbe semplice.
Non è che uno scherzo plagiare con lusinghe una mente bambina, portarla dove vuole lei, ma preferisce il miraggio del futuro amore, signor Masumi.
Perché lei è un uomo gravemente innamorato, ma è anche un uomo buono e, di certo, non un pervertito.
Signor Masumi, leggo perfettamente nel suo cuore.
Anche se le sue spiegazioni filosofiche mi sembrano un modo disperato di allontanare la realtà dei fatti, io posso capire perfettamente i motivi della sua “non-scelta”.
E’ la cosa giusta.
Non si può compromettere con un gesto forte la vita di una ragazzina.
Però, proprio perché la conosco nell’intimo, sono convinta che, negli anni a venire, nulla cambierà.
Sta facendo talmente tanto per Maya da diventare “troppo”.
Quando Coichiro mi ha detto di Haru Kitajima sono rimasta scioccata.
Come può pensare di costruire la notorietà di quella ragazza nascondendole – anche solo per un breve periodo – le condizioni in cui versa sua madre, segregata in un posto segreto fino a che lei, signor Masumi, riterrà opportuno!
Ricordo che, una volta, si lamentò dei metodi severi della sensei Tsukikage sol perché costringeva Maya a vivere lontana da ogni tipo di distrazione – famiglia compresa.
In che cosa si differenzia lei, signor Masumi?
Non è forse, parimenti, un uomo in nero?
Un uomo che si cura più dell’ombra che della luce perché ha vergogna del suo cuore.
Ho rimproverato Coichiro, il mio Coichiro, aspramente.
Non voglio che l’appoggi in questa impresa ingombrante.
Lui si è limitato a far spallucce, ché Masumi Hayami è il capo, è il divino!
Non so perché mi scaldo tanto a causa sua.
Mi sta a cuore Maya, ma mi sta a cuore anche lei, che, dopo una simile impresa, ridurrà davvero a una semplice rosa scarlatta il legame con la “sua” ragazzina.

Miracle of Hearts.

Arrivo in ufficio con la testa piena di pensieri non miei.
E sono furibonda con Coichiro, che, con nonchalance scioccante, mi ha lasciata a sbraitare da sola nella mia stanza al campus.
“Il grande amore…” mugugno “avrei dovuto aspettarmelo. La solidarietà maschile, le bevute davanti alle ragazze piacenti di Shinjuku…uomini!”
“Che cos’ha, signorina?” mi chiede la mia assistente. Mentre verso il tea nella tazza, le mie mani tremano non poco.
“Mi faccia una cortesia,” dico col tono un po’ansimante “vada lei a servire il caffè al signor Hayami”
“E’ pallida, non sta bene?” insiste la ragazza.
No che non sto bene.
Masumi mi chiama sulla linea interna: mio malgrado, sono costretta a raggiungerlo.
E’ dietro la scrivania, in maniche di camicia e col gilet aperto.
“Ha dormito sul divano?”
Non ho potuto evitare la domanda.
Indossa ancora gli stessi abiti di ieri, ma non vedo mozziconi sul posacenere né “resti” di bottiglie di liquore.
“Sono appena arrivato” risponde “e non ho dormito affatto. Annulli tutti gli impegni di oggi, si va alla Ondine per assistere alla vittoria di Ayumi Himekawa.”
Sorrido piano:
“Com’è autocritico…”
Mi guarda con rimprovero:
“Sta parlando forse di me?”
“Sarebbe irrazionale parlare di qualcun altro in sua presenza, anche se, ultimamente, gradisce discutere con me del suo grattacapo preferito.” rispondo fredda.
“Lei mi disprezza, è così?” domanda “E potrei sapere perché?”
“Di certo” mormoro “non è in testa alla mia lista dei simpatici. Lei è un uomo che sta vivendo di comodi sotterfugi, signor Masumi, ma non potrà farlo all’infinito.”
Faccio per andarmene.
Detesto le persone insincere che si nascondono dietro falsi moralismi.
Sta iniziando a muovere un passo falso dietro l’altro e, quando l’affare Haru Kitajima balzerà in prima pagina, si ritroverà a fare follie pur di recuperare una parvenza di rapporto con Maya.
“Aspetti, Mitzuki.” dice Masumi “Coichiro mi ha spiegato il suo punto di vista, ma, in tutta onestà, non ho capito quali sono i rischi nei quali incorro.”
E’ davvero incredibile!
O, forse, vuole farsi davvero male, sapendo che una come me le manda a dire senza problemi.
“Temo dovrà arrivarci da solo.” rispondo “E poi non ha senso star qui a discuterne, dato che, quando inizia qualcosa, va avanti come un treno.”
Mi chiudo la porta alle spalle.
Dopo un paio d’ore siamo alla Ondine.
Le candidate al ruolo di Ellen sono notevoli ed io mi accorgo che la piccola attrice dovrà faticare non poco per avere la parte. Senza contare che questo spettacolo è reso ancor più appetibile per essere rientrato nella programmazione del Festival delle Arti.
Maya Kitajima, probabilmente, non sa neppure di questo risvolto.
Anche lei, al pari di Masumi Hayami, va avanti come un treno, paga solo della sua recitazione. E vuole il ruolo sol perché salire sul palco la realizza a 360°, non certo per agguantare una statuetta.
Quanta ingenuità in questa ragazza!
Se, uscendo dal Teatro, le passasse davanti uno schiacciasassi a suon di fanfare, non se ne accorgerebbe neppure.
Il mondo è buono perché lo vive in una dimensione speciale.
Il mondo è bello perché, alla sua età, sembra riservare solo cose buone.
E il mio capo sarebbe un sentimentale come lei se non fosse per i diktat della scuola che l’ha bene addestrato.
Vuole Maya, ma il suo obiettivo principale è sempre e solo uno: La dèa scarlatta.
Farà qualsiasi cosa per agguantare quei diritti, anche sacrificare la promettente ragazzina.

Che ne sarà di te, quando ti avrà portato via il tuo più grande sogno, Maya?

Mentre prendo posto nel salottino preparato per gli ospiti di rilievo che vengono ad assistere alle prove, noto Masumi dirigersi verso la giovane attrice.
Vuol fare l’ennesimo, sciocco affondo, ma sarà il suo cuore, come sempre, a colare a picco.
“Ecco la grande interprete del futuro.” mugugna ironicamente.
Come vorrebbe che reagisse, sciocco di un uomo, a una battuta simile?
Pensa le si possa rispondere semplicemente “buon giorno” o “che bell’aspetto ha?”
E, quando Maya si lagna della provocazione gratuita, trova persino il coraggio di reagire indispettito, tirando in ballo l’educazione di cui è carente!
Sentitelo!
“Io sono Masumi Hayami della Daito Art Productions…”

Oh, oh.

Cosa fai? Non essendo capace di ribattere, tiri in ballo la tua posizione?
Sei un deficiente.
Coichiro Gin fa capolino in sala prove e mi domanda con un gesto della mano di uscire.
Mi alzo stancamente, anche perché non ho nessuna voglia di vederlo.
“Andiamo, Mitzuki” mi dice prendendomi per mano “io non capisco perché te la prenda tanto a cuore. Non sono affari nostri”
Lo guardo scioccata:
“Masumi è tuo amico o semplicemente chi ti paga lo stipendio?” gli chiedo divincolandomi.
Non risponde alla domanda.
“A me” continuo “quella ragazza fa pena e il giovane Hayami sta commettendo una sciocchezza dietro l’altra”
“Arriverà al suo scopo” commenta Coichiro accendendosi una sigaretta “è un imprenditore, non una dama di carità”
Il pensiero corre al signor Kappa e al suo linguaggio in codice.
“Ti ricordi” chiedo sarcastica “la sera in cui ti chiesi, stupita, per quale motivo Masumi avesse dato a un altro l’incarico di occuparsi di Maya? Credo di aver capito perché”
Mi fermo davanti all’uscio:
“Non so” mormoro “perché mi scaldi tanto, ma, nonostante la mia proverbiale razionalità, non riesco a considerare le persone come fossero oggetti o, peggio ancora, pezzi degli scacchi”
Coichiro conosce bene la mia storia; sa che mia madre è schiava nella casa di un uomo “perbene” e che sto lavorando duramente per portarla via.
La mamma era una sciocca romantica come Maya, quando iniziò a fare il mestiere. Talmente invaghita dei suoi stessi sogni da restare incinta subito.
Non pensava certo di finire nelle grinfie di un potente senza scrupoli.

Sento l’improvviso bisogno di andare da lei.
Lascio Masumi alle sue beghe, adducendo, per la prima volta in vita mia, una scusa banale.
Egli è talmente in collera con la ragazzina petulante da non accorgersi della mia piccola bugia.
La Villa di Yokohama del presidente Honjo è una proprietà immensa, meglio situata persino della residenza dei Takamiya, famiglia rivale in affari e “confinante”.
Il cancello, altissimo, è in ottone, i pilastri che lo racchiudono in marmo. Visto da qui, sembra l’ingresso di un cimitero cristiano.
Suono al custode, che, riconoscendomi, corre a legare i cani da guardia.
“Mitzuki,” dice contento “vado subito ad avvertire tua madre. Entra pure in casa mia.”
Si allontana di gran carriera ed io, come ogni volta, constato con amarezza di non avere diritto di vedere la mamma nella casa che la ospita, ma solo in quella di un semplice dipendente.
“Bella Luna” mi abbraccia col calore di sempre.
E’ un tripudio di lustrini e paillettes. I capelli biondissimi, raccolti a chignon, sono trattenuti da un fermaglio gioiello.
“Bella pacchianata…” mormoro sfiorandolo con le dita.
La mamma mi guarda con rimprovero.
“Non capisci nulla di preziosi:” obietta “è uno swarovskji!”
Sospiro profondamente, mentre continuo ad osservarne la mise bizzarra: indossa una vestaglia di seta leggera di colore fucsia. Sotto porta qualcosa che sembra una sottoveste e lascia abbondantemente scoperto il seno florido.
“Sono le tre del pomeriggio,” constato sarcastica “non oso pensare che cosa indosserai più tardi.”
“Sei venuta a pontificare?” mi chiede.
Scuoto la testa, rassegnata.
“E’ come se ci fossimo scambiati i ruoli.” mormoro togliendole la sigaretta che tiene in mano e portandola alla bocca.
Stavolta è lei a studiarmi con attenzione:
“E gli studi come vanno? Stai lavorando sodo, a giudicare dal tuo aspetto dimesso.”
Indica il tailleur bianco come fosse una bestemmia in mezzo a un trionfo di colori sgargianti.
“E’ un Armani, mamma.” le faccio notare.
“Ah.” commenta “Hai fatto i soldi anche tu. Sei entrata nel letto di qualche notabile, per caso? O stai ancora con quel morto di fame?”
Sorrido con ironia, mentre il pensiero corre a Coichiro.
“Mi laureo tra un mese” la informo “e sarò assunta alla Daito in via definitiva.”
Annuisce, ma non sembra interessata a quanto le sto dicendo.
“Ho visto la foto del tuo capo, su una rivista di teatro.” dice la mamma cambiando discorso.
So già dove andrà a parare.
“E’ strepitoso…” continua “neanche un pensierino, mia piccola bella luna?”
La guardo con disprezzo e, per la prima volta in vita mia, non me ne pento.
“Io non sono come te. Sto lavorando sodo per portarti via da questo letame, ma non mi ci ficcherò io stessa nel tentativo di riscattarti.”
Mi alzo disgustata.
“Ma chi ti ha chiesto niente?” domanda la mamma versandosi da bere “Goditi pure i tuoi soldi e la tua carriera. Continua a farti quell’omuncolo miope come una talpa, se questo ti basta!”
Sbatte il bicchiere sul tavolo.
“Io ho tutto quel che mi occorre” blatera asciugandosi la bocca col palmo della mano “e anche di più. Pensi che lascerei una reggia per ritirarmi nella casa modesta di una figlia zitella e acida?”
Stringo i pugni, trattenendo le lacrime a stento.
Mia madre se ne avvede:
“Non sei cambiata affatto, continui a piagnucolare per ottenere quel che vuoi, come quand’eri bambina! Lo sai” e qui il tono si fa sibilante “chi mi passava il denaro per comperarti i giochi migliori, il computer e tutto il resto?”
Scuoto la testa, nascondendo gli occhi con una mano.
“Voglio solo restituirti la dignità che ogni donna merita.” dico facendo appello al poco di pazienza che mi resta.
“Dignità?” ripete la mamma “E pensi che sia dignitoso vivere come una pezzente quando puoi avere questa meraviglia?”
Apre le braccia, come se tentasse di comprendervi quanto la circonda.
Peccato che ci si trovi nella casa del custode.
“Non sarei dovuta venire.” dico sfilandomi le lenti appannate.
Mia madre mi prende la mano.
“Ti ho dato un corpo meraviglioso, usalo!” mi consiglia ammiccando.
“Tu sei ubriaca.” mormoro.
Mi blocca e la sua presa è davvero agghiacciante: sembra quella di un morto ed io, istintivamente, mi ritraggo.
Con lo sconcerto dipinto negli occhi, osservo quella mano liscia, bianca e innaturale che scivola dalla mia come fosse una anguilla appena pescata.
Mi stupisco delle sensazioni che provo.
Dov’è quel senso di appartenenza che avvertivo, quando, bambine entrambe, mi stringeva al petto dicendomi che io ero sua ed ero la cosa più bella che le fosse capitata?
L’unica di cui non si fosse pentita…
Dove sono quelle immagini che mi hanno impedito di udire i mormorii sudici degli uomini che si infilavano nel suo letto?
Adesso risuonano in modo insopportabile dentro la mia testa e non c’è fantasia che possa metterli a tacere!
Una prostituta!
Sei una prostituta, mamma!
Anche tu, come Masumi Hayami, stai dicendomi che non esistono alternative all’andare avanti come treni in corsa.
Vai incontro all’inoppugnabile destino come fossi un burattino nelle mani del Fato!
L’essere umano non è questo!
Non può essere questo!
La miseria in cui sono vissuta mi ha insegnato che c’è sempre una via d’uscita.
Magari traversa, defilata, ma esiste.
E se non la si usa è perché si è talmente incancreniti e paghi di sé che si aspetta solo la morte.
Mamma, la tua è la mano di una persona che sta lasciando per sempre il mondo!
Mi ritrovo in macchina, sulla litoranea.
Non mi accorgo neppure di guidare senza lenti.
La strada è completamente sgombra, ma lo stato di grazia durerà poco, ché, tra non molto, sarà ora di punta.
Le persone “normali”, ogni sera, tornano a casa dalla famiglia.
Fanno uso di ogni mezzo di trasporto possibile, “sfidano” i cartelloni orari pur di far presto.
Chi ha sulle spalle il mantenimento della prole è assillato dal timore di non arrivare a fine mese, ma è felice: un semplice impiegato si priverà di un paio di fette di carne, ma, vedendo il proprio figlio con le scarpe nuove ai piedi, proverà indicibile gioia e dimenticherà i morsi della fame.
Avrei voluto, per l’ultima volta, chiedere alla mamma perché non si può essere anche noi felici con “poco”.
Ma non glielo chiederò più.
Non tornerò a trovarla.

Arrivo al campus a sera inoltrata.
Parcheggio l’auto alla meno peggio. Sento i piedi gonfi e mi pento di aver guidato tanto.
Forse sarebbe stato meglio andare in spiaggia, osservare le onde che, ritmicamente, lambiscono la battigia facendo eco ai battiti del cuore in tumulto.
Mi è sempre piaciuto il mare.
Mi ricordo che, quando ero bambina, “Bella Luna” mi ci portava spesso.
Mi insegnò a nuotare che non avevo neppure tre anni.
Come amavo quell’acqua fredda che odorava di oceano sterminato! Immergevo la testa, lasciando fuori solo il naso e mi pareva di vedere l’immenso, di farne parte.
Mi piego sulle ginocchia, davanti all’auto di lusso che non mi appartiene, e piango amaramente.
Sento tutto il peso della moralità inutile addosso.
Mi avvio incerta verso l’edificio.
Sulle scale, seduto, Coichiro attende: sapeva che avevo bisogno di lui.
Ma il mio cuore non sa gioire di questa improvvisata.
Mi prende per mano, lasciando andare la sigaretta ancora accesa sul terriccio.
“Non ho voglia” gli dico prendendo posto accanto a lui “di fare l’amore. Ho la testa che mi scoppia”
Sorride piano:
“Pensavo che dolori come questo iniziassero a colpire alla fine della luna di miele”
Tira fuori dalla giacca un astuccio.
“Pazienza,” soggiunge “rischio ugualmente”
Mi porge il piccolo contenitore di velluto azzurro dopo averlo aperto. E’ una fascetta di brillanti.
“Sembra una anello di fidanzamento…” dico sfiorandolo con un dito.
“E’ un anello di fidanzamento.” mi corregge Coichiro.
“Devo ricordarti, forse, cosa significhi un oggetto del genere?” affermo scettica.
“Legame perpetuo?” mi chiede.
“Mal di testa continuo.” mormoro richiudendo l’astuccio.
L’uomo si alza spiazzato.
“Mitzuki, che ti prende? Io voglio fare di te una donna onesta!”
Lo guardo come se avesse appena bestemmiato:
“Squallido perbenista…” sibilo “Sei come tutti gli altri! Cosa c’è di male se facciamo l’amore da un decennio senza matrimonio? Pensi che finirò come mia madre, forse?”
Coichiro mi prende per le spalle:
“Stai calma! Non volevo offenderti! Non vuoi anche tu una casa a cui tornare ogni sera? E dei bambini, magari!”
Mi divincolo.
“Bambini! Bambini a cui spiegare che la loro nonna fa la puttana oppure, peggio ancora, nasconderglielo! E’ questo che faresti tu, è così?” urlo.
“Questo è un tuo complesso, Mitzuki!” dice il mio uomo perdendo la pazienza “Io non ti ho mai giudicato in riferimento alla condotta di tua madre!”
“Allora,” correggo il tiro “spiegami cosa significa fare di me una donna onesta!”
Coichiro tace sospirando.
Si caccia in tasca l’astuccio e se ne va.
“Fammi un fischio, quando ti dai una calmata.” dice amaro.
“Se lo scordi, signor Gin, questa è l’ultima volta che mi vede.”
Lo vedo impallidire.
Sì, le disgrazie non vengono mai sole: mia madre ed ora Coichiro.
Vattene, vattene, segui pure il tuo capo nelle sue mire espansionistiche che preannunciano solo distruzione.
Anzi, lascerò l’ufficio. Cercherò di fare altri stage, magari presso filiali estere.
Sono quasi decisa di compiere il primo passo verso il nulla, quando squilla il telefono.
Stancamente, penso a Coichiro, ma non è lui.
“Sono Hayami.”
La sua voce è roca, deve aver fumato come una ciminiera.
“L’audizione è finita ora, verrebbe a prendermi?”
Guardando l’orologio, constato che sono quasi le undici.
“Mi spiace di averle sottratto l’auto.” dico tergiversando “Purtroppo, avevo un impegno improrogabile.”
Masumi ride piano:
“Nessun problema. Allora, viene o mi lascia qui?”

Il tempo passa lento, quando si è rimasti soli al mondo.
Si inizia a vivere per il lavoro ed anche la prospettiva di intessere altre relazioni sentimentali diventa improbabile, se non impossibile.
In ufficio fai sempre più tardi, non hai tempo per mangiare adeguatamente e, superato il disprezzo per il tuo superiore, cominci a pensare alla sua vita come fosse la tua.
Non che Masumi Hayami, oggi, mi interessi più di quanto mi interessasse ieri. Ma, non avendo nulla di mio cui dedicarmi, mi soffermo sull’unica anima con cui ho un rapporto informale e diretto.
Il capo sa che io e Coichiro ci siamo lasciati da un bel pezzo.
Evita accuratamente di farlo venire in ufficio quando sono presente anche io e le sue telefonate, ora, le riceve direttamente sul cellulare.
Dal libro fatture ho appreso che il mio ex compagno viene mandato all’estero a cadenza settimanale.
Non credo che per Gin sia stato facile dirmi addio, ma io non ho tempo né voglia di pensare anche a lui.
Vivo in una dimensione ovattata e tutto ciò che mi tocca è filtrato da una sorta di anestetico mentale che ho “distillato” personalmente per tirare avanti.
Mi manca quell’uomo grezzo che mi faceva tremare il cuore solo con una stretta di mano.
Ma non dimentico le sue parole, il suo essere concorde con Masumi nel modo di gestire la vita di Maya.
Controllo sul pc e constato che il signor Kappa ha inviato una mail.
Da qualche tempo non usa più il linguaggio in codice.
Forse il Presidente gli ha detto che può fidarsi tranquillamente di me. In fondo, so tutto di lui.

“Gentile segretaria,” leggo “ho disposto a che la signorina Maya, nel giorno della premiazione, abbia la sua corona di rose scarlatte nel foyer. Visto che il signor Masumi sembra impegnato in altri affari, potrebbe suggerirmi un regalo da fare alla signorina in sua vece?”
“Che carino.” penso fra me.
Poi, il pensiero corre, astioso, al giovane Hayami:
“Certo, lui manovra la vita altrui, ma non ha tempo per occuparsi di queste gentilezze…”
“Gentile signor Kappa,” digito “ho visto un grazioso orologio di Cartier nella vetrina della gioielleria Asamu. E’ un modello grazioso e per nulla impegnativo, vista la giovane età di Maya. Potrebbe optare per quello. Mi faccia sapere se è d’accordo. Magari, nel frattempo, penso ad altro”
Cerco l’immagine dell’orologio su internet e la allego alla mail.
La risposta non si fa attendere:
“Gentile signorina Mitzuki, trovo sia una splendida idea e non posso che essere d’accordo. Manderò la fattura via fax. P. S. Complimenti. Ha dei gusti pregevoli.”
Masumi mi manda a chiamare.
Corro a prepararmi.
Devo accompagnarlo al Daito Plaza, dove si terrà la cerimonia di premiazione del Festival delle Arti.
Lascio il pc acceso sulla prima pagina della casella di posta.
E’ arrivata, inaspettatamente, un’altra mail.


continua...
 
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Leyla Sayn
view post Posted on 14/6/2010, 13:15




Meraviglioso!!! Questo Masumi, raccontato attraverso gli occhi della sua segretaria, ha un'aria molto più misteriosa e questo lo rende ancora più affascinante. Ma da dove ti escono tutte queste idee, cara Laura? Adesso non vedo l'ora di scoprire il contenuto di quella misteriosa e-mail.
Bravissima Laura, continua a farci sognare!
Leyla
 
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view post Posted on 15/6/2010, 16:24
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Grazie, Leyla! Ho quasi concluso gli scrutini (ieri ho lavorato fino alle otto e mezza di sera), quindi, presto, partiranno nuove iniziative.
Mi chiedi da dove "arrivino" le idee?
Dalla vita vissuta, ovviamente...la mia!
Un bacione.

Masumi in love.

Dopo il premio per la miglior attrice non protagonista al Festival delle Arti, Maya è stata coinvolta, col benestare della sensei Tsukikage, nelle produzioni televisive della Daito.
La foto che la ritraeva fra le braccia possenti del giovane presidente Hayami è rimbalzata sulle prime pagine di quotidiani e riviste teatrali per parecchio tempo.
Ho assistito alla scena di persona: il signor Masumi aveva l’aria di chi toccava il cielo come un dito.
Ma la ragazzina ha rischiato di “ricordare” l’abbraccio proibito di Nagano - come egli stesso mi ha involontariamente confessato subito dopo la festa - e la romantica parentesi si è conclusa con uno spintone fuori programma.
“Bella scena…” ho commentato un po’ sarcastica dopo che egli se l’è data a gambe: una inutile dimostrazione di forza, oltre che una operazione commerciale!
“Non so di cosa parla.” mi ha risposto “Non nutro alcun interesse per quella ragazzina, men che mai sentimentale.”
“Davvero?” gli ho fatto eco, interrompendolo “E allora perché è andato a Nagano e ne è fuggito con la stessa rapidità con cui ha abbandonato la festa questa sera?”

Non ha ribattuto.
Non merito risposta, forse.
Non c’è tenerezza in Masumi Hayami.
E’ mera utopia pensare che ne abbia.
Così ha detto…
Non fa nulla per mettere in evidenza l’oggetto del suo desiderio futuro.
Ma così ha fatto…

C’è un “però”, caro il mio bel presidente dai capelli color del grano.
Per ora non presta il fianco ai malevoli e si sente in una botte di ferro: Maya è solo una ragazzina di sedici anni e fa quasi sorridere per quel suo aspetto poco femminile e trascurato.
Ma, domani, crescerà.
Eccome se crescerà.
E, allora, i suoi abbracci non sarà più in condizioni di dispensarli con la stessa nonchalance.
Quando suo padre - il signor Eysuke - se ne accorgerà, poi!
E’ cambiato qualcosa, Mr. Masumi.
Prima sorrideva alle mie battute, prendeva in giro se stesso e me; affermava senza problemi che, quanto al suo presunto interesse per la giovane attrice, “vivevo come di visioni”.
Adesso, invece, non osa neppure provare a contrastarmi.
Si chiude in un silenzio amaro, come se temesse che il tempo - ancora tanto, se si considera la giovane età della ragazza - stia diventando improvvisamente esiguo.
Le sfugge di mano.
E’ una sorta di fisarmonica stonata, un mantice che si apre e si chiude di botto, e lei - che di armonia non è mai stato esperto - non sa più come gestirlo.
Il donatore miete amore e dedizione, mentre Masumi Hayami raccoglie solo i “necessarii” frutti dell’odio.
Ho come l’impressione che questo tira e molla non le basti più.
Ho come l’ impressione che la stanchi.
E il timore delle distrazioni sentimentali, che nella vita di una adolescente sono pane quotidiano, è diventato già terrore.
Se non è questo l’amore, signor Presidente, mi dica lei che cos’è.
Non le servirà mollarmi un altro ceffone per mettere a tacere la mia lingua ostile.
Tacerà la mia bocca, ma non il suo cuore.
Perché, man mano che quella ragazza cresce, vanno avanti, proporzionalmente, anche le sue speranze, signor Masumi, e il suo amore si fa più forte, più soffocante.
Sì, io sono una donna che non teme di esprimere i propri pensieri.
Ma vorrei che capisse che non sono meri giudizi proferiti da chi, come un sadico, affonda il coltello affilato in una ferita già aperta.
E’ quello che vedo.
E’ il frutto della mia sensibilità, che mi ha fatto nascere “già grande”.
Io conosco il mondo e conosco lei, Presidente.





Haru.

In pochi mesi, Maya è diventata una stella di prima grandezza: fa da testimonial ad una famosa casa di elettrodomestici e il suo sceneggiato televisivo, inserito in fascia preserale, è seguito giornalmente da dodici milioni di telespettatori.
A teatro ha diradato i suoi impegni, ma le sue riserve di denaro sono triplicate anche senza l’aiuto del donatore di rose.
Masumi Hayami ha disposto che diventassi la sua manager.
Ne ha fatta di strada la piccola attrice di Yokohama: ha lasciato l’appartamento sopra la panetteria - quel tugurio che divideva con Rei - e si è trasferita in uno dei loft di proprietà della Daito.
Io, conclusa la specializzazione in economia aziendale, ho traslocato dalla mia stanza al campus ad un appartamento poco distante dall’alloggio di Maya.
Il signor Masumi non si accontenta solo dell’appoggio silenzioso del signor Kappa: ritiene che per Maya una figura femminile di riferimento, in un periodo delicato come l’attuale - il successo può darle alla testa! - sia indispensabile.
Ho evitato accuratamente di far riferimento ad Haru anche perché sono convinta che Hayami abbia preso a considerare la signora Kitajima alla stregua della “perfida” Chigusa Tsukikage: una donna che tarpa le ali alla propria figlia e deve starle a debita distanza.
Il reincontro ci sarà, ma egli soltanto deciderà le modalità e i tempi.
Poi, Haru verrà chiusa di nuovo in un esilio dorato, con la scusa delle costose cure cui dovrà essere sottoposta per tornare definitivamente in salute.

La signora Kitajima è l’opposto di mia madre.
E mi fa una pena infinita.

E’ una donna sola e, a parer mio, è comprensibilissimo l’atteggiamento tenuto in passato: Maya non aveva che tredici anni, quando lasciò la sua casa per andare incontro al suo sogno.
Qualsiasi persona pratica e priva di mezzi economici avrebbe cercato di impedire ad una figlia di fare il passo più lungo della gamba.
Fosse stata mia madre, avrebbe fortemente auspicato che io intraprendessi una carriera portatrice di ingenti ricchezze e visibilità.
Bella Luna senior ha sempre avuto una autentica passione per il denaro e i bei vestiti ed ha venduto se stessa per ottenerne in abbondanza.
Haru Kitajima, forse, ha sbagliato anche lei, ma è perdonabile.
Mia madre non sarà perdonata.
Né da me né dagli dèi.

La “punizione” per il signor Hayami, invece, arriva inaspettata e non è che la premessa di un epilogo ancor più tragico.
Quello che temeva - il possibile innamoramento di Maya - si palesa ai suoi occhi nella sala ricevimenti dello studio televisivo in cui Maya registra lo sceneggiato.
E non si tratta dello “sbarbatello” di qualche tempo fa, quel Yuu Sakurakoji al quale aveva ordinato di assistere alla prima di Cime Tempestose facendo leva sui sentimenti d’amore.
Non lui, ragazzino timido e insicuro, ma qualcuno che non conosce e per questo motivo risulta ancor più molesto ed inquietante.
Shigeru Satomi.
Carino come solo un <idol> può essere.
E sincero, soprattutto.
Talmente tanto da confessare al mondo intero il suo amore e da chiedere a me, ufficialmente, di poter frequentare Maya.
Un vero gentiluomo, proprio come il donatore di rose, proprio come non è lei, signor Masumi.
E qui compie il primo passo falso in pubblico.
Un passo falso di cui, per fortuna, nella concitazione del momento, nessuno si accorge.
Che cosa avrebbe fatto, signor Masumi, se, al momento dell’annuncio, qualche giornalista curioso si fosse soffermato sul particolare del calice di champagne mandato istintivamente in frantumi?
E se qualcuno avesse notato il sangue che, a causa del vetro conficcato nella mano sinistra – lei è mancino – aveva preso a scorrere fluido, scarlatto come il colore di quella rosa che ha appuntato sotto il mento di Maya?
Come avrebbe giustificato la cosa?
Non avrebbe potuto.
Ed ora la sua piccola attrice la lascia nell’angoscia più nera, se ne va in vacanza con quel ragazzo più grande, che accampa quelle “legittime” pretese che un uomo che si dica “fidanzato” accampa.
E così Maya farà le sue esperienze.
Io ero più giovane di lei, quando, per la prima volta, feci l’amore con Coichiro.
Non ci sarebbe nulla di male e lei, signor Masumi, non potrebbe obiettare alcunché.
Un <tombeur des femmes> non può pretendere che una ragazza - che addirittura sconosce i suoi sentimenti - si mantenga “casta” nell’attesa che lei si decida.
Se Maya andasse a letto con Satomi, non ci sarebbe nulla di male.
E allora perché mi sento così cupa?

Mi fa una pena infinita, Presidente…
E, come già detto, le disgrazie non arrivano mai da sole.
Sebbene accompagni Maya agli studi tutti i giorni, il gruppetto di soliti ignoti, che pare essere dentro una botte di ferro, non manca di colpire puntualmente la giovane con scherzetti di pessimo gusto.
La ragazza va avanti nonostante il vetro nella torta, il pettine incollato ai capelli col bostik e l’acqua gelata che rovina irrimediabilmente il costume di scena.
Che ella non si faccia influenzare dalle fan isteriche di Satomi è una buona cosa, ma io sono preoccupata ugualmente, soprattutto da quando ho scoperto la vera identità della sua assistente: Norie Otobe, una ragazza bellissima e di belle speranze, dietro la “scusa” di un presunto affetto per Maya, nasconde le sue “reali” fattezze e non la molla di un passo.
Lei, signor Masumi, dice di non preoccuparmene, ma io trovo strano che una aspirante attrice rinunci alla sua personale affermazione per far da serva ad un’altra, che supplisce alla mancanza di bellezza col suo incommensurabile talento.
In effetti, le lacrime di Norie, il giorno in cui è stata smascherata, sembravano sincere ed io ho lasciato correre.
Ma, in tutta onestà, non so se ho fatto bene, anche perché gli episodi scorretti ai danni di Maya sembrano magicamente svaniti.

***


E’ una giornata piovosa di inizio autunno.
Fa un freddo inusuale, considerato che, fino a ieri, Maya correva sulla spiaggia mano nella mano col suo innamorato.
Mentre mi chiedo se abbiano fatto l’amore, arriva inaspettatamente una chiamata di “lui” sulla mia linea personale.

Coichiro non lo sento dal giorno in cui ci siamo lasciati, due anni fa.
Non lo sentivo da quel lontano giorno di due anni fa.

“Ha telefonato il suo collaboratore.” annunzio a Masumi Hayami come se stessi per venir meno.
Egli reagisce scrollando le spalle.
“Andiamo…” dice ironico “Può anche chiamarlo per nome!”
Fulmino il presidente con lo sguardo per la prima volta in vita mia:
“Haru Kitajima è morta!”
Masumi impallidisce in modo vistoso, mentre, come buona tradizione letteraria vuole, le mie parole sono seguite dal fragore di un tuono.
“Dove?” ha l’animo di chiedere dopo qualche istante di pesante, indicibile silenzio.
“In un cinema.” rispondo meccanicamente “Mentre seguiva il film di debutto di sua figlia.”
“A causa della tisi?” si informa con voce sempre più flebile.
Spiego l’evento con freddezza inaudita, sentendomi come l’oracolo a cui non è stato dato ascolto. Mentre parlo, provo il forte desiderio di vederlo morire.
E, forse, sta morendo davvero.
“L’autopsia ha riscontrato un grave trauma toracico. La signora Haru era cieca e, fuggendo dal sanatorio, è stata investita. L’emorragia le è stata fatale qualche ora dopo l’incidente, quand’era alla Sala Kutaji.”
La sua vita sta cominciando a scorrere in verso opposto rispetto al fiume, vero signor Masumi?
Ha creduto, col sotterfugio dell’amore che ancora non si spiega, di poter manovrare a fin di bene una vita umana.
Dio ha punito la sua tracotanza nell’unico modo possibile: mettendole davanti la morte.

Ed eccoti di nuovo, Coichiro Gin.
Nel cimitero scintoista sul mare, in abito scuro, defilato, accanto al compagno di bevute e di redditizi affari, hai lasciato che l’acqua abbondante di questo giorno nefasto ti penetrasse le ossa.
Speravi, forse, di purificarti dal peccato commesso, ma senza scopo, temo.
Hai le lenti bagnate e non ti accorgi neanche di me quando, sconvolto come non mai, comunichi a Masumi la tua epocale decisione.
Bevo ogni tua parola, purtroppo per me con immutato amore:
“Non me la sento più. Mandami in Indonesia o nel cuore dell’oceano Pacifico, ma non chiedermi più di occuparmi delle operazioni commerciali che hanno per oggetto Maya Kitajima.”
Per un attimo, per istinto, ho teso una mano nella tua direzione.
Volevo fermarti fisicamente.
Volevo fermare i tuoi pensieri.
E, invece, ti sei confuso nella pioggia in un secondo, prostrato ed incapace come mai ti eri forse sentito.
E ti ritrovo, incredibilmente, davanti all’edificio in cui alloggio. Maya, che è dietro di me, inconsapevole del tuo ruolo nella faccenda, cinge tra le braccia l’urna con le ceneri di sua madre.
Non capisce cosa ci faccia lì un uomo vestito a lutto.
Probabilmente, nello stato in cui è, non se lo chiede neanche; sale i gradini bassi dell’ingresso e si dilegua in fondo al corridoio, mentre tu la segui con uno sguardo che significa lacrime e amaro rimorso.
“Entra.” dico conciliante “Ti preparo qualcosa di caldo.”
Rifiuti.
“Devo andare. Sono venuto a farti un saluto, prima che lasci per sempre il Paese.”
Sorrido.
Non ci vediamo da due anni eppure, adesso, sembra quasi che non ti abbia mai lasciato.
“Vado in Inghilterra ad occuparmi di quel gruppo emergente. E penso di restarci…a lungo.”
Annuisco:
“Il rock è la tua passione da sempre e Hayami finalmente ti ha affrancato.”
Mi prende per la mano.
“Avevi ragione tu.” confessa “So che è tardi, ma sento il bisogno di dirtelo. Io e Masumi abbiamo sbagliato. E ti prego di stargli vicino. Il presidente ti stima ed ha bisogno di gente onesta che gli apra la mente, non di paraninfi o, peggio ancora, di individui che, come me, sono accondiscendenti in nome della solidarietà maschile.”
Scuoto il capo:
“Io e Masumi non saremo mai amici.”
“Sta andando alla deriva” mormora Coichiro “ed io non posso aiutarlo perché la mia coscienza è colpevole quanto la sua.”
Lacrime silenziose rigano il mio volto, mentre le lenti si appannano drammaticamente.
“Altre richieste?” domando ricacciando in gola i singhiozzi.
Mi avvicina a sé.
“Un bacio…” risponde serio “Non un bacio d’addio, ma uno di quelli che solevamo scambiarci quando eravamo felici.”
“Non posso.” mormoro debolmente.
“Nonostante sia trascorso tanto tempo,” dice “ho sempre sperato di risentire, un giorno, il sapore delle tue labbra sulle mie.”
Sono completamente sopraffatta dalle sue parole appassionate, ma non posso cedere di un passo:
“Sono sopravvissuta grazie a te, quando pensavo che il mio destino fosse quello di seguire le orme di mia madre e sono sopravvissuta anche dopo di te. Dobbiamo andare avanti ma, se ti bacio ora, temo che non avrò la forza di lasciarti andare.”
Coichiro mi prende la mano, si avvicina ancora di più, nonostante il mio diniego.
Siamo vicinissimi l’uno all’altra.
Sento il profumo dei suoi abiti, che mi è familiare come fosse il mio.
E forse lo è.
Devo fare uno sforzo sovrumano per non abbracciarlo e poi consolarlo e poi amarlo.
“Let it be.” dico lasciando andare la sua mano.
Lascia che sia.


Continua!
 
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Emer Kenobi
view post Posted on 15/6/2010, 17:33




ahhhh Laura!!! che capitoli intensi!!

ovviamente mi piace la storia dei bradipi attraverso gli occhi di Mizuki, ma mi piace anche come vedi la storia personale di Mizuki stessa, il suo rapporto con la madre (beh in confronto è vero che Haru è una santa) e con Coichiro!
Che brutta fine il suo primo amore. eppure le esperienze di Mizuki la rendono sensibile a quelle di Masumi e Maya.
 
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view post Posted on 16/6/2010, 10:16
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Laura fantastica vedere la storia con gli occhi di mizuki !!! è la sua storia conoscere la sua storia con la madre....ansiosa di leggere il continuò....
 
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view post Posted on 16/6/2010, 16:12
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Grazie, Angelo ed Emer. Sto lavorando alla prossima fic su Maya e partirà appena conclusa questa (ma, nel contempo, riposterò alcuni dei pdv di A Scarlet Rose, quelli che ebbero più successo all'epoca).
Buona lettura!



In love.

“Le interesserà sapere che Shigeru Satomi è sparito dalla circolazione.” dico entrando nell’ufficio del signor Hayami con le carte urgenti del mattino.
Egli finge di non curarsi di me, il suo sguardo è fisso sul computer.
“E Maya?” chiede mentre sorseggia il caffè speziato “Come l’ha presa?”
Ci penso su un attimo:
“Credo che il tragico decesso della signora Haru le abbia rivelato l’inconsistenza dei sentimenti nutriti nei confronti del ragazzo…”
Mi pento un po’ di aver offerto al capo un carico da novanta.
So bene che le mie parole allevieranno i suoi sensi di colpa, ma, fidandomi come al solito del mio istinto, ho espresso ciò che pensavo con disinvoltura.
Masumi si alza in piedi per dirigersi verso la vetrata.
“Inconsistenza, ha detto?” ripete “Secondo me, lo ha fatto per non nuocere alla carriera di Satomi.”
Sospiro profondamente:
“No, il cuore di Maya è ancora libero.” dico uscendo “Lei è davvero un uomo fortunato. Non so se gli dèi la propizino perché, in fondo, è una persona buona. Si sbrighi a far crescere il suo cuore, signor Masumi. Solo così riuscirà a vivere l’amore che desidera.”
“Aspetti!” mi ferma “Ho parlato con Coichiro, ieri sera. Nonostante il tono burlone e canzonatorio, sembrava assai amareggiato.”
Guardo il presidente con sguardo freddo:
“Il fatto che io parli con disinvoltura di Maya non significa che lei debba sentirsi in dovere di alleviare anche le mie sofferenze. Noi non siamo amici.”
Chiudo la porta piano e, ciò nonostante, mi sento come se l’avessi fragorosamente sbattuta.
Forse non dovrei prendermi così tante libertà, ma non posso impedirmelo.
La storia di Haru Kitajima, intrecciatasi drammaticamente con la mia vita sentimentale, mi ha segnata nel profondo.
Non so perché, ma sento di essere cambiata anche io.
Mi sento come se fossi sprofondata nel limbo dei sentimenti.
Nulla mi tocca, niente può scalfire il mio proverbiale autocontrollo.
Tranne una mail di Kappa:

“Gentile signorina Mitzuki, non la sento da molto tempo. Desideravo sincerarmi delle sue condizioni di salute e, ovviamente, informarla sulla signorina Maya. Riferisca al Presidente che, proprio in questo istante, sta uscendo dagli studi televisivi. Secondo le indiscrezioni, sarebbe stata sollevata dal ruolo di Kikuno per incapacità.”

“Incapacità…” mormoro a labbra strette, mentre stampo il testo del messaggio per Masumi Hayami.
Mi chiedo se sia possibile, nella situazione in cui versa, riuscire a calcare le scene con tranquillità. Una cosa è sapere che tua madre, pur essendo arrabbiata con te, è in salute; altra è saperla morta.
In quel modo orribile, poi…
Questi sono i limiti del Mondo dell’Arcobaleno, Maya.
Ringrazio il cielo di non essere mai stata una sognatrice.
Adagio il foglio sulla scrivania del Presidente che, dopo qualche secondo, prevedibilmente, si precipita fuori dall’ufficio alla ricerca dell’unica persona che abbia mai amato.
“Sta diluviando.” provo a fermarlo sebbene sappia che è inutile.
“So dove si trova, prendo la macchina!” dice lui cacciandosi l’impermeabile sulle spalle.
La mia assistente personale e la dattilografa osservano Masumi uscire.
Commentano, come loro solito, in merito alla bellezza del Presidente. E, per quanto la loro età mentale non superi i sedici anni, si sono avvedute anch’esse del cambiamento del “Cerbero”.
Il signor Hayami è diventato ancora più silenzioso.
Ciò sancirebbe l’avvenuto peggioramento del suo carattere, ma la nota stonata è il passaggio ad una forma più gentile di porsi nei confronti dei “subalterni”.
Adesso, ha preso l’abitudine di salutare. Magari non in modo caloroso, ma è già un passo avanti.
E poi è persino capace di dire grazie.
Aveva mai ringraziato qualcuno per il sol fatto di aver vuotato il posacenere? O servito un caffè?
In tempi non sospetti, avrebbe semplicemente commentato con un “Ha fatto il suo dovere, è pagato per questo”.
Ma, oggi, no ed è il segno che i tempi sono sospetti eccome!
Vorrei essere un insetto o un uccello per poter assistere indisturbata all’ennesimo siparietto.
Mi spiace soltanto che la vita di Maya sia, allo stato attuale, una autentica tragedia: prima la madre, poi Satomi ed ora l’impossibilità di salire sul palco.
Tutto è andato.
Fatti forza, Maya, sei ancora così giovane!
Hai tutta una vita davanti. Una esistenza da spendere alla luce dell’arte e dell’amore!
E’ l’augurio che faccio anche a me medesima, mentre faccio partire una mail di risposta per il signor Kappa:

“Gentile signore, la ringrazio del pensiero. Ho poco tempo per curarmi della mia salute, anche perché la situazione della signorina Kitajima ha rivoluzionato la mia esistenza lavorativa. Non sono più la sua manager – questo lo saprà – e sono tornata da poco al mio ruolo di segretaria personale del signor Masumi. I miei impegni sono vistosamente aumentati e pare che passerò ad un livello superiore in breve tempo.”

Digito il tasto “invio” e mi pento della mia freddezza.
Ma va bene così.
E’ inutile stare a fantasticare su un uomo sconosciuto, uno che svolge un mestiere di quel genere perché ufficialmente morto!
Un’ombra è un’ombra.
Non può rivestire alcuna importanza nella vita di una persona reale.
Ha voce e braccia virtuali per sostenere nel segreto.
Nulla gli è concesso perché non esiste.
Mi chiedo come possa contentarsi e glielo scrivo:

“Gentile signor Kappa, so che le parrà indiscreto, ma sono rosa dalla curiosità e non posso impedirmi di mandarle questo ennesimo messaggio. Tenga conto, leggendolo, del fatto che chi le scrive non rappresenta nulla per lei e non potrebbe ferirla in alcun modo.
Come fa a gestire la sua vita privata? Non desidera una vita di relazione normale?”

Ma che cosa ho fatto? Mi chiedo un secondo dopo aver fatto partire la e-mail.

Risposta:
“Parimenti, signorina, potrei chiederle se desidera le stesse cose anche lei…”

E’ ironico o sbaglio?
Mi lascia nel dubbio, oltre che in gran confusione.
Resto davanti al PC acceso per svariati minuti, ma non vado oltre. Perseverare non mi sembra il caso.
Ma che diamine mi è preso?
Mettermi a flirtare con uno sconosciuto! Non so neppure che aspetto abbia, se sia giovane o di mezza età, se brutto o piacente.
Quel che “parla” per lui è la gentilezza composta e mai eccessiva.
Che mi piace da morire.
Inizia un tira e molla immotivato che si protrae per alcuni giorni.
Una mattina, mentre sistemo una ciocca della frangetta impertinente, arriva, trafelata, la mia assistente personale.
Ha in mano un bel bouquet: fiori piccoli, di colore giallo e rosso, spiccano fra il verde deciso delle grandi foglie seghettate.
Nel mentre, il giovane Hayami fa il suo puntuale ingresso in ufficio, trovandosi nel bel mezzo della scena.
“Mitzuki, sono per te.” mi dice la stagista.
Il signor Masumi si avvicina alla mia scrivania:
“Interessante…” mormora sarcastico, come stesse vendicandosi di me.
Il suo volto è chiaro, sereno, segno che ha ritrovato Maya e, quasi certamente, messa sotto chiave in un posto sicuro.
L’ assistente interrompe il flusso dei miei pensieri:
“C’è un biglietto…leggilo!”
Mi schiarisco la voce: non può essere un pensiero di Coichiro, per quanto lo sappia capace di tutto. La nostra storia è finita e le lacrime versate da entrambi non presupponevano alcun “arrivederci”.
Il foglio è bianco.
C’è solo il disegno di un fiore, lo stesso del bouquet.
“Ehi…” nota la stagista “è un acquerello fatto a mano…il tuo ammiratore è talentuoso!”
“Molto interessante.” ribadisce Masumi divertito.
Lo guardo con sconcerto, mentre un rossore violento mi sale alle guance.
Torno a casa spossata.
La mia giornata alla Daito è stata intensa. Il signor Masumi mi ha mandata in sua vece ad incontrare i fornitori di Shibuya e poi il direttore del Teatro Nittei, uno scorbutico settantenne, che ha in cartellone il dramma Le Due Regine.
Il fatto sarebbe irrilevante, se non fosse che Hayami sta orchestrando il coinvolgimento di Maya Kitajima.
Dopo aver messo in acqua i fiori e fatto una doccia ristoratrice, mi piazzo di nuovo davanti al computer:
“Tagete…” leggo “…pianta comune, ma non spontanea, che cresce anche in condizioni di estremo disagio. Non necessita di molta acqua e sopravvive sia alle alte che alle basse temperature. Di solito si interra in luglio, ma fiorisce per tutto l’anno. E’ possibile ricavare fino a trenta semi da un unico fiore essiccato.”
E’ un fiore piccolo, ma molto evidente ed i suoi colori sono incantevoli, forti come quelli di un tramonto appassionato.
Se davvero Coichiro decidesse di farsi risentire, non so come, alla luce di questo, reagirei.
Mi sento sola e la mia unica “compagnia” sono le e-mail del signor Kappa, sulle quali farei bene a non soffermarmi troppo, anche perché vertono su argomenti di lavoro.
Mentre chiudo la pagina di Google, arriva un messaggio inatteso sulla mia casella personale di posta.

“Spero che il bouquet sia di suo gradimento. Quei fiori sono un po’ come me. Ho soddisfatto la sua curiosità?”

No che non l’hai fatto, figlio d’un cane!
Non so come ti chiami, quanti anni hai, se sei gay o cosa…

“Gentile signore, il suo gesto ha suscitato un autentico vespaio. In ufficio, tutti commentavano in merito ad un presunto ritorno di fiamma da parte del mio ex fidanzato. Ed anche il signor Masumi ha trovato divertente l’episodio.”

Risposta:
“Sono lieto che anch’egli ne abbia riso.”

“Mio caro signor Kappa, non avrà inviato i fiori solo per distrarre il signor Hayami? Sembra che tutti, me compresa, si prodighino affinché il prezioso Presidente sia il più felice possibile…”

Risposta:
“Se lo merita, ma non ho inviato i fiori per questo. L’ho fatto perché volevo indurla a pensarmi intensamente.”

“Non riesco a pensare ad un uomo che, di professione, fa l’ombra.”

Risposta:
“Allora, provi a fantasticarci su…”

Mi sta corteggiando.
Se non è così, sto dando di matto, perché è proprio questa l’impressione che mi comunica.

"Che cosa le piace fare, oltre che disegnare?"

Risposta:
“Vediamo…immaginare una certa persona mentre fa la doccia?”

“Com’è questa donna?”

Risposta:
“Lunghi capelli neri ed occhi azzurri. Molto alta.”

“Scommetto che lei è inguardabile.” digito - perfida! - mentre il cuore va a mille.

Risposta:
“Sono passabile, ma forse non abbastanza per una donna bellissima quale è lei.”

“Ha avuto occasione di vedermi, allora?” chiedo.

Risposta:
“Abbastanza per restare senza fiato. Dal primo momento in cui sono entrato in ufficio.”

“Quanto tempo fa?”

Risposta:
“Troppo per non desiderare di contemplarla ancora una volta.”

Prima che io possa replicare, giunge un altro messaggio, dal tono meno scherzoso:
“Mi perdoni, non so cosa mi sia preso. E, di certo, nelle condizioni in cui vivo, non posso permettermi di fare la corte ad una donna, per quanto mi piaccia e molto anche.”

Sento il cuore fermarsi.
Il gioco è finito, dunque.
L’eccitazione che mi pervadeva mentre, in questi giorni, gli scrivevo è cessata di colpo, scemando sotto i colpi della realtà ingrata.
Ma non voglio che questa sia l’ultima parola.

“Gentile signore,” digito ansiosamente “sono stata un’ombra anche io, in un certo senso. Non conosco la sua storia, ma chi le scrive è una donna che, con fatica, è emersa dall’anonimato sociale. Ho studiato sodo per supplire alla mancanza di protezione, ma la mia situazione familiare è sotto gli occhi di tutti. Lei è un investigatore, non le ci vorrebbe molto per scoprire chi è mia madre e, magari, arrivare all’identità del cliente che l’ha messa incinta, ventisei anni fa.”

Stavolta Kappa non risponde.
Spengo il computer all’una di notte, insoddisfatta come non mi sentivo da tempo.
Il mattino dopo, l’ufficio - rientrato il clamore del giorno avanti - è un autentico mortorio.
Ad una riunione degli azionisti della Daito, io e il signor Masumi ci intratteniamo su argomenti di ordinaria amministrazione.
“Complimenti per l’esclusiva dei Blue Prince.” dico applaudendo.
I collaboratori, attorno a noi, si uniscono all’applauso.
Coichiro Gin in Inghilterra è stato davvero un buon investimento.
“Devo ringraziare anche lei se questo è stato possibile.” mi dice come se stesse leggendomi nel pensiero.
Sorrido a labbra strette, mentre il signor Himekawa, invitato in qualità di regista dell’ultimo video dei Blue Prince, distrae provvidenzialmente il giovane Hayami.
“Masumi,” dice “adesso, non ti resta che sposarti. Hai fatto grande la Daito, cerca di dedicarti un po’ a te stesso!”
Il Presidente si lascia andare ad una sonora risata e, tanto per cambiare, tira in ballo La dèa scarlatta.
Pare che la signora Tsukikage, ancora in stato di salute incerto, abbia rinunciato a cercare degli sponsor.
Il motivo è comprensibile: una delle due candidate al ruolo di Akoya - Maya appunto - deve ancora diplomarsi e sta, con fatica, cercando di lasciarsi alle spalle un periodo negativo.
Noto che il signor Masumi è soddisfatto dell’andamento delle cose.
Shigeru Satomi è scomparso dalla circolazione ed anche il terribile pensiero che la giovane attrice possa rivolgere le proprie attenzioni ad altri uomini.
“Porterò io il capolavoro scomparso sulle scene.” mormora sorseggiando lo champagne “E, al momento, non c’è fretta.”
“E’ incredibilmente calmo.” commento sorpresa “Non la tedia dover aspettare ancora?”
Masumi finge di non cogliere la mia ironia:
“Se stessi qui a preoccuparmi del fatto che le due candidate non hanno l’età per un dramma d’amore, il tempo non scorrerebbe più veloce.”
“Certo.” ribatto “Sarebbe inutile, se considerassimo una delle due candidate semplicemente come una attrice.”
“Che cosa intende?” mi domanda.
“Lei è disposto ad aspettare che l’interprete sia matura,” rispondo sarcastica “ma riuscirà a tenere a bada i suoi impeti, nel frattempo?”
Il signor Masumi stringe il calice con forza, mentre socchiude gli occhi.
Per un attimo, ho il timore che voglia mandarlo in frantumi:
“La dèa scarlatta è mia…” mormora col tono perentorio “…ed anche la sua interprete.”
Il filo rosso che lega Maya a Chigusa Tsukikage e ad Ayumi, ha finito per imprigionare anche lei, signor Masumi.
Non se ne libererà più, ne sono certa.
Torno alla mia scrivania con passo incerto.
Sono indecisa se controllare la posta elettronica.
“Signorina Saeko,” chiama la mia assistente “mentre era via è arrivato un collaboratore del signor Hayami. L’ho fatto accomodare nel salottino. Potrebbe occuparsene lei, per favore?”
“Certo.” affermo spiazzata “Ma perché tanta deferenza?”
“E’ alle dirette dipendenze del signor Masumi, uno dei suoi supercollaboratori più fidati! Si chiama Hijiri.” mi risponde.
Faccio una piccola smorfia di disappunto, mentre, velocemente, mi dirigo verso la saletta riservata agli ospiti illustri.
“Spero almeno” dico spazientita “che tu gli abbia servito il caffè.”
La stagista nega col capo.
Che disastro.
Come pretende un simile impiastro di essere assunta in via definitiva?
Preparo il mio caffè speciale e vado nel salotto.
L’uomo, seduto comodamente, si alza per salutare.
E’ giovane.
Ad occhio e croce, ha l’età di Coichiro.
Ne studio la figura, mentre mi presento formalmente.
“Mi chiamo Saeko Mitzuki, sono la segretaria personale del Presidente.”
E’ più alto di me – che non è poco! – magrissimo, con un portamento notevole.
Porta occhiali con vetri oscurati, ma si capisce che non è miope.
Ha lo stesso taglio di capelli di Brad Pitt in “Sette Anni in Tibet” e, se non fosse castano, direi che è molto somigliante all’attore americano.
“Sono Hijiri,” risponde col tono distaccato “mi occupo di teatro.”
Mentre gli verso il caffè, l’uomo studia con attenzione dei dossier.
“Se non ha bisogno di altro,” dico “tornerei al lavoro.”
Mi osserva come fosse stranito, mentre mi ringrazia del caffè.
Che tipo singolare.
Mentre mi collego ad internet per controllare la posta, vedo il signor Masumi rientrare in ufficio. Tiro un sospiro di sollievo al pensiero che “il pezzo da novanta” non patisca più di tanto l’attesa solitaria del grande capo.
“L’ha visto, signorina Saeko?” mi domanda la giovane assistente “Sembra che tutto quel che circonda il giovane Hayami sia bello quanto lui.”
“Ed è freddo, anche.” penso fra me e me, mentre, con tristezza, constato che nessuna mail è giunta al mio indirizzo.
Decido di prendere l’iniziativa:
“Egregio signor Kappa, mi spiace per lo scambio involontario di confidenze di ieri. Non desideravo metterla in imbarazzo e, del resto, ho agito d’impulso in conseguenza del suo gesto affettuoso nei miei riguardi. La pregherei di tornare a scrivere come nulla fosse accaduto, nell’interesse del signor Hayami, ovviamente. Con stima, Mitzuki.”

Do l’invio alla mail lasciandomi sfuggire un sospiro.
Fuori, la neve ha iniziato a cadere silenziosa.
Per tutto il pomeriggio, aspetto invano una risposta dal signor Kappa.
Masumi è rimasto barricato in salotto con quell’Hijiri per diverso tempo. Ha citofonato solo per chiedere del caffè supplementare e dei dolcetti.
Quando sono entrata, con in mano il vassoio d’argento e il bricco fumante, il suo collaboratore, da vero gentiluomo, si è alzato in piedi.
“Grazie, stia comodo.” ho mormorato versando la bevanda nelle tazzine.
Nonostante la mia presenza, Masumi ha ripreso a parlare in assoluta libertà.
“Perché sei così certo che la ragazza non chiederà spiegazioni?”domanda con una nota di ansia nella voce.
“E’ ingenua,” risponde Hijiri “ma non sciocca. Ha capito perfettamente di non avere a che fare con un fan sempliciotto.”
“Ovvio, la sua scuola beneficia del mio denaro abbondantemente.” fa eco il signor Masumi.
“Ma di questo” ribatte il collaboratore “la signorina non è a conoscenza. Anche se è ovvio, visto il suo aiuto costante, che pensi a lei come ad un uomo molto facoltoso.”
Il rumore della tazzina che stavo poggiando sul tavolino scuote i due uomini.
Guardo di sottecchi in direzione di Hijiri, ma non ho cuore di incrociare i suoi occhi chiari.
“Signorina Mitzuki,” dice Hayami “tutto bene?”
Annuisco, mentre, con passo frettoloso, mi congedo.
Stavano parlando di Maya!
Dov’è finito il signor Kappa?
Questo Hijiri, che, da quanto ho capito, si sarebbe presentato a Maya per far da tramite col donatore di rose, ha preso il posto del dipendente ombra della Daito!
Confesso che, per un attimo, ho pensato assurdamente potesse essere egli stesso il signor Kappa.
Ma non è possibile.
Kappa diceva che un uomo morto è solo un’ombra, non può uscire allo scoperto per non destare sospetti.
Perché è stato sollevato dal suo incarico?
Se ne è forse andato per causa mia?
Batto nervosamente il tallone sul pavimento, mentre il tempo passa inclemente.
Decido di sapere la verità e, priva di vergogna, torno a bussare alla porta del signor Hayami.
“Ho bisogno di parlarle.” mormoro senza neanche guardare il signor Hijiri, che, in segno di rispetto, si è alzato nuovamente in piedi.
Masumi mi fa strada verso il piccolo bar, in fondo alla grande stanza, dove non saremo ascoltati.
“Vorrei sapere” dico andando subito al sodo “che ne è stato di Kappa.”
Il Presidente mi osserva spiazzato.
“Non ha forse svolto il suo compito come avrebbe dovuto?” chiedo ansiosa “Come mai è il signor Hijiri ad aver preso il suo posto?”
Il giovane Hayami si mette le mani in tasca sospirando.
“C’è un equivoco.” prova a dire.
Lo interrompo, alzando la voce:
“Un’ombra è un’ombra, giusto? Se ne può liberare quando vuole, è così?”
Karato Hijiri si gira verso di noi.
“Direi” si giustifica Masumi abbassando la voce “che continua ad occuparsi di Maya con grande professionalità.”
“E a cosa le serve quel pupazzo travestito da Brad Pitt?” chiedo.
“Vediamo…” risponde ironico “forse, visto il mio <pervertito interesse> per la signorina Kitajima, Hijiri mi serve per far da ombra all’ombra!”
Provo l’impulso di prenderlo a sberle, ma ovviamente mi trattengo.
“Kappa è un uomo onesto e fedele alla Daito. Devoto a lei.” mi limito a dirgli scossa “Non può dubitare di lui!”
Vado verso la porta sentendo le lacrime salirmi agli occhi.
Al mio passaggio, il superdipendente si rialza in piedi ossequioso.
“E la smetta di fare su e giù come una marionetta!” sbraito uscendo.
Vergogna, Mitzuki!
Dopo una simile scena, Masumi Hayami ti licenzierà in tronco.
“Voglio vederla…” digito velocemente sulla tastiera “…anche solo per un minuto. L’aspetto all’indirizzo in calce questa sera, dopo l’ufficio. E’ quello di casa mia, dove saremo al sicuro da occhi indiscreti.”
Giungo le mani come fossi in preghiera e, nel mentre, Karato Hijiri esce dall’ufficio del Presidente. Quando si chiude la porta alle spalle, ha in mano il palmare.
Lo vedo farsi pallido, ma è solo un istante, ché, incrociando il mio sguardo, sorride teneramente.
Chissà perché quella faccia da ebete, adesso.
Mi infastidisce come non mai.
Dopo qualche minuto, arriva la risposta di Kappa sulla mia casella di posta e, per la prima volta, mi da del tu:

“Dolcissima Mitzuki,
sono lieto del fatto che, con sollecitudine, ti preoccupi di me. Prontamente, mi è stato riferito del tuo intervento di oggi in mio favore.
Te ne ringrazio, ma il signor Hayami non ha commesso alcun torto nei miei riguardi ed io continuo ad occuparmi della giovane attrice come mi è stato domandato. Quanto al nostro incontro, visto che ci siamo chiariti, ritengo sia prematuro, per non dire inutile e, addirittura, doloroso. Per ora, forse per sempre, mi tengo stretti quegli abbracci e quei baci che non avrò mai da lei. Perché, se dopo un eventuale incontro, dovessi perdere la speranza di poterli, un giorno, ricevere, penso ne soffrirei enormemente. E il tuo pensiero, l’immaginarti in qualche modo legata a me è una delle poche cose che, negli ultimi tempi, stanno vivificando la mia esistenza. K.”

Continua…
 
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Emer Kenobi
view post Posted on 16/6/2010, 23:06




Ahh troppo bello! Mizuki si sta innamorando virtualmente del signor kappa, senza sapere che lui e Hijri sono la stessa persona... e i fiori?

ahah bellissimo! in qualche modo anche lei ha una vicenda un po' simile a quella di Maya... anche se questa ricorda un po' C'e posta per te^^
 
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view post Posted on 16/6/2010, 23:10
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Concordo con Emer .....questa mizuki è fantastica.....mi sa proprio che si sta innamorando del nostro hijiri.........speriamo bene per entrambi anche loro hanno diritto ad amarsi......poi masumi visto con gli occhi di mizuki cè l'ho fa amare di più.....però attendo con ansia di leggere quello di maya....
 
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203 replies since 20/4/2010, 16:11   15490 views
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