Oggi comincio un altro punto di vista. Non quello di Maya, che partirà - nuovo di zecca - ma quello di....non ve lo dico...scopritelo da sole!
Un abbraccio a Leyla, che mi onora e a tutte le mie lettrici: Flo, Emer, Angelo...tutte insomma!
A Scarlet Rose
- Behind Every Woman There’s a Scarlet Rose -
di Laura Heller
Prologo.
Molti potrebbero pensare, visto che frequento con profitto la Facoltà di Economia di Tokyo, che io sia una ragazza di buona famiglia e con solide prospettive per il futuro.
In effetti, solo il Preside della Facoltà e il mio tutor sono a conoscenza del fatto che mia madre, di professione, ha fatto il mestiere più vecchio del mondo ed ora, smessa l’arte, conduce un’esistenza dorata nella casa di un uomo altolocato, dove suo compito specifico è far da soprammobile.
Ho ventidue anni e il mio nome significa “Bella Luna”.
La mamma, che si chiama come me, ne ha solo diciassette di più.
Sono il frutto dell’inesperienza e, forse, dell’amore, ché quelle poche volte in cui le ho domandato chi fosse mio padre, ella mi ha risposto con occhi grandi, profondi, inequivocabilmente innamorati.
Non sono mai stata una sentimentale e, quindi, non ho mai sognato che il mio possibile genitore potesse essere il figlio più giovane e bello di un magnate invaghitosi di una geisha altrettanto giovane ed inesperta.
E poiché, nel profondo del mio cuore, ho sempre disprezzato il mestiere di chi vende il corpo con la scusa di tirare a campare, la “fantasia” si è adoperata a che costruissi l’altrettanto classica figura del vecchio bavoso e adultero, in odore di yakuza, che gode nell’approfittare delle ragazzine.
Ho “deciso” che quello è mio padre.
Del resto, uno che va a puttane può essere solo un uomo di malaffare.
Eppure, come in ogni gioco delle parti, ferma restando la mia indole “precisina” e manichea, ho sempre trovato piacere nell’osservare gli umani comportamenti, così come nell’ immaginare moti interiori e vite segrete.
Ultimamente, con l’approssimarsi dell’esame di laurea, sono stata scelta fra cinquecento candidate per uno stage alla Daito Art Production, una famosa casa di produzione che si occupa di spettacolo.
La cosa più bella è che, se corrisponderò alle aspettative del nuovo Presidente, verrò assunta in via definitiva.
Il mio imperativo, adesso, è diventargli indispensabile.
Una posizione come quella mi consentirà di cambiare vita per sempre e, previo consenso, di riscattare quella di mia madre.
Il mio compito è piuttosto semplice e, se non fosse per la paga eccellente, potrebbe anche definirsi “frustrante”: svolgo della semplice contabilità (per quella seria ci sono i ragionieri), faccio partire le telefonate, nascondo nell’armadio le amanti dei dirigenti, verso il caffè nel bricco del capo.
A cosa gli serva un laureato non so.
Saranno le manie di grandezza degli imprenditori di successo, che amano circondarsi solo di merce di valore.
Il Presidente della Daito è un uomo anziano sui settant’anni, che, di recente, ha abdicato in favore del figlio a causa di una malattia degenerativa.
Il “delfino” si chiama Masumi ed ha ventiquattro anni appena.
E’ stato adottato dal vecchio Hayami quando era bambino, ma, a dispetto del particolare genetico, sembrano davvero padre e figlio.
Calcolatori, cinici, spietati, malevoli nei confronti del prossimo.
In nome del dio denaro farebbero carte false.
In compenso, è un uomo di aspetto appariscente.
E’ persino più alto dei miei vistosi – e per nulla nipponici – centottanta centimetri.
E’ biondo, con grandi occhi azzurri che si ostina, quando non inforca gli occhiali, a ridurre a fessure come se soffrisse di fotofobia.
Non ride mai, sebbene sia naturalmente dotato di una bellissima bocca, che apre solo per salutare e dare ordini.
La voce è roca, ma forse la colpa di quell’inclinazione sensuale è del fumo.
Comunque, a dispetto della freddezza che lo contraddistingue, non è mai tronfio o irrispettoso perché sopra di lui c’è solo suo padre e sotto di lui solo noi, poveri dipendenti.
Beve mediamente otto caffè nell’arco di una mattina lavorativa.
Incommensurabile è il numero di cicche di sigarette impietosamente lasciato sul posacenere di cristallo boemo: pare un cimitero di guerra e, un giorno, ne sono certa, ci troverò dentro anche un polmone carbonizzato.
Ho preso a cuore il suo stato di salute, anche perché non c’è segretaria senza vicepresidente e, pertanto, dopo il terzo caffè del mattino, ho preso a servirgli una “variante”.
Non si accorge neppure della differenza, preso com’è dagli affari.
Mi sono accorta che qualcosa stava cambiando quando mi ha domandato se uso una spezia particolare per esaltare il gusto del caffè.
Credo di aver sgranato gli occhi e che la cosa si sia vista in tutta chiarezza, a dispetto delle spesse lenti che indosso.
No che non uso una spezia.
E, se gli dico che ho preso a servirgli bevande più leggere, abitudinario qual è, rischio il posto.
Le soluzioni sono due: mentire o buttarla sull’ironico.
Decido di dirglielo, sfidando l’indole del “divino” e, per la prima volta da quando sono alla Daito, l’ho visto inarcare le labbra e non per una smorfia di insofferenza.
“Acuta osservazione” ha detto “ma non si prenda troppe libertà”
Il mio laconico commento:
“Ovviamente, signore”
Era un sorriso, quello?
Ritengo di aver gettato le basi per un rapporto meno freddo e formale, anche se so che non saremo mai amici.
Io stessa non vorrei: sono, per natura, contraria a complicazioni personali nell’ambiente lavorativo.
Quest’uomo si è rivelato diverso da come lo immaginavo all' inizio.
Stando a stretto contatto con lui, mi sono accorta di quanto sia di indole opposta rispetto ad Eysuke Hayami.
E’ privo di scrupoli in tutto quel che concerne gli affari, fuor di dubbio, ma ha anche un che di tormentato.
Assomiglia alla statua di Prometeo incatenato, ma anche a certi capolavori del Michelangelo poco noti a chi non è esperto d’arte: si chiamano “prigioni” e rappresentano corpi celati all’interno di blocchi di marmo grezzo.
Questo è Masumi Hayami: la sua anima mi appare ben più grande ed ampia di quello splendido involucro che la racchiude.
Sembra si estenda al di fuori di se stessa come fosse in ricerca.
La mia sensibilità mi dice anche che il suo peregrinare ha avuto fine, ma non quella che egli avrebbe sperato. E, allora, quando casualmente lo scorgo mentre fissa il vuoto attraverso la grande vetrata, comprendo che si tratta di una donna.
E non deve essere una persona comune.
Sarà una intoccabile oppure una derelitta.
Qualcuno cui persino il divino Hayami non può arrivare.
Sono rosa dalla curiosità, pensando a “come potrebbe essere”.
Certamente bellissima e colta, soprattutto.
Quando Masumi parla – persino mentre impartisce degli ordini – si esprime con un vocabolario stupefacente, degno di uno studioso di lingua giapponese. Ha una dizione perfetta e non c’è citazione dotta che non trovi effettivo riscontro.
Come sarà, dunque, questa donna?
Una letterata, forse una scrittrice di sceneggiature o, magari, una interprete sensibile e romantica.
Vorrei tanto conoscerla e, magari, aiutarlo.
Poco fa è entrato in ufficio con un diavolo per capello.
Che l’abbia vista?
“Mitzuki” dice chiamandomi sulla linea interna “mi faccia il favore di portarmi una camicia pulita”
Annuisco.
“Sta bene?” chiedo entrando dopo qualche minuto nel suo ufficio, ironicamente denominato il santuario.
“Grazie del suo interessamento” risponde col tono freddo mentre si spoglia davanti a me “mi serve solo uno dei suoi caffè speciali”
E’ magrissimo, sebbene i suoi muscoli siano notevoli, penso raccogliendo l’indumento sporco di sangue.
Il colore del suo torace è talmente bianco da sembrare diafano. Non si vede l’ombra di un pelo, ma ipotizzo che un tipo del genere, per quanto impeccabile, non perda tempo dall’estetista.
Mi prende per un polso delicatamente.
“Lasci, mi occupo io stesso di portarla in lavanderia”
Lo guardo perplessa ed egli se ne avvede.
“Lei è una segretaria, non una cameriera” si giustifica.
“Le sono grata per l’attestato di stima” dico riconoscente “non vuole neppure del disinfettante?”
Ci pensa su, mentre un sorriso radioso affiora sulle sue labbra: credo stia ricordando qualcosa di molto piacevole.
“Ha forse un rimedio contro la malinconia?” mi chiede all’improvviso.
Piego la camicia macchiata senza rispondere.
“Rosso scarlatto” dico piano, come se parlassi tra me e me “non è il suo sangue, vero?”
Scommetto che è quello di una donna.
Il sangue di “quella” donna
Masumi Hayami ride divertito.
“Allora” afferma “non è solo una efficiente segretaria. Dica la verità, si è divertita ad osservarmi”
Arrossisco.
Ovvio che ti ho guardato, deficiente, ti sei spogliato davanti a me senza pudore alcuno!
“Unicamente” puntualizzo “perché mi curo della sua salute”
Continua a prendermi in giro imperterrito.
“La mia salute è di ferro” dice sornione “per fortuna i cani da guardia del custode della Ondine sono vaccinati contro la rabbia”
“E’ stato aggredito dai pit bull?” domando scioccata.
Non mi risponde.
Prende il pacchetto di sigarette e, con la camicia ancora aperta, si avvia verso la vetrata, improvvisamente pensieroso.
Decido di non insistere e, mentre depongo l’indumento sporco di sangue sulla poltrona, Masumi mi chiede:
“Non trova, signorina Mitzuki, che quella macchia abbia la forma di una rosa?”
Lo guardo negli occhi per capire se parla sul serio.
E’ serio.
Lo è anche quando dice che gli piacerebbe andare al party della Daito con quella addosso.
Sta parlando un uomo che, se non è innamorato, è vicino per diventarlo.
“Potrebbe sempre portarla” propongo ambiguamente.
Stavolta è Masumi a fissarmi.
“Mi riferisco alla camicia, non alla persona che l’ha macchiata” rispondo.
Vedo affiorare dai suoi limpidi occhi azzurri qualcosa che somiglia ad un rimprovero.
Masumi’s Liking.
La mia stanza al pensionato degli universitari è spoglia come quella di qualunque altra ragazza coi piedi ben piantati per terra che non vive relazioni compromettenti.
L’unico vezzo è costituito da un vecchio poster dei Beatles – che ho acquistato durante il mio primo viaggio a Londra – e da una foto del primo anno di Liceo assieme a “lui”.
Mi accendo una sigaretta, mentre, con l’altra mano, apro la finestra che dà sul cortile.
E’ sera inoltrata.
Le stelle splendono opache, nel cielo di Tokyo.
Anche oggi ho fatto tardi a causa di Masumi Hayami e, stavolta, la colpa è delle sue strampalate divagazioni romantiche.
E’ stato divertente constatare che non si è per nulla dimenticato del “prezioso” indumento, che ha infilato alla meno peggio dentro la cartella portadocumenti: un lembo di manica azzurra è rimasto impietosamente incastrato alla cerniera.
Mi chiedo cosa ne farà.
La metterà in cornice o, forse, la indosserà per andarsene a letto pensando alla sua donna impossibile.
Ultimamente, il signor Masumi ha moltiplicato le uscite.
La settimana scorsa, ad esempio, oltre agli impegni ufficiali con la Daito, si è dedicato con solerzia anche a quel che rappresenta il suo secondo interesse dopo la società: distruggere una compagnia teatrale ostile alla Ondine, gestita da una notissima attrice caduta in disgrazia.
Chigusa Tsukikage, a causa delle precarie condizioni di salute, dimostra più delle sue cinquantasei primavere e molti dei suoi affanni è stato proprio il vecchio presidente Hayami a procurarglieli.
Da quanto letto sui dossier del caso, Eysuke avrebbe prima distrutto e poi rilevato il teatro Gekko, fondato da un uomo di nome Oozachi, di cui l’attrice è stata la compagna per un breve periodo.
E qui è l’inghippo: questo stesso uomo – morto suicida - ha scritto un dramma teatrale che ha spopolato nel trentennio successivo alla fine della guerra.
La dèa scarlatta è diventato il simbolo di un’epoca, oltre che la fonte di enormi guadagni.
Il vecchio Hayami ha sempre sognato di mettere le mani sui diritti di rappresentazione di quell’opera, ma non vi è riuscito neppure con l’aiuto della yakuza.
Non ho compreso a fondo il motivo di tanto interesse fino a che non ho visto un vecchio 8 mm del 1975, quello che contiene la scena del drammatico incidente della Tsukikage.
La sceneggiatura è complessa, i personaggi esaltanti.
Vivono in bilico tra la dimensione umana e il mito e questa loro fragilità esalta la tensione emotiva.
La signora in nero è stata una interprete eccezionale ed ora - a giudicare da come si sono moltiplicate le preoccupazioni del signor Masumi - avrebbe trovato una erede.
Pensavo, all’inizio, ad una persona di forte impatto visivo quale è lei.
E, invece, con mio grande sconcerto, ho constatato che così non è.
Ho incontrato la “futura dèa” alla prima del Re Lear: contemplava in lacrime la locandina piazzata all’ingresso del nuovo teatro della Daito con addosso un vestito assurdo e una sciarpetta da bambina delle elementari.
In effetti, non deve avere più di tredici anni.
Il signor Masumi, forse mosso a pietà, mi ha domandato di farle avere un biglietto e una rosa scarlatta.
Diavolo di un uomo!
Si prende gioco persino di una adolescente plagiata da una vecchia attrice pazzoide!
Certo, la rosa scarlatta, ovvio riferimento alla dèa cui aspira, poteva pure risparmiarsela.
Però…
I miei pensieri sono interrotti dal trillo del telefono.
“Ciao”
Riconosco immediatamente la voce.
“Ciao” rispondo chiudendo la finestra, come se temessi di veder volare via quelle parole al primo soffio di vento.
“Come andiamo?”
Mi siedo sul letto a gambe incrociate.
“Sono molto stanca ed è tutta colpa del capo!”
Ride sommessamente:
“Già. Questa settimana mi ha spedito a New York due volte. Non è proprio dietro l’angolo!”
Taccio, pensando a Masumi e alla sua meticolosità nel condurre gli affari.
“E cos’hai ottenuto?” chiedo.
“Quel che voleva!” racconta con finta aria spossata “ho braccato il presidente Aoyagi fino al suo hotel. Era con la sua giovane amante…”
Sorrido a labbra strette.
“Così” continua “addio finanziamenti…”
Penso alla signora Tsukikage.
Se pensava di trarre sollievo dall’avvicendamento di poltrone alla guida della Daito si sbagliava. Masumi Hayami è uguale a suo padre e sta mostrando di non voler mollare di un millimetro.
“Dove sei adesso?” chiedo giocherellando col cavo telefonico.
“Nella cabina davanti al campus” mi risponde scioccandomi.
“Potevi dirmelo subito” mormoro.
“Aspettavo che me lo domandassi” dice lui con tono incerto.
Sale nella mia camera ed io, prima ancora che lui abbia chiuso l’uscio, gli salto al collo baciandolo sulle labbra.
Facciamo l’amore con ansia, quasi di fretta, come se ci trovassimo ancora dentro gli spogliatoi della scuola.
Vivo per questi momenti, anche se, dentro di me, ho cominciato a nutrire l’illusione che la nostra divenga una relazione vera e propria, presto o tardi.
In fondo, Daito a parte, siamo tutti e due liberi da impegni sentimentali.
“Sei una donna incredibile” afferma ad un tratto, come se mi leggesse dentro “libera di pensiero e terribilmente sexy. Io ti ho sempre amata e così sarà per sempre”
Osservo il suo petto abbronzato che si solleva ritmicamente: stiamo insieme da sette anni ed è stato il primo amore per entrambi.
“Sai” mi dice stringendomi a sé “credo che il capo sappia di noi”
Mi divincolo un po’ sorpresa:
“Cosa te lo fa pensare?”
“Ha chiesto a un altro collaboratore di occuparsi di un affare molto delicato!”
Lo fisso sempre più inquieta:
“Siete amici da quando eravate bambini” obietto “come è possibile che abbia dato un incarico di tal fatta ad un altro?”
Sorride sensualmente, mentre mi accarezza le spalle nude.
“E’ colpa tua” spiega “sei un’impicciona!”
Mi basta guardarlo bene negli occhi per capire che sta scherzando, anche se non del tutto.
Si tratta di una donna, di quella donna!
“Ah” sbotto stupefatta “finalmente viene allo scoperto”
L’uomo ammicca.
“Siamo andati a bere, l’altra sera” racconta “e mi ha detto che stai diventando insistente, che hai una visione troppo sentimentale di lui”
Mi caccio le coperte in testa e, nel mentre, ripenso alle “confidenze” che, negli ultimi tempi, si è preso da solo.
Non io, ma Masumi stesso ha sentito l’esigenza di parlare con qualcuno dei suoi “problemi”.
E, anche se non di confidenze vere e proprie si è trattato, ho visto davvero il suo volto perennemente cupo aprirsi verso di me.
“Mitzuki” dice l’ uomo “va bene così. Ho già troppi grattacapi con la parte commerciale de La dèa scarlatta per occuparmi anche degli amori di Masumi”
Comincio a sentir caldo, ma non riemergo.
“Dimmi solo chi è lei” chiedo “puoi fidarti. Ci tengo a conservare il mio lavoro”
Mi toglie delicatamente le coperte dal viso.
“Si chiama Maya Kitajima ed ha affidato l’incarico di seguirla ad un uomo morto”
“Capisco” sospiro “non si smentisce. Il suo cuore deve restare ben nascosto e così si affida a qualcuno che non potrà mai nuocergli”
Dovevo immaginarlo, penso accendendomi una sigaretta, la futura dèa è anche la ragazza che lo fa sospirare!
“Non essere così dura, Mitzuki” mi rimprovera “sai bene che si fida di me. E, in questo caso, il problema sei stata tu a causarlo”
Ha cercato di buttarla sul ridere, come suo solito, per non farmi preoccupare.
Cerco le sue labbra ed egli mi sorride malinconico:
“Devo andare. Ho appuntamento con Masumi a mezzanotte al nostro chiosco preferito”
“E scommetto” lo interrompo “che nel frattempo vi godrete lo spettacolo delle passeggiatrici”
Fingo di cercare il pacchetto di sigarette per non guardarlo negli occhi, ma lui ferma la mia mano con delicatezza.
“Sì” confessa “guarderemo qualche sedere, ma temo che i nostri cuori saranno altrove. Almeno, io saprò dov’è il mio”
Il mattino seguente arrivo in ufficio con dieci minuti di ritardo e mi sento una furia.
Non sono riuscita a stirare a dovere la camicetta né a sistemare la frangia.
Ho un solo obiettivo.
Cerco nell’archivio informatico privato di Masumi notizie sulla compagnia Tsukikage.
“Maya Kitajima è la candidata prescelta per La dèa scarlatta e, al momento, a parte Utako Himekawa, nessun altro è in lizza” leggo a labbra strette contemplando la foto sullo schermo.
Sento un vago senso di nausea.
Mi chiedo come una semplice ragazzina possa interessare il capo “al di là” del fatto che, un domani, potrebbe vestire i panni di Akoya.
Non può essere amore sensuale!
Masumi Hayami non è un pervertito, me ne sarei accorta.
Trovo su Youtube i filmati delle opere in cui la ragazza ha recitato.
Piccole donne, Gina, Takekurabe.
“…interessanti, queste interpretazioni sono interessanti…”
Capisco al volo che il talento di Maya Kitajima è tutt’altro che nascosto.
Sul palcoscenico è davvero brava e anche il suo aspetto dimesso, per non dire inutile, sparisce come d’incanto.
E, incredibilmente, oltre ad essere “accattivante”, possiede anche qualcosa di sensuale: la pianista ammalata Beth, con quella sua mano languida adagiata sul pavimento, e poi l’esuberante Midori, fresca nel suo approccio con l’altro sesso, ma non per questo sciocca o banale.
Cerco di convincermi che sia un fatto commerciale e che Hayami abbia interessi esclusivamente lavorativi nei riguardi di Maya.
Ma poi ripenso alla macchia di sangue sulla camicia e i dubbi tornano a far capolino.
Che sguardo dolce aveva, mentre raccontava dell’incidente alla Ondine.
Mentre sorseggio il mio tea, lo sguardo cade sulla cartella delle spese personali del capo.
Ci sono delle consistenti ordinazioni presso il negozio della signora Kaibara (il nome di una fiorista non poteva essere più azzeccato!): Masumi ha l’abitudine di acquistare delle rose scarlatte. Controllo le date e, per intuito, le accosto a quelle degli spettacoli in cui ha recitato la Kitajima. Come sospettavo, sono perfettamente coincidenti.
Ha iniziato ad inviarle dei fiori sin dal giorno del suo debutto!
Quando Masumi mi chiama sulla linea interna, ho un sussulto.
Entro nel suo ufficio con i documenti da visionare entro mezzogiorno e l’immancabile caffè.
“C’è la spezia, vero?” mi domanda di buon’umore portando la tazzina alle labbra.
“Veramente no” rispondo “la spezia, come la chiama lei, arriva insieme al quarto caffè del mattino”
Finge di essere esasperato:
“Allora, questo è il numero quattro”
Chino il capo in segno d’assenso e ritorno verso la macchinetta.
“Che è successo?” chiede Lucy, la responsabile della mensa aziendale.
“Incredibile” rispondo abbandonando la tazza di caffè normale sul tavolino “vuole il deca”
Sono curiosa come una bertuccia.
Quando torno in ufficio, lo trovo che armeggia dentro la cabina armadio.
“La signora Harada ci ha invitato alla conferenza stampa per Onnagawa” dice ilare “non ha visto la mia agenda? È alle undici”
Mi mostra due cravatte, una blu e una di colore rosso scuro:
“Quale cappio indosso?”
E’ anche spiritoso.
“La prima sarà domani” dico io studiando attentamente i tessuti delle cravatte.
Annuisce.
“E’ così” dice “e pare siano coinvolti attori…interessanti”
Lo guardo attraverso le lenti ambrate.
“Attori?” chiedo “o attrici?”
Non ribatte e si sfila la giacca.
Sono tentata di domandargli se ha intenzione di ripetere lo spogliarello dell’altro giorno.
In fondo, non sarebbe male.
“Allora? Blu o rossa?”
“Sarebbe più appropriata una cravatta di colore scarlatto” affermo togliendogli la giacca dalle mani e sistemandola sull’appendiabiti.
Prendo commiato, mentre egli, serio come ieri, mastica un “a dopo” non troppo convinto.
E’ rimasto in silenzio per tutto il tragitto, ma non credo sia arrabbiato con me.
Penso, piuttosto, che stia pensando alla sua dèa.
La signora Harada ci ha accolto con calore: merito dell’avvenenza di Masumi Hayami e del suo ruolo, ovviamente!
Le due Himekawa, star del teatro in forza alla Daito Art Production, presenziano anch’esse al party.
La bellissima Ayumi ha tagliato i capelli per calarsi al meglio nel suo nuovo ruolo.
Il Principe e il Povero non è un copione semplice per una attrice che ha appena compiuto tredici anni, ma lei è già una veterana e la signora Harada scherza sul fatto che, presto, Utako avrà un’altra rivale per La dèa scarlatta.
“Anche se” aggiunge “ pare ci sia una terza aspirante”
Guardo Masumi di sottecchi perché so già dove l’attrice andrà a parare e voglio studiare ogni sua reazione.
“La signora Tsukikage tiene molto a lei” racconta la Harada “ed io sono convinta del fatto che abbia ragione”
Come mi aspettavo, il giovane Hayami ha chiesto il nome dell’attrice di cui si sta parlando.
“Maya Kitajima” ha risposto la donna “ed ha la stessa età di Ayumi”
Rimasti soli, Masumi, col bicchiere panciuto nella mano, fissa il vuoto soddisfatto.
“Mi chiedo” gli dico “come possa una ragazza così ordinaria essere candidata al ruolo principale del capolavoro scomparso”
L’uomo mi fissa sorpreso, ma non è me che sta contemplando.
Socchiude gli occhi come suo solito, mentre con un sorriso dolcissimo, risponde:
“Immagino che un motivo ci sarà”
Resto scioccata.
Sono trascorsi due mesi da allora.
Maya Kitajima ha ottenuto un ruolo importante in Cime Tempestose.
Veste i panni di Catherine adolescente e il suo partner è un grazioso attore di diciassette anni, un tale che si chiama Ryo Majima ed è nelle mire della Ondine da qualche tempo.
Scorro le immagini delle prove sullo schermo del mio computer personale.
“Che graziosi” commento mentre Masumi, in maniche di camicia, viene fuori dall’ufficio per chiedermi aiuto.
“C’è un problema” dice “non riesco ad aprire la mia e-mail privata. Lei ha la password, provi dal suo terminale”
Guardo Masumi non senza imbarazzo:
“Stavo giusto visualizzando i documenti che il signor Kappa le ha inviato. Volevo stamparli”
“Da quando si occupa anche del benessere della mia vista, oltre che dei caffè?” mi domanda astioso e va a chiudersi in ufficio sbattendo la porta.
Abbasso il capo sentendomi come chi è stato colto in flagranza di reato.
Masumi non mi aveva mai trattato in questo modo e ipotizzo che la risposta sia nelle stesse foto che stavo visualizzando sul pc.
Torno a guardarle.
Maya e Ryo appaiono molto affiatati.
La conferma ai miei sospetti viene quella stessa sera.
Il giovane Hayami ha riservato per sé un posto per assistere alla prima!
In piccionaia!
Masumi, Masumi, stai diventando trasparente persino per una semplice segretaria come me.
Non è solo grazie al tuo amico che ti leggo così bene nel cuore.
A cosa ti serve un posto S se sai che Maya e quel ragazzo daranno vita ad un amore così grande e feroce da provocarti incommensurabile fastidio?
Non è a questo che hai pensato, quando hai scelto un posto lontano e solitario dentro il tuo stesso teatro?
Forse potrei prendere posto accanto a te, lassù in piccionaia, ed assistere ad un altro miracolo recitativo della ragazzina insignificante.
Ma stasera preferisco lasciarti solo.
Non voglio essere io a farti riflettere su quel che ti sta accadendo.
La tua gelosia sta affiorando piano e neppure l’ironia che ti contraddistingue riesce, ormai, a celarla.
Io lo so, lo vedo.
Un po’ mi fai pena, perché ipotizzo già ciò che questo sentimento ancora latente diventerà, tra non molto.
E’ il tuo primo amore.
E ti entra dentro.
Tu, che il tuo sangue l’hai mescolato con quello di un altro centinaio di donne, che, con Maya Kitajima, nulla hanno a che vedere, sei confuso come un adolescente.
Sarebbe sciocco, se non fosse triste.
Stai lavorando per annientare la sua sensei e, di ripiego, anche la tua protetta.
L’odio di Maya cresce in proporzione al suo talento acerbo, ma già urlante.
Cosa pensi di fare, Masumi Hayami?
Credi che, quando ella ti presenterà il conto delle trame che hai ordito, ti basterà inviarle le solite rose scarlatte?
Non sarà sufficiente tutto il tuo sangue per placarne il risentimento.
Mentre giro in auto, tristemente, in attesa che la prima di Cime Tempestose termini, incrocio lui, il mio uomo, appostato poco distante dal Teatro.
Ha la fascia del press agent al braccio.
“Ha bisogno di qualcosa?” domando abbassando il vetro del finestrino.
Mi sorride senza muoversi di un pollice.
“Ho bisogno di tutto” risponde con voce roca.
Scrive un bigliettino e me lo porge.
“Ok” dico dopo averlo letto e accartocciato “mi occupo dei cocci del cuore del capo e ti raggiungo”
continua!